Don Giovanni

Monti, Tremonti e il ritorno dei morti viventi

Ogni tanto ricompaiono i fantasmi. Si sperava che i corpi di cui sono soltanto una pallida ombra fossero svaniti per sempre (non dico morti, per carità, lungi da me l’idea di augurare il male a qualcuno, ma dileguatisi dolcemente nell’aria, o magari rapiti da un nembo di tempesta, come il mitico Romolo, per consentire ai loro spiriti di raggiungere la regione dei Beati). E invece, eccoli qui di nuovo. Ma forse, allora,  non sono fantasmi, sono proprio loro, in carne ed ossa; e  ricominciano a scrivere, come se niente fosse, sul medesimo quotidiano che, quand’ erano ancora giovani, ebbe il merito di farli conoscere. Uno è il lugubre Mario Monti, che cominciò a pubblicare qualche editoriale negli ormai lontani anni Ottanta dello scorso secolo, per poi diventare uno degli opinionisti più accreditati in materia economica. Poi, nel 2011, ricordiamo tutti quel che successe. Per un inghippo internazionale che vide tra i principali artefici la Merkel e Sarkozy, pronubo l’allora Presidente della Repubblica Napolitano, il governo Berlusconi dovette dare le dimissioni e divenne Presidente del Consiglio, dopo essere stato nominato senatore a vita non si sa bene per quali meriti, proprio quel Mario Monti che Berlusconi stesso aveva scelto come Commissario Europeo alla Concorrenza. Tra i nefasti del suo esecrabile governo vanno annoverati anche i tagli alla sanità, la soppressione di molti ospedali, la riduzione del numero dei medici, di cui si stanno scontando ora le conseguenze, a distanza d’una decina d’anni. Se avesse un po’ di pudore, in una contingenza  come questa che stiamo vivendo, se ne starebbe ben nascosto, magari per ricomparire fra qualche annetto, quando la burrasca sarà finita. Invece no, eccolo ricomparire e dispensare, con il suo solito sussiego professorale, tanti buoni consigli sull’uso delle risorse che la UE mette a disposizione per far fronte alla crisi, sul cosiddetto “Recovery fund”, sulla riforma del MES e sull’opportunità di utilizzarlo al fine di riorganizzare il sistema sanitario. Lasciamolo blaterare. L’altro figuro è Giulio Tremonti. Quando ancora era semisconosciuto, fu uno degli artefici di quell’8 per mille che tutti i contribuenti sono costretti ogni anno a pagare per finanziare qualche Chiesa, anche se sono atei o miscredenti. Proprio così: perché se anche uno non vuole regalare niente a nessuno, e lascia in bianco la casella dell’8 per mille, in realtà quella quota gli viene prelevata ugualmente per finanziare tutte le Chiese che ne hanno diritto, in proporzione alla percentuale che già ottengono per esplicita volontà di chi vuol partecipare al loro finanziamento. Così, chi già riceve di più è ulteriormente premiato. E, visto che è la Chiesa Cattolica a far la parte del leone, è la Chiesa Cattolica ad accaparrarsi anche la maggior parte del soprappiù. A chi ha sarà dato, lo diceva anche Nostro Signore. Quando poi cominciò a scrivere editoriali sul “Corriere”, diventando in breve uno dei suoi esperti di economia più prestigiosi, espose in più articoli la sua teoria secondo cui una fiscalità moderna deve puntare sempre meno sul reddito delle persone e sempre più sulla tassazione delle merci, che possono essere meglio seguite e controllate. Una sorta di “ritorno all’antico”, non privo di una sua giustificata ragion d’essere; e anche un po’ controcorrente, se vogliamo, perché mina alla base il principio della tassazione progressiva. Anche un po’ agghiacciante, se uno ripensa, ad esempio, alla famigerata “tassa sul macinato” di Quintino Sella, che avrà anche contribuito al pareggio di bilancio cui miravano i governi della Destra Storica, ma gravò soprattutto sui ceti più poveri, causando rivolte brutalmente represse. Va riconosciuto che, quando la UE invita ad aumentare le aliquote IVA, si muove nella stessa direzione. E ora sembra finalmente accogliere un altro chiodo fisso tremontiano: gli “Eurobond”, titoli di debito pubblico emessi dall’Unione Europea. Con qualcosa di simile sembra che si vogliano finanziare i prestiti e i contributi a fondo perduto del “Recovery fund”.Un’altra bella invenzione del Nostro risale al 2005, quando nel terzo Governo Berlusconi prese il posto del dimissionario Domenico Siniscalco come Ministro dell’Economia. Da provetto fiscalista quale è sempre stato, escogitò, in aggiunta all’8 per mille, che sembrava operare alla grande, anche un 5 per mille che ogni contribuente poteva devolvere a un’istituzione benefica facente parte di una lista ufficialmente approvata. Proprio in questi giorni, in un’intervista pubblicata su “Buone notizie”, l’allegato settimanale del “Corriere della sera” che esce ogni martedì, Tremonti rievoca la sua bella invenzione facendosene un vanto. A suo dire, sarebbe un modo per consentire al contribuente di indirizzare parte dell’imposta da lui dovuta a fini dipendenti unicamente dalla propria volontà. Un modo per controllare, sia pure in minima parte, la spesa pubblica. Un modo, anche, per stimolare la beneficenza privata. Sarà. Io continua a credere che la beneficenza, se obbligatoria, è del tutto priva di merito. Anche se uno può orientare come vuole una cifra che in ogni caso è dovuta, tale liberalità rimane una liberalità solo apparente, Vera liberalità (che si traduce in vera beneficenza) è quella di chi offre a un ente benefico un contributo in denaro del tutto volontario. L’idea che la carità si debba fare per forza, attraverso lo strumento fiscale, grazie all’intermediazione dello Stato, mi sembra proprio bislacca, e anche piuttosto degradante. Un altro articolo di Tremonti comparso sul “Corriere” è per molti versi interessante. Quando sostiene che il debito pubblico accumulato quest’anno, e destinato a crescere, potrà avere conseguenze nefaste, possiamo essere d’accordo con lui. Quando dice che la cosiddetta Moderna Teoria Monetaria, quella secondo cui il denaro è una semplice convenzione e si può stampare a piacere, è in realtà vecchia, e fa pensare a disastri capitati qualche secolo fa, ancora una volta non si può che dargli ragione. Quando invece sembra prendersela di nuovo con quello che ha sempre chiamato “mercatismo” e, se ho ben capito, invoca nuove regole internazionali e la possibilità di introdurre nuovi regimi protezionistici, non ci siamo proprio. Rispunta il vecchio colbertista. Il problema non è il mercato in sé, ma la contraffazione del mercato, all’interno di un sistema capitalistico in cui, da una parte, grande impresa e Stato sono sempre collusi, in un “do ut des” il cui risultato è la proprietà intellettuale garantita dalla legge, fonte di enormi rendite, e, dall’altra, vige un regime  finanziario basato su moneta del tutto priva di retrostante, e ormai svincolata, così come i titoli borsistici, dai “fondamentali” dell’economia. C’è poco da invocare nuove regole e nuovi protezionismi. C’è da buttare tutto all’aria. Mercatismo e Neoliberismo sono espressioni svianti. Non c’è troppo mercato, ce n’è troppo poco. Quanto al liberismo, è come l’Araba Fenice, che ci sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa.

Giovanni Tenorio

Libertino

3 pensieri riguardo “Monti, Tremonti e il ritorno dei morti viventi

  • Alessandro Colla

    Cosa sperare di più? Che “la fede delle femmine” non sia come il liberismo o che il liberismo non sia come la citata fede?

  • Loredana

    Posso commentare in maniera molto “terra – terra”? Don Giovanni spero perdoni la mia semplicità d’espressione: altro che “morti viventi”! Questi sono svegli eccome!! Sanno proteggere benissimo i loro imperi, stanno assicurando tutta la loro discendenza fino al 15° grado (così, un numero buttato lì a caso), i vari figli, mogli e amanti sparsi sul Pianeta Terra! Questi l’economia la conoscono benissimo e sono ancora sufficientemente svegli per continuare a proteggersi facendo finta che si stanno preoccupando per il popolo!!

  • Tre pensieri in libera uscita.

    Si evince che Don Juan non è un estimatore di King, altrimenti avrebbe titolato semplicemente “A volte ritornano”.

    Continuo a pensare che se mi guardo mi umilio, ma se mi confronto, mi consolo. Tutto il mondo fa casini imbarazzanti con questa pandemia, non è che il tamarro azzimato col fazzolettino bianco sia l’unico.

    L’UK conferma la mia tesi di essere una terra di motherfuckers anomici tanto quanto noi; Johnson è un bulletto da quattro pennies, Brexit casinista, assalto ai treni, la situazione dei camionisti, sterlina ai minimi storici. Il Borghi Aquilini, che consigliava di comprare sterline a man bassa, spero esca di casa con il cappuccio.

    Merry Xmas.

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