Ergastolo, pena di morte, 41 bis e Mafia
Fra le tante cose che l’Europa chiede all’Italia c’è anche quella di abolire l’ergastolo. Per favore, non tiratemi in ballo il solito Cesare Beccaria, perché sareste proprio fuori strada. Beccaria era contrario alla pena di morte (fatte alcune importanti eccezioni) non tanto per motivi umanitari quanto per la sua presunta inefficacia come deterrente. Secondo il suo pensiero, fa più paura l’ estensione della pena che l’intensione. Quindi la prigionia a vita è un deterrente più forte della pena di morte, che si risolve in un attimo. Se le cose stanno così, Beccaria oggi sarebbe contrario all’abolizione dell’ergastolo! Per i crimini dei mafiosi, quando non vi sia ravvedimento e collaborazione con la giustizia, sarebbe favorevole al mantenimento del famigerato articolo 41 bis. Anzi, no! Questo è proprio uno dei casi in cui manterrebbe la pena di morte. Se un mafioso non si ravvede e continua a essere un pericolo per le istituzioni e la pace sociale, va eliminato.Io farei un esperimento, per vedere se aveva proprio ragione Beccaria a pensare che la morte, nella percezione del delinquente, sia preferibile all’ergastolo. Prenderei un condannato al 41 bis e gli direi: “Scegli tu. Preferisci rimanere in gattabuia per tutta la vita o finire sulla forca?”. Sarebbe interessante aspettare la risposta, e vedere se Beccaria aveva proprio ragione di sostenere che l’estensione fa più paura dell’intensione. Ripensandoci, credo che l’esperimento sarebbe inficiato da un difetto di base. Il mafioso condannato al 41 bis non è un delinquente comune. Sa che, nonostante le misure di isolamento cui è sottoposto, può in qualche modo continuare a esercitare il suo potere sulle comunità mafiose, che lo rispettano per il prestigio che si è saputo guadagnare e lo considerano come un martire. E’ chiaro, quindi che sceglierebbe di continuare a vivere. In un caso come questo, Beccaria, come si diceva, ricorrerebbe alla pena di morte. Il suo pensiero non risulta sottoposto a falsificazione. Perché l’esperimento sia valido, bisognerebbe proporre l’alternativa a un delinquente comune. Ma anche in questo caso, il risultato non sarebbe probante.
A parte il 41 bis, in Italia l’ergastolo è di fatto abolito. Dopo un po’ di anni in carcere, per buona condotta e per altre ragioni la pena detentiva diventa una pena a termine. C’è sempre la possibilità di uscire dal carcere prima della morte, e poter vivere da persona libera ancora per qualche anno. E’ chiaro che, con aspettative del genere, nessuno sceglierebbe la pena di morte. La teoria di Beccaria resterà così sempre una teoria, priva di falsificazione. Ho letto una volta, da qualche parte, che negli Stati USA dove vige la pena di morte i delitti di sangue sono talora più numerosi che in quelli dove è stata abolita. Non so se è vero. E’ possibile. Ma questa constatazione non prova niente. Non tiene conto di tante altre variabili, che possono interferire con la deterrenza della pena capitale, attenuandone l’effetto. Vorrei chiarire tre cose, a scanso di equivoci: 1) ammiro Beccaria come studioso e polemista, anche se come uomo mi è abbastanza antipatico (costrinse la figlia Giulia a sposare il rozzo conte Pietro Manzoni, che per fortuna non è il vero padre di Alessandro; il quale non mostrò mai alcun affetto per lui, ben sapendo di essere figlio naturale di Giovanni Verri, mentre fu sempre legatissimo alla madre e grande ammiratore del nonno; 2) aborro la pena di morte, anche se Rothbard in un sistema anarco-capitalistico la ritiene legittima, in base alla vecchia legge del taglione, fermo restando che la vittima, o i suoi parenti, possono sempre perdonare; 3)) anche l’ergastolo non mi piace.
Come la mettiamo, allora, con il 41 bis? Io continuo a pensare che lo Stato non abbia alcuna intenzione di sgominare la Mafia una volta per tutte. Fanno lo stesso mestiere. Sono in concorrenza, ma qualche volta è interesse di entrambi far causa comune. Senza la Mafia (anche quella in guanti bianchi, la Massoneria internazionale) la sgangherata masnada di Garibaldi non sarebbe stata in grado di abbattere la monarchia borbonica, il cui esercito era meno mal messo di quanto si tende a credere (come dimostra la resistenza di Gaeta). Un presidente del Consiglio, Vittorio Emanuele Orlando (che non è dei peggiori) era in buoni rapporti con la Mafia e arrivò a elogiarla (“Ora vi dico, o Palermitani, che se per mafia si intende il senso dell’onore portato sino al parossismo, la generosità che fronteggia il forte ma indulge al debole, la fedeltà delle amicizie più forte di tutto, anche della morte, se per mafia si intendono questi sentimenti e questi atteggiamenti, sia pure con i loro eccessi, allora in tal senso si tratta di contrassegni individuali dell’anima siciliana e mafioso mi dichiaro e sono fiero di esserlo”). Il prefetto Mori sembrava sul punto di sgominare la Mafia, ma sul più bello venne distolto dal suo mandato. Della Mafia, attraverso le sue propaggini americane, si servirono gli Stati Uniti per lo sbarco in Sicilia e le successive operazioni militari. Con la Mafia ebbe rapporti Giulio Andreotti, il cui proconsole in Sicilia, Salvo Lima, venne fatto fuori quando non fu più in grado di garantire alle cosche la benevolenza del gran notabile democristiano, la cui politica, a un certo punto, per una serie di ragioni, aveva mutato registro. Il generale Della Chiesa uscì indenne dalla dura lotta contro il terrorismo, ma quando intraprese la lotta alla Mafia gli fu fatto il vuoto intorno e sappiamo com’è andata a finire. Conosciamo la fine che hanno fatto due grandi galantuomini come Falcone e Borsellino. Il protagonista del “Giorno della civetta” di Leonardo Sciascia, il capitano Bellodi, è un personaggio letterario, ma più vero del vero.
Adesso la sparo grossa. Vogliamo sul serio eliminare la Mafia? Prima indeboliamola, poi colpiamola, anche con la pena di morte. Oggi la Mafia prospera grazie al commercio delle sostanze stupefacenti. Liberalizziamo da un momento all’altro ogni tipo di droga (i mafiosi sono ardenti proibizionisti!). In questo modo colpiamo al cuore la principale fonte di finanziamento della Mafia. A questo punto la criminalità mafiosa sarà così disorientata che risulterà relativamente facile abbatterla, eliminandone i capi. Cancellata la Mafia, si potranno cancellare anche pena di morte ed ergastolo. Potremo anche parlare della funzione rieducativa della pena. Dopo, però. Non prima.Lo so che questo non si potrà mai fare.
Non venitemi a dire che Beccaria ne inorridirebbe. Io sono convinto che sarebbe d’accordo con me.
La mafia non vive di solo traffico di stupefacenti, ma soprattutto di burocrazia e per converso di consenso; quest’ultimo soprattutto grazie all’ignoranza dilagante nel meridione: inutile fare finta di niente e nascondersi, il fenomeno purtroppo è ben radicato. Poi riguardo alla legalizzazione,…. vabbè qui mi trovo totalmente contrario, oltretutto forse sarebbe il caso di parlare di depenalizzazione per certe sostanze e certi usi semmai. Un conto sono le droghe leggere ed un altro sono quelle pesanti, non viviamo in una società libertaria, ma in quella democratica e socialista per cui se Dino conduce una vita dissoluta, ai suoi errori pagano attraverso spese sanitarie e tanto altro, anche Don Giovanni, Leporello ed Alessandro, al contrario invece tutti virtuosi. Di certo non abbiamo possibilità alcuna di uscirne da questo teatrino di guardie e ladri, qualora sperassimo che a risolvere il problema, così come anche quello di smaltire la burocrazia, siano i politici, giacché equivarrebbe chiedere a tossicomani e spacciatori di risolvere il problema della droga. Idem riporre tutte le speranze nella soluzione esclusivamente poliziesco repressiva espressa dal sistema, altra follia.
Sul futuro sono ottimista però, vidi poco tempo fa quel bellissimo ragazzo napoletano, figlio a sua volta di un noto camorrista di spicco, esprimersi in una presa di distanze da certe attitudini, con durezza, sincerità ed al contempo serenità, che mi hanno colpito tantissimo. Quelle parole, sono certo, hanno tuonato in certe coscienze e per la gente “normale” sono valse 1 milione di volte in più rispetto a certe litanie di alcuni intellettuali pallosi e bacchettoni, che per il caso da lei citato di “Sea Watch”, dimostri come abbiano un concetto di legalità tutto personale, ma da imporre anche agli altri.
Paghiamo anche noi i vizi degli altri, è vero. Ma un approccio antiproibizionista potrebbe essere un primo passo per cominciare a liberarci della società socialista e statalista. Una volta liberati non pagheremmo più il prezzo degli eventuali vizi altrui. Il problema è che il legislatore è tendenzialmente proibizionista per le stesse ardenti ragioni degli esponenti delle organizzazioni criminali. Sul figlio del camorrista che prende le distanze dal padre non nutro molte speranze. Ci sono già stati casi analoghi, anche in Sicilia, ma costituiscono poche unità contro migliaia di eredi favorevoli alle attività genitoriali.
Le speranze non erano riguardo al figlio del camorrista, non esclusivamente a lui, semmai al fatto che i tempi stiano cambiando; oggi puoi essere nato anche nel posto più sfigato della terra, ma riguardo alla conoscenza infinita che offre l’informatizzazione, ti si possono aprire nuovi mondi… il problema non è la mafia, ma l’ignoranza purtroppo, che al sud, insieme al cinismo regnava sovrana fino a pochissimo tempo fa.