Don Giovanni

Progressisti e reazionari

Sono due le “narrazioni” (per usare un termine oggi di moda) che, da posizioni estreme e opposte, pretendono di interpretare ideologicamente il conflitto in corso tra Russia e Nato, di cui l’invasione della Ucraina è stata la scintilla. Una è quella che, per comodità, potremmo chiamare “progressista”, l’altra quella che, per la medesima ragione, potremmo chiamare “reazionaria”. Nel mezzo ci sono molte altre posizioni, più o meno sfumate, che, nel migliore dei casi, prescindono dai preconcetti e cercano di esprimere giudizi in base ai fatti presenti e passati, tenendo nel giusto conto non soltanto la cronaca ma anche la Storia. Di queste per ora non voglio parlare. Mi soffermerò invece sulle altre due.

Partiamo dalla “narrazione” progressita. Da una parte c’è il Bene, dall’altra c’è il Male. Il Bene è il cosiddetto Occidente, culla della Democrazia e dei Diritti dell’Uomo, difensore della Libertà in ogni parte del globo. Il Male è la Russia di Putin, il dittatore sanguinario che, educato nelle file del KGB sovietico, pretende di restaurare la potenza dell’impero zarista con una politica di aggressione contro l’Europa, aprendosi un varco alla volta del  Mediterraneo attraverso il Mar Nero, secondo un antico sogno che ebbe tra i suoi tentativi malriusciti la Guerra di Crimea del 1853-1856, quella che vide la partecipazione, sul fronte antirusso, del Piemonte di Cavour , per  ragioni che qui non è il caso di rivangare. Davanti a un disegno del genere, imperialistico e autoritario, che minaccia di distruggere le magnifiche sorti e progressive della Democrazia Liberale, avviata verso il trionfo di una nuova rivoluzione industriale di cui sono sacerdoti i profeti del WEF con a capo il guru Klaus Schwab, la mobilitazione di tutte le coscienze libere dell’Occidente è un dovere morale. Pur di sconfiggere il tiranno, per il bene dei nostri figli, dobbiamo sopportare pazientemente i disagi che il confronto bellico impone: come ha detto Mario Draghi, che dei Valori dell’Occidente è uno dei più strenui paladini, dobbiamo rassegnarci a spegnere il condizionatore, anche se siamo in presenza di una delle estati più bollenti a memoria d’uomo, e magari quest’inverno a patire il freddo, per il razionamento del gas, e a sopportare altre spiacevoli situazioni da tempo di guerra. Intanto la Cina alza la cresta: se si permetterà che la Russia si tenga la Crimea e si impadronisca del Donbass, Pechino avrà buon gioco ad attaccare Taiwan, baluardo orientale del mondo libero, estendendo il suo controllo sulle rotte commerciali del Mar Cinese Orientale e Meridionale. E’ questione di vita o di morte. Al tempo della Guerra Fredda, quando il confronto era fra il sistema capitalistico americano e il sistema sovietico, i pacifisti di sinistra dicevano “Meglio rossi che morti”. La Vita vale più della Libertà. Ora, invece, gli eredi di quei pacifisti, divenuti da un momento all’altro guerrafondai tutti d’un pezzo, pensano -anche se non lo dicono esplicitamente- che sia meglio morire inceneriti in una guerra nucleare che finire tra le grinfie del mostro Putin. La Libertà vale più della Vita. 

La “narrazione” reazionaria è di tutt’altro segno. Parte anch’essa da uno scontro fra il Bene e il Male, ponendolo però su un piano metafisico e invertendo le parti. Il Bene non è l’Occidente corrotto, che sta scivolando verso il precipizio per il suo materialismo ateo e la sua empietà, ma l’Oriente di cui Putin è il più sagace rappresentante, legato alla sua gloriosa Storia, alla Tradizione, alla Spiritualità. L’Occidente è il Male assoluto. Le forze in campo non sono soltanto umane. Gli uomini che combattono da una parte e dall’altra sono soltanto gli strumenti  di un confronto cosmico tra Dio e Satana. L’antica lotta, che ebbe il suo principio nello scontro tra Angeli Fedeli e Angeli Ribelli, un momento cruciale nella tentazione di Adamo ed Eva, cacciati per punizione dal Paradiso Terrestre, e il suo culmine  con il sacrificio di Cristo Redentore, è ancora in atto, ma è destinata a concludersi con il trionfo del Bene, come ci insegna l’Apocalisse.   Il disegno attualmente in corso, quello escogitato dai grandi potentati economici e finanziari di cui Klaus Schwab del WEF è il teorico, un disegno mirante ad asservire  tutti i popoli riducendoli alla mera sopravvivenza senza più libertà, grazie a un impiego autoritario e coercitivo delle più moderne tecnologie informatiche, in realtà è l’ultima tappa di un percorso che parte da molto lontano: dalla demolizione della Verità Cristiana che innerva il Rinascimento per rispuntare in epoca illuministica, sfociando nelle grandi rivoluzioni, inglese, americana, francese (quelle che hanno trasformato in fasulli “Diritti dell’Uomo” la vera Libertà donataci da Cristo),  provocando il crollo delle antiche dinastie, nutrendo l’ideologia del Risorgimento massone e anticattolico, per concentrarci sull’Italia, e infine provocando la caduta della monarchia sabauda e l’avvento della Repubblica. La Repubblica che ha introdotto il divorzio, l’aborto e ora si avvia ad approvare l’eutanasia e l’ideologia transgender. Anche la Chiesa si è messa su una brutta strada con il Concilio Vaticano II, aprendosi alle lusinghe del mondo moderno. Ma il Male non può trionfare. La Madonna veglia sulle sorti dell’ Umanità, e grazie alla sua intercessione il mondo sarà salvato. 

Messo un po’ in caricatura, è quello che dicono Meluzzi e monsignor Viganò. Non che la loro analisi sia priva di considerazioni in molti casi intelligenti (ma anche l’analisi dei “progressisti” merita di essere tenuta in considerazione per più di un aspetto). Quel che infastidisce è l’impianto ideologico. Come per i “progressisti” tutto il bene è nelle cosiddette democrazie liberali e tutto il male nel presunto oscurantismo della Russia di Putin, così per i “reazionari” tutto il bene è nella fulgida Storia del Cristianesimo, con tutte le sue implicazioni sul piano del potere temporale, e tutto il male nella Modernità. Monsignor Viganò arriva addirittura a prendersela con il Romanticismo (citando a sproposito Verdi e i grandi romanzi dell’Ottocento), che avrebbe subordinato la ragione al sentimento. Ma non sono stati proprio i Romantici a mettere in dubbio il materialismo illuministico e a riproporre le ragioni della spiritualità? Probabilmente a monsignore Verdi è antipatico perché era massone, come massone il mio grande papà Mozart. D’accordo, la Massoneria d’oggi è quello che è, dicono che Mario Draghi faccia parte di più logge. Anche il Cristianesimo d’oggi è quello che è, come lo stesso monsignore ammette e denuncia.

Il punto che accomuna “progressisti ” e “reazionari” è quello di credere in una Filosofia della Storia che spiega le sorti dell’Umanità futura.I “progressisti” rimangono impenitenti hegeliani. Come Hegel vedeva nello Stato prussiano della sua epoca la “fine della Storia” (quella che, alla fine del secolo successivo, Francis Fukuyama avrebbe visto nel crollo del sistema sovietico e nel conseguente trionfo delle democrazie liberali), i “progressisti” considerano come ultimo traguardo il “Grande Reset”  promosso dal WEF, quello in cui saremo tutti nullatenenti ma felici e beati, grazie al governo di pochi illuminati che provvederanno a tutti i nostri bisogni quotidiani, controllando ogni attimo della nostra esistenza: un “panopticon” benthamiano all’ennesima potenza. I “reazionari” vedono nelle vicende storiche il corso della Provvidenza divina, che permette il male mirando al bene e alla fine trionferà, ridonando all’Umanità la spiritualità perduta, in attesa della Parusia dopo il grande scontro finale. L’artefice della Storia non è l’uomo, ma Dio. “Gesta Dei per Francos” definiva lo storico Eginardo i trionfi di Carlo Magno in difesa della Santa Chiesa.

Quanto a me, non credo né nella dialettica hegeliana né nella Provvidenza. Mi auguro soltanto che, prima o poi, tutte le gerarchie di potere, pubbliche e private, possano essere distrutte. Ma non è scritto da nessuna parte che debba proprio finire così. E anche se fosse, le gerarchie potrebbero sempre ricostituirsi. Lo so che non c’è niente di consolatorio in quello che dico. Ragione di più per combattere senza tregua, rimanendo sempre vigili. 

Giovanni Tenorio

Libertino