Don Giovanni

Lo Stato e le altre mafie

Quanto trionfalismo per l’arresto del boss mafioso Matteo Messina Denaro: la solita retorica che mi fa andare il sangue alla testa. Dopo trent’anni di latitanza! Com’è possibile? L’hanno catturato con uno schieramento ingente di forze dell’ordine, parte in borghese, parte armate fino ai denti, nel momento in cui era ridotto come uno straccio, malato terminale di tumore, in fila per sottoporsi a esami clinici. Uno si chiede: ma com’è possibile? Con tutti i raffinati strumenti di controllo e di indagine di cui oggi si dispone, come può un latitante farla franca per tre decenni? Per individuare e rincorrere un poveretto che, in tempo di pandemia, correva lungo una spiaggia completamente deserta abbiamo visto entrare in funzione addirittura i droni. Per far chiudere ristoranti che, sfidando le demenziali misure anti-Covid, hanno tenuto aperti i battenti, abbiamo visto il pronto intervento di poliziotti, carabinieri, vigili urbani a frotte. Per disperdere a Trieste i manifestanti che protestavano contro le misure liberticide del passaporto vaccinale abbiamo visto entrare in funzione poderosi idranti “in nome della legge”. E di fronte ad apparati così poderosi e così efficienti -quando vogliono, anche se si lamentano sempre di essere “sotto organico” – un pericolosissimo mafioso è riuscito a rimanere nascosto per un tempo così lungo? E’ evidente che ci sono troppi conti che non tornano. Com’è riuscito a falsificare così facilmente una carta d’identità, assumendo i connotati di un prestanome che forse si è ridotto a far da complice per non andare incontro a una brutta fine? Omertà? Può essere vero che, nel luogo dov’è nato e vissuto, e dove ha trascorso, a quanto pare, tutti questi anni di latitanza, la gente, pur sapendo, abbia taciuto per connivenza e per paura. Ma la cosiddetta Autorità dello Stato, in tutta questa faccenda, non è verginella. E’ evidente che il boss deve aver goduto di saldi appoggi anche all’interno delle istituzioni. Del resto, nella storia della Mafia, è sempre andata così.

No, lo Stato non è vergine, e non solo in questa faccenda. Non è mai vergine. E’ una puttana per definizione. No, mi correggo. Ho un grande rispetto per le puttane, che esercitano la loro professione onestamente, facendosi pagare per un servizio di grande utilità sociale, senza obbligare nessuno. Lo Stato, invece,i suoi servizi, spesso scadenti, se li fa pagare saporitamente, attraverso l’imposizione fiscale. Fa qualcosa di diverso dalla Mafia? Assolutamente no. Quelle che lo Stato chiama imposte – bollando gli evasori come i peggiori criminali – nel sistema mafioso si chiamano tangenti. Anche la Mafia, come lo Stato, pretende di controllare il territorio, esercitando il monopolio della violenza. Proprio lo stesso monopolio che lo Stato, per definizione, intende avocare a sé. Solo che questo monopolio è più teorico che reale. Al controllo della violenza si può sempre sfuggire. Forse in un futuro non molto lontano, quando la digitalizzazione avrà permeato tutti i gangli del sistema sociale, sarà possibile un controllo così ferreo di ogni cittadino in ogni sua azione, financo quando dorme o va al cesso, che il sogno del monopolio assoluto potrà essere coronato. Mac’è ancora tempo (e io spero che quel momento non venga mai: voglia il cielo che i sistemi informatici diventino così vulnerabili da far la fine degli acquedotti dopo la caduta dell’Impero Romano), e per ora alle maglie dell’ordine pubblico -per fortuna!- si può sfuggire. Ebbene, se è vero che, in quanto  agenzie titolari del medesimo monopolio (una titolarità all’una riconosciuta per atti concludenti dall’ambiente sociale in cui opera, dall’altra ufficialmente autoproclamata) Stato e Mafia esercitano il medesimo mestiere, allora qual è la vera differenza? E’ una differenza di dimensioni.Lo Stato è più grande e più potente. Va riconosciuto che la Mafia è molto più crudele,che le sue norme, rigorosamente applicate, arrivano alla più efferata atrocità. La pena  per chi sgarra è quasi sempre la morte. Lo Stato agisce in modo più morbido e raffinato, riconoscendo, almeno formalmente, una serie di garanzie ai suoi sudditi. Va anche riconosciuto che c’è Stato e Stato:un conto sono le dittature, un conto sono le cosiddette democrazie liberali. Che però molto spesso, come s’è visto in quest’ultima pandemenza, forse riescono a mantenersi democrazie, ma dimenticano di essere liberali, mandando virtualmente al macero tutti i bei principi scritti nelle loro costituzioni. In questi casi lo Stato, ogni Stato, getta la maschera, e si rivela per quello che è  nella sostanza:un’agenzia che abusa della sua posizione dominante, rivendicando la legittimità della propria posizione monopolistica grazie a un’ideologia che poche voci – quelle che genericamente potremmo definire anarchiche – hanno il coraggio di smascherare in tutta la sua fallacia.

Due agenzie che aspirano al medesimo monopolio si trovano necessariamente schierate una contro l’altra: se il monopolio è la negazione della concorrenza, è chiaro che nessun monopolista può accettare di avere un concorrente. Stato e Mafia si combattono. Lo Stato vorrebbe cancellare la Mafia, e proclama continuamente  di impegnarsi con tutte le sue forze in tal senso. La Mafia, proprio per la sua posizione di inferiorità, non può pretendere di abolire lo Stato, e allora non può far altro che servirsene, penetrando astutamente nei suoi ingranaggi e manipolando la politica secondo i propri disegni. La penetrazione è così mascherata e insieme così capillare che, a un certo punto, non è più ben definibile dove sono i confini. Al posto di un unico monopolio della violenza -che per le ragioni suddette risulta impossibile- abbiamo un oligopolio, o, se si preferisce, un cartello di agenzie violente. Dico cartello non di due agenzie, ma di più agenzie. Perché quella che genericamente chiamiamo Mafia  in realtà non è un soggetto così monolitico come potrebbe sembrare. E’ costituita da un insieme di soggetti talora in combutta tra loro, talora in conflitto. Come non esiste lo Stato -termine generico, astratto- ma gli Stati – ordinamenti giuridici concreti-, così non esiste la Mafia, ma le diverse cosche mafiose.E come gli Stati possono collaborare tra loro, ma possono anche farsi guerra, allo stesso modo le cosche mafiose possono stringere patti di amicizia per operare in comune secondo certi obiettivi condivisi, o scontrarsi con le armi in pugno. Possono scontrarsi, quando non riescono a condizionarlo con azioni pacifiche, anche con lo Stato, l’agenzia più forte. In questo caso si tratta di una guerra sui generis, fatta di attentati. Una sorta di guerriglia, come quella cui fanno ricorso tutti i soggetti più deboli nei confronti dei soggetti più forti, talora con successo, dando scacco a poderosi schieramenti armati attraverso micidiali imboscate. E’ quello che avviene quando, all’interno dell’agenzia più potente, qualcuno crede di poter fare sul serio e mette in atto tutto quanto dipende dalle sue competenze per sgominare il fenomeno mafioso. Pensiamo a quanto capitò a Falcone e a Borsellino. Pensiamo al generale Della Chiesa, che riuscì vittorioso nella lotta contro il terrorismo -altro fenomeno di violenza che non riconosce il monopolio dello Stato, almeno quello dello Stato borghese servo del capitalismo-, ma quando fu mandato a Palermo per combattere la Mafia fu lasciato solo e alla fine ci rimise la pelle. Anche il Fascismo con la Mafia non poté nulla. Il famoso prefetto Mori, con metodi molto discutibili, sembrava lì lì per sconfiggerla, ma non poté concludere il suo compito perché fu rimosso dall’incarico.  Non ci fu bisogno di spargere sangue, la guerra di difesa fu combattuta -con successo- all’interno delle istituzioni. Quando il Fascismo diventa Stato la Mafia infiltra anche il Fascismo, proprio in quanto Stato. Il solito gioco. Per finire, pensiamo alla vicenda di Salvo Lima, il fiduciario di Andreotti che in Sicilia manteneva i rapporti con la Mafia. Quando non fu più in grado di garantire gli interessi dei suoi compari, perché Andreotti, contraddicendo la sua politica di fiancheggiamento fino a quel momento adottata, aveva assunto una posizione di contrasto alla Mafia, venne barbaramente freddato, per lanciare un avvertimento.

Per tornare a Messina Denaro: forse è vero che è stato scovato in questo momento perché faceva comodo alle due parti. Qualcuno infatti insinua che fosse in corso da tempo una trattativa. Non sarebbe la prima volta. La Mafia ha sempre trattato! Trattò al tempo della Spedizione dei Mille, trattò col governo degli Stati Uniti per favorire lo sbarco in Sicilia nella Seconda Guerra Mondiale. Un illustre Presidente del consiglio come Vittorio Emanuele Orlando arrivò addirittura a tesserne pubblicamente gli elogi. Forse, nel nostro caso, si è giunti alla conclusione che Messina Denaro, ormai ridotto allo stremo, alla Mafia non serviva più.Meglio allora consentirne la cattura, facendo fare bella figura allo Stato e conquistandosi qualche benemerenza da far valere a tempo debito.

Stato e Mafia per me pari sono. Simul stabunt, simul cadent. Distruggere l’uno significa anche distruggere l’altra.Cosa impossibile finché non sarà distrutta, per prima cosa, l’ideologia che esalta il monopolio della violenza come cosa buona.

Giovanni Tenorio

Libertino

Un pensiero su “Lo Stato e le altre mafie

  • Alessandro Colla

    Non ricordo più il titolo del libro ma l’autore è Massimo Teodori. Secondo lui non sarebbe vera la complicità della cirminalità organizzata per lo sbarco in Sicilia degli Stati Uniti durante la seconda guerra mondiale. D’accordo, è stato presidente dell’associazione Italia – Usa. D’accordo, il filoatlantismo contenne il filosovietismo. Ancora d’accordo, l’occidente si trova una spanna pù in alto del resto del mondo. Ma l’obiettività non era mai mancata all’interno del variegato mondo radicale. L’affermazione contenuta nel libro in questione sembra minare l’esercizio di tale obiettività. Oggi, poi, siamo passati all’aperto tradimento con le posizioni di Più Europa che si allea con il democristiano Tabacci e con il peggior mondo finanziario di tutti i tempi; dimenticando le battaglie di un tempo a sostegno dei diritti civili per finire, con una squallida e pericolosa inversione a “u”, alla pratica dell’attuale fiancheggiamento verso i fautori dei trattamenti sanitari obbligatori. Quando si difendeva Basaglia? Altri tempi, allora mica c’era Soros a pagare le spese di propaganda. Nostalgia? No, solo malinconica presa d’atto.

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