Il sogno del tritolo sardo
Se io, facendo la cronaca di un delitto, ci tengo a sottolineare che l’assassino è un negro, passo per un razzista, con qualche ragione, indipendentemente dal fatto che io lo chiami “negro” invece di “nero”, come vorrebbe il politicamente corretto dei nostri tempi (come se l’aggettivo “nero” in italiano non avesse una caterva di accezioni negative: giorno nero, libro nero, uomo nero, camicia nera… ma questo è un altro discorso). Lo stesso se sottolineo che è un ebreo, come se non ci fossero assassini fra chi professa altre religioni: a nessuno importa che un omicida sia cattolico, o luterano o calvinista o testimone di Geova. Forse a qualcuno potrebbe venir voglia di render noto che è un musulmano, per insinuare che i musulmani sono gente di cui diffidare, in una situazione, per molti versi preoccupante, come quella presente, in cui l’immigrazione da Paesi in cui si professa quella religione provoca reazioni spesso deplorevoli, anche se psicologicamente comprensibili, visto l’aumento della criminalità spicciola ad essa legata. E se io dico che a rubare portafogli sulla metropolitana milanese sono gli zingari, mi metto sullo stesso piano? I ben pensanti della sinistra direbbero di sì, ma se è vero che a rubar portafogli possono essere persone di ogni lingua, di ogni credo e di ogni etnia, che a Milano a farlo, in modo sistematico, siano in prevalenza zingari è anche questo inconfutabilmente vero. E’ razzismo dirlo? Penso proprio di no. Fermo restando che non tutti gli zingari sono ladri. E che anche il termine “zingaro” in sé non dovrebbe avere alcuna connotazione negativa (anche se molto spesso viene usato in senso spregiativo: c’è il pericolo che, per correttezza politica, prima o poi anche il “Trovatore” venga messo al bando, per quell’ “abietta zingara” che ne macchia il libretto… E’ già successo per il “Ballo in maschera”, per quell’ “immondo sangue dei negri”, che i politicamente corretti, ignorantissimi, non comprendono essere la battuta di un personaggio razzista, presentato come tale, e quindi non certo in luce positiva; ma anche qui, non divaghiamo…)
Detto tutto questo, se invece un deficiente prende a schiaffi Giuseppe Conte per ragioni tutte sue, prima ancora di indagare i veri motivi per cui l’ha fatto tutti i titoli di giornale proclamano a chiare lettere che è un “no vax”. E un “no vax” continua a essere chiamato, anche se poi magari è lui stesso a dichiarare che tale non è affatto, e che il suo gesto è dovuto a ragioni che con l’obbligo vaccinale hanno ben poco da spartire. Non importa: la qualifica di “no vax”, attribuita a vanvera ad atteggiamenti del tutto diversi tra loro (da quello di chi avversa ogni tipo di vaccino, a chi non ne vuole sapere di farsi inoculare un siero sperimentale, a chi se l’è fatto inoculare ma è contrario all’obbligo, dal primo mentecatto che protesta senza sapere il perché a Luc Montagnier o Robert Kennedy) gli rimane appiccicata. “No vax” non è mai considerato un termine infamante, ma una giusta etichetta da applicare a determinate categorie, vagamente definite. E’ politicamente correttissimo. Un po’ come “putiniano”.Basta che uno esprima qualche dubbio sull’opportunità di inviare armi a Zelenski e subito diventa putiniano. Può capitare che finisca addirittura in una sorta di “lista di proscrizione” su un autorevole quotidiano, come è capitato al professor Alessandro Orsini. Poco importa se ha chiarito che deplora l’invasione dell’Ucraina, e che la sua critica riguarda soltanto l’atteggiamento che l’Europa, e l’Italia in particolare, hanno assunto di fronte a quell’evento. Se critichi la posizione, di fatto belligerante, del cosiddetto Occidente, se non sei del tutto d’accordo con Biden e con la NATO, sei un filoputiniano. Punto e basta.
Torniamo ora per un momento a quel deficiente che ha schiaffeggiato Conte, e facciamo finta che sia davvero un “no vax”, uno di quelli peggiori, che protestano senza cognizione di causa, per il gusto di far caciara. Indubbiamente ce ne sono, come in ogni movimento di protesta, ma sono un’infima minoranza. Fanno tanto rumore, perché i loro insulti che circolano in rete lasciano il segno. Però se un Burioni insulta impunemente chi non si vuol vaccinare, nessuno ha niente da dire, se qualcuno insulta Burioni finisce sotto processo. Sbagliatissimo insultare Burioni. Però vi assicuro che quando Giuliano Cazzola si augurò, pubblicamente, una reincarnazione di Bava Beccaris per mandarlo a prendere a cannonate i manifestanti “no vax”, il desiderio di prenderlo a schiaffi l’ho avuto anch’io. E, per quanto lo riconosca essere un sentimento ignobile, vi assicuro che se qualcuno, in quell’occasione, l’avesse preso a schiaffi davvero, ne avrei provato piacere.
Che volete? Io sono un brutto ceffo, lo sapete. Sapete anche che questo è un sito di dubbia moralità, e ho la faccia tosta di dichiararlo. Quindi mi perdonerete se vi confesso un mio sogno ricorrente di questi giorni. Ma procediamo con ordine, facendo un bel passo indietro. Forse chi ha i capelli bianchi ricorda il terrorismo altoatesino degli anni Sessanta dello scorso secolo. Vi dice niente il nome di Georg Klotz, il “martellatore della Val Passiria”, esponente del “Befreiungsausschusst Suedtirol”, quei cari patrioti sudtirolesi che protestavano contro gli oppressori del governo italiano facendo saltare i tralicci dell’alta tensione? Li ho sempre avuti in uggia, anche se riconosco – come mi è già capitato di chiarire – che l’indipendentismo sudtirolese ha qualche buona ragione, perché il Sudtirolo è sempre stato parte integrante dell’Austria, non del Lombardo-Veneto, e i suoi abitanti hanno sempre parlato tedesco e si sono sempre sentiti austriaci. Io non farò mai una vacanza in Alto Adige: luoghi bellissimi, ma di là dal confine ce ne sono altrettanto belli, e se si vuol fare una vacanza in terra austriaca meglio andare al piano nobile, dove si è trattati come ospiti, e non da stranieri in patria. Io a Salisburgo mi sento a casa mia, e non è il caso che ne spieghi le ragioni. Devo anche riconoscere che il terrorismo altoatesino ha sempre fatto saltare tralicci, ma non ha mai provocato vittime umane. In questo, è stato bendiverso dal terrorismo, rosso e nero, dei cosiddetti “anni di piombo”. Visto in prospettiva, acquista addirittura una coloratura romantica.
Ebbene, io continuo a sognare che in Sardegna possa capitare qualcosa di simile. Perché proprio in Sardegna? No, non fraintendetemi, anche i sardi sono indipendentisti, a loro volta con qualche buona ragione, ma qui la questione è un’altra. Azioni di protesta contro la presenza massiccia di basi NATO, con la conseguenza che, per tutto l’anno il territorio sardo è ridotto a un campo di esercitazioni militari, con qualche momento di remissione nella stagione estiva, per non danneggiare il turismo? Anche questa sarebbe una buona ragione, ma i miei sogni hanno un’altra motivazione. Benché pochi ne parlino, in omaggio alla famigerata politica energetica “green” finanziata con i prestiti del PNRR, in Sardegna si stanno costruendo terribili torri eoliche. Se ho ben capito, se ne costruiranno anche su piattaforme marine. Un bello sconcio per uno dei paesaggi più belli del mondo. Avete presente quel ridicolo manifesto con cui il Ministero del Turismo intende invitare gli stranieri a trascorrere le loro vacanze nel Bel Paese? Una vera schifezza, che ha un solo eguale: quel nomignolo ridicolo di “Dantedì” con cui è stata battezzata, con il beneplacito di illustri professori, la giornata dedicata alla memoria del “signor dall’altissimo canto”. Ecco, su quel manifesto, fra un po’ di tempo, accanto a una “Venere” botticelliana trasformata in una “inluencer” che mangia la pizza, potremo rappresentare le belle torri eoliche sarde e pugliesi. Vale proprio la pena di venire in Italia a vederle. Una grande intellettuale dal gusto raffinatissimo come Stefania Prestigacomo ha detto addirittura che sono belle. Io se volessi vedere i mulini a vento andrei in Olanda. Non ci sono mai andato e penso che non ci andrò mai.
Ecco, io sogno che un ‘organizzazione terroristica sarda, prendendo lezioni dagli eredi dei seguaci di Georg Klotz, faccia saltare col tritolo tutte le torri eoliche. I terroristi altoatesini qualche risultato l’hanno avuto. Non hanno ottenuto l’annessione all’Austria, ma attualmente l’Alto Adige è tranquillo, la convivenza tra italofoni e tedescofoni è abbastanza pacifica. La sistemazione della questione altoatesina poteva essere un modello per i territori del Donbass in Ucraina. Fosse stato adottato, in conformità del trattato di Minsk, si sarebbero evitati tanti guai. Certamente non saremmo in guerra.
Sogno canagliesco, il mio. Deplorevoli, lo ripeto, i miei sentimenti. Però un’opposizione forte allo sconcio del loro territorio da parte dei sardi è quello che mi auguro. Devono scendere in piazza, devono impedire con i loro corpi che il bellissimo paesaggio della Sardegna venga deturpato da orribili manufatti, che tra l’altro non risolverebbero in alcun modo il problema energetico. Come ho già avuto occasione di dire, sono d’accordo con quanto proponeva Margherita Hack: visto che la Sardegna è l’unica area geologica italiana non soggetta a fenomeni sismici, si costruiscano lì le centrali nucleari, per distribuire energia elettrica a tutta l’Italia. Sono sicuro, però, che se un piano di questo genere venisse soltanto ventilato, si avrebbero subito manifestazioni di protesta incontenibili, e non se ne farebbe niente.
E allora? E allora teniamoci le torri eoliche. E continuiamo a comperare energia prodotta nelle centrali nucleari francesi.