Don Giovanni

Moralismi e Realpolitik

Si dice che il referendum indetto da Putin per annettere alla Russia le terre sottratte all’Ucraina è illegittimo. Illegittimo  perché? Perché l’integrità territoriale di uno Stato sovrano non si tocca? Se così fosse, ben pochi degli Stati attualmente esistenti sarebbero legittimi. Anche lo Stato italiano sarebbe illegittimo, perché nato dall’annessione alla corona sabauda, regnante sul Piemonte, sulla Liguria e sulla Sardegna (oltre che,a suo tempo, su Nizza e la Savoia, poi cedute alla Francia dopo la Seconda Guerra d’Indipendenza per le ragioni che qui non è il caso di ricordare) di Stati sovrani, o loro porzioni, che non le appartenevano. E che cosa si fece, dopo averli conquistati? Esattamente come fa Putin con il suo referendum (che aveva indetto anche dopo l’annessione, o meglio la riannessione della Crimea). Un bel plebiscito, che allora si chiamava così, ma non era molto diverso da quello che oggi si nomina referendum. Si chiama il popolo alle urne e gli si chiede se vuole stare con i vecchi o con i nuovi padroni. 

Oppure il referendum di Putin è illegittimo perché viziato di parzialità e di intimidazioni, che ne distorcerebbero l’esito? Può essere, ma va provato. Sia come sia, i plebisciti che fecero l’Italia non erano molto meno parziali e intimidatori. Eppure, anche allora, molto probabilmente i più votarono in massa per i nuovi padroni non tanto perché costretti, quanto per quieto vivere. O Franza o Spagna, basta ch’as magna. Non è un vezzo soltanto italico, ma in italia è particolarmente radicato, forse perché per secoli il Bel Paese è stato soggetto a dominazioni straniere, e per sopravvivere bisognava barcamenarsi come si poteva. L’Italia non era fatta e gli Italiani tanto meno. Si stava con chi comandava. Al tempo del Fascismo, tutti furono fascisti, caduto il Fascismo tutti furono antifascisti. Nessuno era mai stato fascita, così come adesso nessuno è mai stato comunista, pur avendo militato per anni nel PCI.

E’ molto probabile che nel referendum di Putin ci siano stati brogli. Una novità? Ci furono senz’altro brogli anche nel referendum tenutosi in Italia il 2 giugno del 1946 per la scelta fra monarchia e repubblica, al punto che ancora oggi le polemiche non sono finite. Qualcuno sospetta addirittura che, se tutto si fosse svolto regolarmente, avrebbe vinto la monarchia. Può essere. Brogli ci furono senz’altro, e tanti, nei plebisciti risorgimentali. Ricordate il “Gattopardo”? Ai seggi di Donnafugata, presieduti dal sindaco  Calogero Sedara, erano usciti tutti voti positivi. Eppure, in un colloquio con il Principe di Salina, l’amico  don Ciccio Tumeo, durante una battuta di caccia, giura di aver votato no, e non si dà pace il suo voto sia stato tramutat con un atto fraudolento in un sì, perché teme di aver fatto la figura del traditore davanti alle anime sante della dinastia borbonica cui è rimasto devoto.

Oppure, ancora, il referendum di Putin è illegittimo perché l’attacco all’Ucraina è moralmente ingiustificato? E’ la risposta che, nel suo colloqui con i lettori  del “Corriere della sera”, Aldo Cazzullo -il quale notoriamente freme di stizza tutte le volte che gli toccano il Risorgimento, gloria del suo Piemonte- dà a chi gli ricorda che, con lo Stato Pontificio l’Italia, nel 1870, da poco unificata sotto la dinastia sabauda, si comportò esattamente come Putin. Conquistò un territorio non suo e pochi giorni dopo indisse unilateralmente un plebiscito che ancora una volta sanzionò il colpo di mano. Apriti cielo! Dal cervello di Cazzullo sprizzano scintille.Come si può paragonare quel delinquente di Putin ai nostri Padri della Patria? La presa di Roma era il coronamento dell’Unità, la fine di un anacronistico potere temporale retto con piglio autoritario e leggi discriminatorie, e  fu salutata dal popolo liberato dal giogo con manifestazioni di tripudio. Come dire: il fine giustifica i mezzi.

Ma siamo proprio sicuri che il fine di Putin sia così esecrabile? In realtà, la guerra in Ucraina non è scoppiata nel febbraio di quest’anno. Dura da almeno otto anni, da quando, dopo la rivolta di Maidan (in realtà un colpo di Stato orchestrato dagli USA sfruttando uno scontro etnico obiettivamente in corso da tempo), i territori del Donbass, da sempre russofoni e russofili, hanno subito ogni sorta di discriminazioni, sono stati bombardati e sono stati fatti oggetto di orride stragi come quella di Odessa del maggio 2014. L’intervento di Putin è arrivato dopo che gli accordi di Minsk – volti a garantire ampia autonomia ai territori a maggioranza russofona-, a dispetto delle promesse sono rimasti lettera morta; e dopo che, nonostante le assicurazioni più volte ripetute dal 1991, e sempre rimangiate, che l’Ucraina non sarebbe mai entrata nella NATO, gli USA  non hanno esitato a dichiarare che per l’Ucraina le porte della NATO erano aperte. Si era già arrivati a modificare la costituzione dello Stato ucraino proprio per rendere non solo legittima ma addirittura obbligatoria l’adesione. 

A questo punto, non si vede perché, come ebbe a dire l’ineffabile Severgnini, l’aggressione degli USA all’Iraq del 2003 sia stata legittima in quanto volta al nobile fine di esportare la democrazia, e invece sia illegittima l’aggressione all’Ucraina al nobile fine di liberare un’etnia oppressa, desiderosa di unirsi alla Russia sentita come madrepatria. Ma c’è di più, a dimostrazione di come in queste faccende si usino spesso due pesi e due misure. Quando nel 1962 scoppiò la crisi dei missili sovietici a Cuba, che fortunatamente si risolse con un accordo (gli USA accettarono segretamente di rimuovere i loro missili puntati in Turchia contro la Russia, e i Russi rimossero esplicitamente da Cuba i loro missili puntati contro gli USA), risulta da un colloquio telefonico, di cui abbiamo la registrazione, fra il presidente Kennedy e l’ex-presidente Eisenhower, che gli USA non avrebbero esitato ad attaccare Cuba se i missili non fossero stati rimossi. Che cosa ha fatto Putin? Ha attaccato l’Ucraina perché gli USA avevano intenzione di collocarvi missili puntati contro Mosca. Ancora una volta il fine giustifica i mezzi? Kennedy aveva ragione perché si batteva contro il Comunismo, e invece Putin ha torto perché si batte contro i cosiddetti valori dell’Occidente?

Quando si parla di valori mi viene da ridere. Machiavelli ci ha insegnato che i rapporti politici, specialmente quelli fra Stati sovrani, sono basati sulla forza. Le ideologie che li giustificano sono spesso mere coperture. Se sono autentiche ma rimangono disarmate sono destinate al fallimento, come successe a Girolamo Savonarola (per nostra fortuna: se avesse vinto, addio Rinascimento). L’aveva già capito anche Tucidide: i Meli hanno un bell’invocare la pietà degli Dei contro le minacce degli Ateniesi, i quali ribattono che quel che conta è la forza, e a parte invertite anche i Meli si comporterebbero allo stesso modo contro di loro.

E’ sempre la Storia a giudicare se un determinato processo, spesso determinato da atti di forza, ha avuto alla lunga esiti positivi oppure no. Il giudizio storico, però, non può fondarsi su principi  di formalismo etico e giuridico. Nessun personaggio si salverebbe. Forse aveva ragione Benedetto Croce quando diceva che non ha senso dire che il fine giustifica i mezzi, un’espressione attribuita a Machiavelli che però Machiavelli non ha mai pronunciato. In politica, se il fine è buono è buono anche il mezzo, se il mezzo non è buono non è buono neanche il fine. E’ un concetto che può lasciare perplessi, ma pensateci un momento: squarciare il petto a una persona per mandarla al creatore è un atto criminale; lo stesso atto, se compiuto per un’operazione chirurgica, diventa lecito, anzi indispensabile.

Per un anarchico, è lecito ogni atto che serva a salvaguardare lo Stato? Certo che no, perché lo Stato è un criminale. Ma questo è un altro discorso. In ogni caso, sarà la Storia a giudicare Putin, senza moralismi e senza cavilli giuridici. Forse allora qualcuno giustificherà il suo attacco all’Ucraina come ora Cazzullo giustifica l’attacco allo Stato Pontificio nel 1870: era l’unico mezzo per raggiungere un fine che per le sue conseguenze possiamo, con il senno di poi, giudicare positivamente.

Giovanni Tenorio

Libertino

3 pensieri riguardo “Moralismi e Realpolitik

  • Alessandro Colla

    Ho appena terminato di leggere “Bomba a orologeria” di Daniele Capezzone. Più della metà del libro è dedicato al conflitto tra Russia e Ucraina. Nessun riferimento ai referendum, Odessa neanche è citata, il rovesciamento del precedente governo di Kiev è completamente ignorato, il battaglione Azov non risulta pervenuto e per il resto si trova un continuo peana al filoatlantismo; che con la fine dell’Unione Sovietica potrebbe anche essere sorpassato. Una delusione se si pensa che l’autore è stato al vertice di un partito come quello radicale che sapeva prendere le distanze, quando necessario, anche dagli alleati storici occidentali senza per questo mettere in discussione i valori trainanti dello stesso occidente geopolitico. Una forza politica che è mancata più che mai nell’ultimo biennio corrente, grazie anche alle incoerenze di Emma Bonino e (non l’avrei mai creduto!) di Benedetto Della Vedova. Mentre chiudo il libro, mi giungono notizie di parlamentari che vorrebbero chiudere una… Fontana perché spruzzerebbe acqua non potabile. Il certificato di potabilità, del quale chissà a quale titolo si sono autoassegnati il diritto di poter rilasciare, non sarebbe compatibile con la contrarietà alle sanzioni verso la Russia. E chi si manifesta ad esse contrario deve essere denominato putiniano. L’ennesima prova di civiltà di una formazione politica erede della più idiota delle ideologie di tutti i tempi. Detta prova viene portata avanti da una deputata che, se non ricordo male, in campagna elettorale le sanzioni voleva applicarle a Israele. Con tali equazioni, la mia contrarietà a sanzionare Cuba perché controproducente (in quanto può illudere i terzomondisti che la colpa delle povertà in quella nazione sia causata dagli embarghi) potrebbe essere definita filocastrista e filocomunista. Sarebbe disonestà intellettuale? Anche; ma soprattutto sarebbe imbecillità completa. Che ovviamente non provocherebbe al sottoscritto alcuna meraviglia.

  • Giustissimo paragonare gli pseudo referendum russi con quelli di due secoli fa da noi. Infatti il macellaio psicopatico a capo della “Terza Roma” e i suoi accoliti sono almeno 200 anni indietro come mentalità, metodi e convivenza civile.

    Che poi il vero referendum sull’autodeterminazione in Ucraina sia stato quello del 1991, tradito nei fatti e nei comportamenti dal lacchè di Putin Yanucovich, qui nessuno ovviamente lo dice. Come nessuno ricorda l’impegno russo/americano a garantire l’integrità territoriale dell’Ucraina in cambio della consegna di migliaia di testate nucleari ivi rimaste dal dopo urss.

    Ecco infine come quei simpatici mugicchi vostri amiconi sembrerebbero comportarsi nel territorio “amico” del Donbass. Con “amici” così a che ti servono i nemici?
    (ovviamente sono solo vili invenzioni degli eredi di Scalfari per chi se le beve)

    repubblica.it/esteri/2022/09/29/news/ucraina_referendum_donbass_arruolamento_coatto_russi-367782065/

  • Alessandro Colla

    Nel 1991 ci si era anche impegnati a non estendere la NATO a est. Se i tirolesi avessero accesso a un referendum, vincerebbero i secessionisti. E’ il motivo per cui non gli si offre tale possibilità ma se si organizzassero da soli avremmo sicuramente chi definirebbe la consultazione una farsa. Che è tale solo quando si perde, in caso di vittoria diventa tutto lecito.

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