Mese: Maggio 2018

Don Giovanni

Sciocchezze della CEI (e pernacchi)

I preti quando parlano di economia spesso dicono sciocchezze. Farebbero bene a stare zitti. Parlino di quello che sanno e non pretendano di imporre il loro magistero anche quando esce dai limiti delle loro competenze. Anche perché quando qualcuno, come Salvini, si permette di fare qualche cenno alla religione, citando la Bibbia,viene subito redarguito: parli di quello che sa! Eh no, cari signori. Se voi pretendete di dir la vostra sulla progressività, ignorando quel che fior di economisti hanno detto riguardo alla sua insostenibilità teorica (basata sulla presunta utilità marginale decrescente del reddito) e ai suoi effetti distorsivi, io libertino impenitente e anarchico radicale mi metto a disquisire sul dogma della Trinità e su quello dell’Unione Ipostatica. E se mi dite che non ne sono degno, vi rispondo con un bel pernacchio napoletano.

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Don Giovanni

Politica e santità

Esiste un’associazione in cui uno è costretto a entrare, anche suo malgrado. Questa associazione si chiama Stato. Se uno nasce in un certo territorio, da genitori che ne sono cittadini, diventa automaticamente membro di quella comunità. Viene subito iscritto all’anagrafe, gli viene assegnato un codice fiscale, sarà ben presto tenuto a frequentare una scuola pubblica, magari a prestare servizio militare; in caso di guerra, sarà costretto a imbracciare il fucile per sparare contro qualcuno che non gli ha mai torto un capello. Soprattutto, dovrà pagare tasse sopra tasse vita natural durante; e dopo la sua morte, saranno i suoi eredi a dover pagare altre tasse.

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Don Giovanni

Architettura

Le premesse sono di pura fantasia. La conclusione invece è autentica (per questo l’ho messa tra virgolette), e viene niente meno che dalla bocca di un architetto, ormai settantenne. Chissà come deve essersi sentito triste, in tutta la sua carriera, a rimuginare il terribile pensiero: “Io e i miei colleghi stupratori, nostro malgrado, del territorio!” Forse oggi è proprio così. Basta guardarsi intorno, e si vedono soltanto brutture. Ma non credo che i costruttori di piramidi, o maestri come Ictino Callicrate e Fidia che elevarono i templi greci, o Michelangelo, o Bernini, o Giuliano da Sangallo, o Palladio si siano mai considerati rei di vulnerare le bellezze naturali. L’architettura, quella grande,ha sempre abbellito il paesaggio, ingentilendolo e spesso umanizzandolo. Basta entrare nelle chiese di San Lorenzo e Santo Spirito a Firenze, capolavori del Brunelleschi, per capire che cosa sono l’Umanesimo e il Rinascimento. Ci si sente al centro: “L’uomo è misura di tutte le cose, di quelle che sono in quanto sono, di quelle che non sono in quanto non sono”, come diceva Protagora. Sarebbe stato meglio che in quei luoghi rimanesse un bel prato, come quello che Celentano rimpiangeva nella sua vecchia via Gluck? Se uno entra in una chiesa gotica, ad esempio la Cattedrale di Colonia, si sente piccino piccino di fronte alla maestà di Dio. Anche lì sarebbe stato meglio lasciare l’erba?

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