Don Giovanni

Giuseppi Prina

Non è l’abito che fa il monaco, dice un vecchio proverbio. Gli antichi Romani dicevano che non sono la barba e il mantello a fare il filosofo. Marziale, in un suo divertente epigramma, parla di un tale dai capelli scarmigliati, dal viso torvo e dal vocione tonante, che sembrerebbe l’incarnazione della virilità, e invece è da poco diventato una “sposina” (le nozze fra culattoni le avevano già inventata allora, siamo in ritardo di duemila anni).

Ma è proprio come dice il proverbio? Sì e no. Sta di fatto che ognuno di noi, chi più chi meno, in questo mondo recita una sua parte. “Totus mundus agit histrionem”, diceva Giovanni di Salisbury; “All the world’s a stage, and all the man and woman merely players” dice Jaques in “As you like it” di Shakespeare.

Proprio così, tutto il mondo è teatro, e tutti gli uomini e tutte le donne sono semplici attori. Ma allora, tutti portiamo una maschera, tutti indossiamo un abito di scena. Qual è la nostra vera identità? Sfugge a noi stessi, perché il più delle volte non ci accorgiamo di recitare. Leggevo da qualche parte che una persona normale dice poco più di due bugie al giorno. Ecco, in quei momenti è consapevole di recitare, ma forse neppure in quei momenti. Siamo uno nessuno e centomila non solo per gli altri, ma anche per noi stessi. Siamo la nostra maschera e il nostro abito di scena, anzi le nostre maschere e i nostri abiti di scena. Io, per conquistare le donne devo mascherarmi continuamente. Per andare a letto con Donn’Anna – figuratevi un po’! – mi sono dovuto travestire da quel coglione di Don Ottavio. E Donn’Anna per godere delle mie grazie ha dovuto fingere di credere che io fossi Don Ottavio; e poi con Don Ottavio ha dovuto fare la parte della vittima, fingendo di esser caduta in un inganno. Don Ottavio, da parte sua, fa il gradasso, per vendicare i torti che la sua fidanzata dice di aver subìto da me veste i panni del Capitan Fracassa, minaccia stragi e morti; poi si rassegna a presentar querela ai carabinieri. Il suo ultimo abito è quello del coniglio.

Mi chiedo se Giuseppe Conte sia consapevole di recitare, oppure no. Di abiti scenici ne ha vestiti tanti. Crede davvero di essere un insigne giurista? Può darsi, la vanità non ha limiti, e spesso i più vanitosi sono i più sciocchi, o i più ignoranti. Probabilmente anche Bergoglio crede di essere un grande pontefice. Il vestito bianco di pontefice lo porta. Il suo predecessore era (effettivamente) un grande teologo e una persona colta. Portava la maschera del professore, e per questo molti non lo sopportavano, anche se era tutt’altro che vanitoso. Ma i professori stanno bene sulla cattedra delle scuole, non su quella di Pietro. Una maschera fuori luogo. Torniamo a Conte. Chissà se durante il suo primo governo s’è reso conto di recitare la parte di Arlecchino servitore di due padroni. Erano Di Maio e Salvini (negli ultimi tempi soprattutto il secondo) a fare il bello e il cattivo tempo. Lui faceva il mediatore. Diceva di sì all’uno e poi all’altro. Forse credeva davvero che quel fazzolettino così frivolo perennemente infilato nel taschino della giacca fosse un segno di distinzione. Qualche leccaculo gli faceva credere di essere elegante, fingendo di dimenticare che la vera eleganza non si vede. L’aveva capito benissimo Baldesar Castigione nel “Cortegiano”, laddove parlava di “sprezzatura”. Ecco, l’eleganza vera è sprezzatura (avete presente Sandro Pertini, di là da ogni giudizio politico? Avete presente il sobrio abbigliamento di Verdi in confronto alle ridicole palandrane e al baschetto di Wagner?). Altro che il  fazzolettino nel taschino. Quella è spazzatura, non sprezzatura. Forse però adesso Conte è diventato consapevole del fatto che l’abito, a dispetto di quanto si dice, fa proprio il monaco. Se il fazzolettino è così frivolo da potersi adattare solo a un servitore di due padroni, per  diventare un vero statista -o, per meglio dire, la maschera di un vero statista- bisogna eliminarlo. Avete notato che in questi ultimi tempi non lo sfoggia più? Giacca sempre aperta e cravatta svolazzante, come usa oggi (una “sprezzatura” caricaturale) ma fazzolettino niente! Si sente come Churchill, e Churchill il fazzolettino non l’aveva, Si sente investito di una missione sacra, quella di salvare la Patria da un morbo di fronte al quale le più grandi pestilenze della Storia sono una bazzecola. Eccolo allora indossare la maschera del grande saggio, del grande statista che, come un buon padre di famiglia ammonisce i suoi figli per il loro bene. L’avete sentito nell’ultimo suo discorso, quello in cui avrebbe dovuto chiarire lo svolgimento della cosiddetta “fase 2” ? Lui si permette di concedere e di proibire. La libertà non è qualcosa di preesistente, che lo Stato si limita a riconoscere, con la facoltà di limitarla con riserva di legge in caso di necessità, ma qualcosa di simile a un beneficio del sovrano, graziosamente concesso ai sudditi. Si è costretti ancora, non si sa bene per quanto tempo, agli arresti domiciliari per presunzione di colpevolezza (tutti sono potenziali untori), a meno che non  si possa esibire come esimente lo stato di necessità. Nello stato di necessità rientra anche la vista ai “congiunti” (termine quanto mai vago, che dovrà essere chiarito con due o tre circolari esplicative, per averne l’interpretazione autentica). E se uno deve andare dal gommista per sostituire gli pneumatici invernali, secondo la prescrizione che scade il 15 maggio? Rientra anche questo nello stato di necessità? Qualcuno ha tentato di farlo. Si sono beccati 400 euro di multa a testa lui e il gommista. Voglio sperare che facciano ricorso. Siamo al paradosso: per rispettare una legge si viene multati con la motivazione di aver violato un’altra legge! Una farsa! Eppure il grande giurista Giuseppe Conte ha avuto il coraggio di dire che in tutto il mondo lo ammirano per come sta gestendo la crisi, e gli altri governi sono ben contenti di copiare i suoi provvedimenti. Non avrei mai pensato si potesse essere più cretini di Don Ottavio, che come millantatore non è secondo a nessuno. Il grande statista, il grande giurista! Si sta rendendo conto che ha calpestato pesantemente la Costituzione e continua a calpestarla? Mi chiedo, fra l’altro, se conosca l’art. 117, comma 2, lettera q, dove sta scritto a chiare lettere che la profilassi internazionale (la pandemia in corso è un caso da manuale) spetta allo Stato. Quindi i cosiddetti “governatori” delle regioni non possono prendere provvedimenti in autonomia. Un vero statista convocherebbe tutti i “governatori” e, sentite le loro richieste, metterebbe a punto un piano sanitario , differenziato regione per regione e territorio per territorio in base ai dati epidemiologici, da riversare in un decreto-legge chiaro e preciso, possibilmente scritto in buona lingua italiana. Invece, che cosa sta succedendo? Ogni “governatore” va a ruota libera, senza che nessuno lo richiami all’ordine.  Quello della Campania, De Luca, vorrebbe addirittura chiudere i confini della regione, per impedire ai polentoni infettati di contagiare i terroni finora rimasti immuni. Non vorrei dire una sciocchezza, ma credo che anche negli Stati Uniti nessun governatore (senza virgolette) potrebbe fare nulla di simile, senza il consenso del governo federale (se dico una sciocchezza, sono pronto a fare ammenda). Nel Lazio, Zingaretti con una semplice ordinanza vuol imporre la vaccinazione anti-influenzale. Oltre a non conoscere l’art.117 comma 2 lettera q, quel mentecatto non sa neppure che in base all’art 32 Cost. i trattamenti sanitari possono essere imposti solo per legge. Legge dello Stato, altro che ordinanze di un sedicente “governatore”! Ci sarebbe da ridere, se non ci fosse da piangere. Quousque tandem, Iosephe, abutere patientia nostra? Qualcuno sospetta che tu abbia gettato via il tuo fazzolettino pettegolo e indossato la maschera del grande statista perché stai pensando di fondare un tuo partito. I numeri sembrerebbero darti ragione. In un popolo di pecoroni come quello italico, i ducetti pagliacceschi piacciono. Dopo tutto, anche Mussolini, in confronto a Hitler e Stalin, era un povero guitto. I tuoi consensi sembrano saliti dal 61% al 66%, se i sondaggi sono veritieri, del che è lecito dubitare. Sta’ attento: finché continui a esporre la tua faccia, recitando la tua parte, può anche darsi che il favore del popolo ti arrida. Quando tutto sarà finito, e l’esposizione mediatica si offuscherà, farai la fine di Mario Monti. O forse anche una fine peggiore. Soprattutto se una rovinosa crisi economica, come non s’è mai vista in questo secondo dopoguerra, devasterà l’Italia. Non hai mai sentito parlare di un certo Prina? Si chiamava Giuseppe anche lui.

Giovanni Tenorio

Libertino

3 pensieri riguardo “Giuseppi Prina

  • Alessandro Colla

    Gli altri governi sono ben contenti di copiare i provvedimenti di Conte? E perché non lo fanno, allora? Perché, invece, continuano ad allentare le limitazioni? Perché in nessuna parte del mondo le hanno prese così drastiche anche all’inizio? Perché alcuni le hanno prese blande come la Svezia e altri non le hanno prese proprio? A me risulta che ci siano state critiche dall’estero per come tutto è stato gestito in territorio italiano, compreso il fatto di aver bloccato l’economia. L’unica mezza lode è arrivata dalla Cina, nota libera nazione ma anche lì hanno fermato solo Wuhan e non certo tutto il celeste impero. Mentre qui il Conte Savoia, discendente di Umberto Biancotaschino, ha messo in stato d’assedio l’intero regno. Lasciamo perdere. Approfitto dell’introduzione all’articolo per segnalare il caso dello psicoterapeuta Roberto Ruga su YouTube. Con un italiano a dire il vero ben forbito (al contrario di tanti suoi colleghi), sostiene che Don Giovanni sia “un essere privo di empatia che cerca la madre in ogni donna. Inoltre ricorre alla vanità dell’apparenza contro la paura della morte”. Non so se sia tesi originale dello psicoterapeuta menzionato o se lo stesso abbia semplicemente riportato le idee di Freud o di Jung o di Lacan; o magari di qualcun altro. Non mi intendo di psicoanalisi e poco ho letto degli autori appena citati. Il voler interpretare i sogni da parte di Ruga non mi porta a seguirlo con curiosità ma potrebbe essere un mio pregiudizio. E’ sul piano letterario che non riesco a trovare una coincidenza con quanto sostenuto. Dove sarebbe la mancanza di empatia nella ricerca del rapporto con la donna? La sposa ufficiale di Don Giovanni era forse materna con lui? Passi e neanche tanto l’idea della vanità, non mi sembra che si possa parlare disinvoltamente di mera apparenza per una figura di sostanza; se mai di eccessiva sostanza, almeno sul piano della vita terrena. Dove sarebbe la paura della morte in una persona che sfida il convitato di pietra? Saranno domande oziose le mie, mi si potrà rispondere che la psicoterapia non è obbligata a seguire i canoni della ricerca critico – letteraria. Ma se è così vuol dire che si tratta di un approccio terapeutico separato dal pensiero umano complessivo, quindi una forma di terapia non filosofica; etimologicamente parlando si potrebbe finire per definirla non scientifica. Allora, in luogo delle sedute analitiche, tanto vale che combatta il narcisismo (che dice di voler eliminare) direttamente con gli psicofarmaci; se non altro per coerenza.

  • Il famigerato fazzoletto nel taschino non è del tutto biasimabile, purchè sia portato con nonchalance (o sprezzatura appunto) e la migliore garanzia che sia messo nella giusta maniera è che venga usato (o almeno dia l’impressione di esserlo), pertanto va infilato a casaccio e un po’ penzolante, esattamente alla maniera di Winston Churchill (che non so perchè si dica che non l’aveva, mentre lo portava sempre eccome, era una sua peculiarità, poichè sudava come un maiale).

    • Vero, Churchill portava spesso il fazzoletto nel taschino. Ma era un normale fazzoletto che gli serviva per nettarsi il naso o detergersi il sudore. Non era un inutile gingillo da checca, era una cosa ben diversa, usata per necessità igieniche. Niente di frivolo. Di qui la sprezzatura, che in un certo qual modo ne occultava la presenza.

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