Don Giovanni

Radiosa primavera

Passeranno alla Storia le fatidiche giornate del marzo 2019, la radiosa primavera in cui il governo italiano, nella persona del Presidente del Consiglio Prof. Avv. Giuseppe Conte, firma il “memorandum” che apre all’Italia la  “Via della Seta” (nome morbido e frusciante come un tessuto serico, per rendere nell’idioma gentile il ben più rude “Belt and Road Initiative”). Bisogna riconoscere che il da noi più volte appellato Presidente Arlecchino sta mantenendo le sue promesse. Aveva affermato e ribadito, fra le risate dei maligni, che presto si sarebbero manifestate per il Bel Paese le magnifiche sorti e progressive, e così sarà: gli accordi con la Cina saranno il volano di uno straordinario sviluppo economico, ma il solito diavoletto comincia a mettermi una pulce nell’orecchio. Benissimo il commercio internazionale, abbasso i dazi che piacciono tanto a Trump e a Salvini, viva i prodotti cinesi che costano poco e porte aperte ai parrucchieri cinesi che ti fanno barba e capelli in pochi minuti a prezzo stracciato; i ristoranti cinesi offrano le loro vivande prelibate a chi ne è ghiotto, anche se io li fuggo come la peste, ancor più dei McDonalds, ma… le merci che arriveranno dalla Cina si fermeranno nel porto di Genova e  in Val di Susa, visto che i Cinque Stelle non vogliono saperne né della Torino – Lione né del Terzo Valico? Quel Terzo Valico che, con altro nome, era già stato progettato nel tardo Ottocento da Carlo Navone, per collegare Genova a Milano (e di lì al centro Europa) con una tratta ferroviaria rapida, a tutto vantaggio del trasporto merci.

Sarà vero che i cinesi metteranno a disposizione grandi finanziamenti per opere infrastrutturali, ma se proprio si vuol essere keynesiani forse è meglio farlo in modo un po’ più intelligente. Non è più saggio sbloccare al più presto i cantieri già aperti e rimasti fermi? E poi: i capitali prestati dai cinesi per obiettivi mirati andranno restituiti con tanto di interessi, e non è detto che gli investimenti infrastrutturali in cui verranno impiegati saranno del tutto remunerativi. Visto che cos’è successo in Grecia? A tutela dei propri crediti la Cina si è pappata il Pireo; e qualcosa di simile è capitato in alcuni Paesi asiatici e africani, che ora piangono calde lacrime, vedendosi espropriati dei gioielli di famiglia.La “Via della Seta” non è un esempio di libero mercato, ma di capitalismo brutale, una versione moderna di quello che fu il capitalismo alle sue origini, quando i governi sostenevano le imprese coloniali delle grandi compagnie private. È verissimo che dove passano le merci  non passano le armi, come diceva Bastiat, ma a patto che il libero mercato sia davvero libero mercato, e l’imprenditore metta  a rischio i propri capitali, senza garanzie, protezioni, sovvenzioni, esclusive, agevolazioni da parte di governi che covano progetti egemonici. Laddove non ci fossero né governi né barriere di alcun tipo i fabbricanti e i  mercanti di cannoni sarebbero costretti a chiudere bottega. Non avrebbero più né committenti né clienti. Basta guerre. Sarebbe un bel passo verso il riitorno a quelle che Riane Eisler chiama società “gilaniche”, paritarie e pacifiche, dove il culto della Spada(maschilista, gerarchico e guerrafondaio) cederebbe a quello del Calice(femminile, cooperstivo, materno). Tutto il contrario di ciò che la Cina vuol essere:grande potenza politica, e quindi militare.

Il confronto con gli Stati Uniti per il primato mondiale è inevitabile, anzi è già in atto da tempo. Mi corre un brivido per la schiena se penso a quel che diceva Tucidide a proposito della Guerra del Peloponneso: allorché sorge e si sviluppa una nuova potenza a fronte di una potenza già grande e solida, il conflitto diventa inevitabile. Così fu per Sparta e Atene. Attenti quindi a non diventare i servi sciocchi di un progetto egemonico che potrebbe avere conclusioni catastrofiche. Qualcuno dice che non bisogna far patti con la Cina perché là non si rispettano i diritti umani. Il fatto è che se saremo colonizzati i diritti umani li perderemo anche noi. Faremo la fine degli studenti di Piazza Tienanmen. 

Giovanni Tenorio

Libertino

5 pensieri riguardo “Radiosa primavera

  • Non riesco ad entusiarmarmi per la “Via della Seta”, ma nemmeno per la TAV. Sono tutte opere dello Stato e, è noto, lo Stato si alimenta derubando con le tasse le persone e le aziende produttive, non certo quelle improduttive, che non hanno imponibile. I casi sono due: o esiste il moto perpetuo in deroga alle leggi della fisica e, traendo energie dalle aziende produttive, viene “creata” altra energia, oppure non esiste e tutti questi “passaggi di refurtiva”, con rendimento termodinamico inferiore all’unità, provocano dissipazioni, tanto più gravi quanto maggiore è l’incompetenza di chi li attua: in questo caso una incompetenza drammatica.

  • So che i libertari anarco-capitalisti italiani erano contrari alla cosiddetta TAV. Credo però che si debba essere pragmatici .Tornare indietro oggi sarebbe uno spreco enorme, e se è vero che il dirottamento del trasporto – merci dalla gomma alla rotaia può portare benefici snellendo il traffici stradale e riducendo l’inquinamento prodotto dai gas di scarico degli autoveicoli, tanto di guadagnato. In una società anarchica le strade qualcuno dovrà in qualche modo costruirle, sia pur con finalità e criteri molto diversi da quelli delle scelte politiche stataliste. Lo Stato che costruisce infrastrutture,dopo tutto, mostra il suo volto meno repellente. Sulle grandi vie dell’ impero di Roma passavano, purtroppo, gli eserciti, ma anche le merci e i pacifici viaggiatori. Acquedoti e ponti di allora ci riempiono di ammirazione. La Cloaca Massima nella Roma di oggi è ancora in funzione, molto più efficiente di tanti servizi pubblici della disastrata capitale governata dai Grillini di Virginia Raggi.

  • Penso che il volto più repellente dello Stato sia quello della rapina fiscale, che arriva, per i produttivi, a superare il 50%. Solo dopo aver constatato l’impossibilità di una restituzione, sarei propenso a tollerare come “male minore” l’uso del bottino per le opere pubbliche: non per motivi “utilitaristici”, ma solo per rasseganzione. Nel caso della TAV effettivamente sembrerebbe un costo già “affrontato” (ovvero una rapina già eseguita, e con bottino – fondi europei – giù spartito), per cui non mi metto certo tra quelli che vorrebbero chiudere il cantiere.

    Degli anarco capitalisti (italiani, ma non solo) ho perso volutamente le tracce: ho visto anarcocapitalisti difendere l’obbligo vaccinale imposto dallo Stato o impugnare una pagina mal scritta di Hoppe auspicando l’aggressione “dei comunisti” o invocare lo Stato Minimo a difesa della “proprietà privata” o dei “diritti acquisiti” . Penso che ogni “precisazione” aggiunta alla parola “anarchico” sia dannosa, oltre che superflua.

  • Segnalo l’intervista su RR: “La visita di Xi Jinping e il memorandum sulla Via della Seta: intervista ad Alberto Forchielli”. (basta impostare il virgolettato su gogol e si arriva al link)

    Venti minuti ben spesi con uno un po’ “sborone”, ma che di Cina ne sa parecchio, ha le palle quadre e un master ad Harvard, mica aria fritta alla Giannino.

    Questi sono gli economisti che piacciono a me!

  • Alessandro Colla

    Un anarcocapitalista italiano, Giovanni Birindelli, si è differenziato sul suo sito “catallaxy.org” dalle recenti posizioni di Hoppe che ovviamente suscitano più di una perplessità. Sulla via della seta, non si sa bene a quale numero civico, Salvini sostiene che in Cina ci sia ancora dirigismo con la sua frase “non mi si venga a dire che in Cina ci sia libero mercato”. La risposta potrebbe essere di evitare di raccontarci che invece in Italia e nell’Unione Europea si respiri un clima di mercato autentico eterodiretto. Colonizzati dai confuciani non sarà piacevole ma gli effetti collaterali saranno, credo, minori di una colonizzazione di stampo coranico. Se più Europa significa più dazi doganali, conviene restituire al mittente il denaro di Soros. Se l’immigrazione è una fattore spontaneo va considerato alla stregua del mercato e della libera iniziativa. In questo caso le barriere dovrebbero essere limitate al minimo, giusto per evitare che qualcuno entri armato con cattive intenzioni. Ma per questo non servono polizie di frontiera, è sufficiente la vigilanza ordinaria. L’immigrazione forzata e causata dal colonialismo è paragonabile alla stampa di moneta a corso forzoso che va oltre le reali disponibilità del risparmio depositato. In questo aspetto comprendo sempre di più i dissensi congressuali a suo tempo manifestati dal rifondatore del Partito Radicale nei confronti di chi oggi si allea con ex esponenti di Futuro e Libertà ed ex democristiani dal cognome solo apparentemente antiproibizionista (ma manca un’acca). Al libero finanziamento di un’infrastruttura non dovrebbero porsi ostacoli diversi da quelli legati all’impatto ambientale. Ma questi ostacoli dovrebbero essere prerogativa dei proprietari delle aree coinvolte perché anche in questo caso il mercato si rivela più efficace dell’interventismo pubblico. Sulla ferrovia in Val di Susa ho notato il parere di Leonardo Facco che aveva espresso contrarietà all’opera in quanto pubblica e troppo lunga nei tempi. Ora anche lui sostiene la strada del pragmatismo dal momento che sospendere i lavori sarebbe maggiormente dispendioso. In linea di massima sarei d’accordo ma con un’unica perplessità: è una bufala la presenza di amianto nella montagna o è la verità? Questa eventuale presenza è decisiva per la salute o ininfluente? Nel primo caso nessun risparmio sarebbe giustificato di fronte alle vite umane. Da Corrado Augias (mi sembra) è andato anche un magistrato sostenendo la tesi della presenza di amianto (anche se inizialmente ha confuso quest’ultimo con l’uranio). Ciò non depone a favore di questa presenza perché sono il primo a non fidarmi della magistratura, specie italiana. Ma Augias non mi pare rispose nel merito. O forse mi sono distratto io che non riesco a seguire programmi televisivi interi visto il poco tempo a disposizione e viste le mie preferenze per ben altro rispetto a trasmissioni noiose e mai obiettive. Certo, quando si scava i rischi ci sono sempre. Credo che le tecniche attuali siano in grado anche di evitare danni dal momento che quando si cercano minerali particolari (tra cui proprio l’uranio, ad esempio) non risulta che si registrino stragi di ricercatori. Ma nel caso della Val di Susa, dal momento che l’opera è pubblica e io sono malfidato, queste preoccupazioni ci sono? E chi ci dice la verità su questa storia dell’amianto? Le agenzie che lo hanno escluso ma che potrebbero avere interessi a nascondere la verità o i seguaci di Erri De Luca che però non sono mai credibili viste le loro infatuazioni ideologiche simili a quelle degli aderenti alla Watch Tower Society?

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