Don Giovanni

Il “meeting” dei ciabattoni

Quell’anno mi saltò davvero la mosca al naso. Che si parli di me spesso e volentieri, talora a sproposito, nel bene e nel male (di solito, nel male; ma non mancano le eccezioni) non mi fa né caldo né freddo. Ma che si abusasse del mio nome nel Meeting riminese di “Comunione e Liberazione”, anno 1989, era davvero troppo! Già mi stava (e mi sta) sullo stomaco l’appellativo di “Meeting”: pPerché ricorrere a un barbarismo quando la buona lingua dispone del sostantivo “convegno”? Ma fin qui, fatti loro. Ognuno parla come vuole. E poi, chi sa mai, forse è una finezza. “Meeting” in inglese può anche significare “comizio politico”. Che si voglia adombrare, per chi ha orecchie da intendere, la vera realtà del convegno ciellino, avvolto nei candidi veli della retorica religiosa, ma di fatto ben orientato a brandire il potere politico, laddove gli si offre su un piatto d’argento? Un tempo il loro idolo era Andreotti, per suggerimento dello stesso fondatore, don Giussani. Capirai che modello! Il simbolo più perfetto della cristianità costantiniana, compromessa fino al collo con la feccia della politica. Uno che fu assolto sì dalle accuse di connivenze con la Mafia, ma anche perché per le lungaggini del processo buona parte dei reati contestatigli erano ormai passati in prescrizione. Il “concorso esterno in associazione mafiosa” (un reato inventato dai giudici, che allora non era stato ancora escogitato) continua a essere però ben più di un sospetto che pende sul suo capo, anche dopo morto. La sua amicizia con il mafioso Salvo Lima non è un’invenzione. Che Salvo Lima sia stato tolto di mezzo quando ormai non poteva garantire più nulla ai compari da parte del personaggio di cui, al loro cospetto, si esibiva come referente, è qualcosa di più di una semplice congettura. Ma anche qui, cosa loro. Ognuno si sceglie i modelli che preferisce. Anche Costantino era un delinquente, eppure poco ci manca che venga considerato un santo (ma Giuliano l’Apostata aveva già capito tutto: meglio tornare al Paganesimo, nelle sue manifestazioni più elevate, che abbracciare un Cristianesimo ormai lontanissimo da Cristo).

Va bene tutto, in somma, ma che mi si tirasse in ballo per le loro cialtronerie, no e poi no! Io voglio rimanere all’Inferno, piuttosto che finire in Paradiso con i ciellini. “Socrate, Sherlock Holmes , Don Giovanni” ! Ma dove si voleva arrivare? E non basta:dopo questa premessa, giù un incomprensibile sproloquio sul “paradosso” delle umane vicende, condito dalle elucubrazioni di Giovanni Testori e Medea Norsa, finite poi in unì’indigeribile pubblicazione. Aria, aria, per carità! Tenetevi il vostro Parsifal, tenetevi il vostro Wagner, assurti a emblema di un precedente “Meeting”, ma Don Giovanni il libertino no e poi no! Che cos’ha che fare il Diavolo con l’acqua santa? Intendo il Diavolo vero, non un diavoletto bacchettone come Giulio Andreotti.
Quest’anno il motto del “Meeting” è niente meno che una frase di Goethe, il cui significato è più o meno questo: se vogliamo costruire il futuro dobbiamo riappropriarci il passato. Giustissimo. Sta di fatto però che, sotto il papato di un ciabattone, anche i ferventi papalini, un tempo austeri come i papi allora regnanti, diventano a loro volta ciabattoni. Se il capo della Cristianità, in un’occasione ufficiale, può dire impunemente ai suoi vescovi che Gesù “fa un po’ lo scemo”, che cosa non possono dire i poveri cristianucci che in un giorno peccano settanta volte sette?. Ed ecco allora che, al “Meeting”, diventato ormai ecumenico (sono finiti i tempi del sacro patto Cielle-Formigoni-Berlusconi, di cui fu soprattutto la Lombardia a trarre beneficio o a fare le spese, secondo i punti di vista…), il Dramma diventa Farsa. I comici sono i politici. Peccato che il soggetto della rappresentazione sia tutt’altro che comico. Un’orrenda stonatura. In breve: il sindaco di Venezia, Brugnaro, millantando il suo presunto buon governo della città lagunare, dice spavaldamente che in Piazza San Marco , se si sente urlare “Allah akbar”, si spara ( vorrei sapere: a chi può dar ordine di sparare, il sindaco? Agli agenti della polizia locale? Quelli se va bene fanno cilecca, se va male si sparano addosso). Pur tra qualche sconcerto, riceve un moderato applauso dal pubblico. Poco dopo il collega sindaco di Firenze, il renziano Nardella, incontrandolo, gli urla ridendo.”Allah Akbar!”.

A voi sembra che ci sia da ridere? A me no! Al grido di “Allah akbar!” sono morti decine di innocenti. E poi: vogliamo mettere i puntini sulle”i “? Sono il primo a dire, e l’ho detto seriamente, che siamo in guerra, e va quindi applicato il Codice Penale Militare di guerra, reintroducendo il plotone di esecuzione. Ma se uno si limita a gridare “Allah akbar”, standosene con le mani in mano, come puro atto di fede, ucciderlo sarebbe un delitto.. Certo, in un’epoca in cui si tende a infarcire il sistema penale di nuovi reati d’opinione (il “negazionismo” è uno dei tanti) in aggiunta a quelli che il Fascismo ci ha lasciato in eredità, queste distinzioni sono considerate cavilli da legulei, mentre sono il sale della libertà.

Prendiamo in parola il motto del “Meeting”. Riappropriamoci il passato. Leggiamoci questo passo dal “De officiis” di Cicerone, ammesso che i politici di oggi – in seria difficoltà nel governo dei congiuntivi, anche se magari sono professori universitari – sappiano di che cosa si tratti. E’ il trattato “Sui doveri”, in tre libri, che il sommo oratore scrisse per il figlio Marco. Vediamo che cosa dice (lascio perdere il testo latino: il latino non se lo vuole riappropriare più nessuno; quel poco ch’è rimasto lo buttiamo alle ortiche. Anche santa Romana Chiesa l’ha rinnegato. Basta sentire come lo pronuncia il papa regnante: da far rizzare i capelli…):

“Sarebbe cosa turpe e oltremodo spiacevole mischiare in argomenti seri lazzi degni dei dei conviti, o discorsi frivoli. Bella fu la risposta di Pericle. Avendo egli per collega nella pretura il poeta Sofocle, si erano riuniti per le necessità del loro comune ufficio. Passando per caso un bel fanciullo, Sofocle disse.”Che bel ragazzo, o Pericle!” E quello.”Un pretore, o Sofocle, deve tenere a posto non solo le mani, ma anche gli occhi”. Eppure, se Sofocle avesse detto questo in un esame d’atleti non sarebbe stato rimproverato. Tanta è l’importanza del luogo e del tempo”(*)

Dante dice: “In chiesa coi santi e in taverna coi ghiottoni”. Cicerone? Dante? Chi cita Goethe dovrebbe conoscerli, ma ho qualche dubbio.

(*) CICERO, De officiis, I, 144. Traduzione di Anna Resta Barrile1

Giovanni Tenorio

Libertino