Autore: Giovanni Tenorio

Don Giovanni

“Corruptissima re publica, plurimae leges”

“Corrruptissima re publica, plurimae leges”, quando lo Stato era del tutto marcio, le leggi si moltiplicavano. Tacito parlava dei tempi delle guerre civili a Roma, ma la massima vale per ogni epoca. E’ chiaro che l’ordinamento giuridico di una società moderna deve essere più complesso di quello dei tempi passati, quando la vita era più semplice, i rapporti umani più immediati, l’economia più statica, le innovazioni tecnologiche più lente. Rimane vero però che anche per il sistema delle leggi dovrebbe valere sempre quello che, sul piano epistemologico, si chiama “rasoio di Occam”: non sunt multiplicanda entia sine necessitate. Inutile, anzi spesso dannoso, introdurre nuovi princìpi laddove non sono necessari. Sostituiamo “princìpi'” con “norme” e il gioco è fatto. 

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Don Giovanni

Peccato non rubare

“Rubare agli altri è peccato, ma a lei, è peccato non rubare”. Così, alla fine della pestilenza (qualcosa di un po’ più grave della cosiddetta “pandemia” che ci siamo lasciati alle spalle) l’arguta Perpetua rimbecca il povero don Abbondio che, pur essendo a conoscenza delle persone che hanno fatto man bassa dei suoi averi approfittando dello sfollamento alla calata dei Lanzichenecchi, si guarda bene dal pretendere la restituzione del mal tolto, per amore del quieto vivere.

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