Don Giovanni

Peccato non rubare

“Rubare agli altri è peccato, ma a lei, è peccato non rubare”. Così, alla fine della pestilenza (qualcosa di un po’ più grave della cosiddetta “pandemia” che ci siamo lasciati alle spalle) l’arguta Perpetua rimbecca il povero don Abbondio che, pur essendo a conoscenza delle persone che hanno fatto man bassa dei suoi averi approfittando dello sfollamento alla calata dei Lanzichenecchi, si guarda bene dal pretendere la restituzione del mal tolto, per amore del quieto vivere. Ebbene, nella Milano d’oggi, fatte le debite differenze, si potrebbe dire più o meno la stessa cosa: “Borseggiare è un reato, ma qui da noi è un reato non borseggiare”. I borseggi  sui mezzi pubblici, a danno dei passeggeri, sono all’ordine del giorno. Ne avvengono a iosa. Qualcuno ha pensato di filmarli, in modo da mettere in guardia gli utenti di tram, bus, metrò. Un servizio di pubblica utilità, senza fini di lucro. Pare che qualche solerte funzionario delle stesse forze dell’ordine ne abbia qualche volta  approfittato per indagare sui borseggiatori e fare, per quanto possibile, opera di prevenzione. Tutto bene, allora? Un elogio delle pubbliche autorità per i cittadini che si prodigano a tutela di chi potrebbe essere vittima dei malviventi? Neanche per idea.Una consigliera del Comune di Milano rampogna chi ha preso questa iniziativa parlando di violazione della riservatezza e addirittura di violenza. Capito bene? La violenza non è quella di chi ti mette le mani in tasca o nella borsetta per sottrarti il portafoglio, ma di chi filma la scena per mettere in guardia il suo prossimo  da eventuali aggressioni di questo genere. E’ il mondo alla rovescia: il carnefice diventa vittima e la vittima diventa carnefice. 

Qualcuno dice: compito del buon cittadino non è quello di mettere alla gogna mediatica chi trasgredisce la legge, ma di denunciarlo alle autorità competenti. A parte il fatto che, come sì è detto, in qualche caso sono proprio le forze dell’ordine ad aver approfittato dei video diffusi in rete a scopo di indagine e prevenzione, che cosa dovrebbe fare uno che vede un borsaiolo in azione? Chiamare la Polizia, lasciando che nel frattempo quello scappi? Mettersi a gridare “Al ladro, al ladro”, rischiando di provocare tafferugli e fare una brutta fine, anche perché spesso i borsaioli non agiscono isolatamente, e quindi in caso di pericolo possono far causa comune, con atti di intimidazione,  contro chi li segnala a gran voce? Non è meglio allora filmarli senza darlo a divedere, e poi diffondere in rete le testimonianze delle loro malefatte e i loro volti? Certo, sarebbe buona cosa consegnare tutto il materiale alle autorità competenti, senza attendere che sia qualche funzionario di buona volontà a darsi da fare per scovarlo in rete e utilizzarlo. Ma sappiamo come vanno le cose da noi. Si corre il rischio di trovare qualcuno che, magari con tono infastidito, ti dice: “Sono cose che sappiamo già. A che serve? Noi abbiamo le mani legate. Li prendiamo, e il giorno dopo sono già a piede libero”.

Già, quando gli fa comodo lor signori hanno le mani legate. Non avevano le mani legate quando, in piena pandemenza, inseguivano qualche povero cristo che, in un luogo deserto, faceva esercizio fisico senza far danni a nessuno. Non avevano le mani legate quando si trattava di entrare in una chiesa a interrompere un rito religioso alla presenza di pochi fedeli,  magari ben imbavagliati, con la scusa di dover sciogliere, in base a folli disposizioni amministrative (non di legge!) pericolosi assembramenti da cui poteva derivare la diffusione del contagio. Non avevano le mani legate quando fermavano uno sprovveduto senza maschera per infliggergli una bella multa. Non avevano le mani legate quando, in drappelli equipaggiati con tenute da combattimento, venivano sguinzagliati per provvedere alla denuncia, e conseguente chiusura per decreto amministrativo, di quegli esercizi commerciali che rimanevano aperti a dispetto delle misure di quarantena anti-Covid. Non avevano le mani legate quando si trattava di controllare che non venisse violato il coprifuoco. Forti coi deboli e deboli coi forti. A un poveretto senza mascherina, che si rifiuta di obbedire all’ordine di imbavagliarsi, sono capaci di mettere le manette e portarlo in caserma. In certi quartieri malfamati delle nostre metropoli, dove la malavita spadroneggia, hanno paura di entrare. Certo, quando si giustificano dicendo che chi viene colto sul fatto oggi domani è a piede libero, non si può che dar loro ragione. La responsabilità è anche di una certa magistratura compiacente, che però forse può anch’essa accampare qualche giustificazione, appellandosi alle norme di legge. Le peggiori responsabilità però sono quelle politiche. Quando un membro del Consiglio Comunale si permette di difendere i borseggiatori trattandoli come vittime di un atto di violenza, offre alla malavita organizzata un bel regalo su un piatto d’argento. 

Permettetemi un’altra considerazione, sempre tornando a quel che succedeva al tempo, ancora vicinissimo, della pandemenza. Vi ricordate? Le autorità governative, ministro Speranza in primis, si compiacevano dei buoni cittadini che, solleciti del pubblico bene, non esitavano a denunciare alle autorità competenti i vicini di casa che, per festeggiare qualche ricorrenza, avevano invitato nel loro appartamento un numero di persone eccedente quanto consentito dai famigerati DPCM di quel mentecatto di Conte. Era visto di buon occhio, dalla gran massa della popolazione prona alle ingiunzioni di un governo infame e alle farneticazioni dei sedicenti “scienziati” da salotto televisivo, chi, vedendo all’aperto qualcuno a viso scoperto, magari in una strada o in una piazza semideserte, gli urlava:”Mascherina!”, compiacendosi con sé stesso per essersi comportato da buon cittadino che redarguisce, per il pubblico bene, chiunque trasgredisca la legge. Ma quale legge? Un DPCM di quel mentecatto di Conte o un DPR di quel recidivo delinquente di Draghi (Vi ricordate? “Se ti vaccini non ti contagi, se non ti vaccini muori e fa morire”. Questo, a casa mia, si chiama procurato allarme, diffusione di notizie false esagerate e tendenziose atte a turbare l’ordine pubblico, falso ideologico. Ce n’è per qualche annetto di galera). A me è capitato di essere in fila per una prenotazione d’un esame clinico all’ospedale. Ero a un po’ meno di un metro di distanza dal signore che mi precedeva. Il quale, dopo una misurazione a occhio, con fiero cipiglio mi invitò ad allontanarmi di qualche passo, indicandomi, su un manifesto affisso alla parete, la norma che imponeva di mantenere una distanza di un metro. Non un centimetro di meno, veh!! Perché altrimenti il virus ti salta addosso. 

Ecco, tutti quei deficienti erano salutati come cittadini seri e responsabili. Chi invece filma i veri delinquenti è un violento che attenta alla riservatezza del suo prossimo. Nell’ antica Atene i delatori dei contrabbandieri di fichi erano chiamati “sicofanti”. Erano odiatissimi dalla popolazione, tant’è vero che il sanguinario governo dei Trenta Tiranni sulle prime godette di qualche consenso anche perché aveva promesso di togliere di mezzo quei loschi figuri. Oggi i sicofanti sarebbero ben visti. Chi invece mette alla gogna i veri delinquenti rischia di essere bollato peggio dei sicofanti.

Giovanni Tenorio

Libertino