Don Giovanni

L’ha voluto? Suo danno!

Nel suo piacevolissimo “Manuale di sopravvivenza a uso degli italiani onesti” Sergio Ricossa, in mezzo a molte altre amenità, suggerisce una serie di domande imbarazzanti che il Pierino intelligente dovrebbe rivolgere ai suoi professori, per scuotere il torpore dell’insegnamento scolastico. Forse tutti nella nostra memoria conserviamo il ricordo d’un Pierino di questo genere, che con le sue trovate ha allietato qualche momento della nostra grigia esperienza di alunni. Ve ne racconto una, di cui è stato protagonista un mio amico, che non sopportava più la prosopopea d’un prete saccente, insegnante di religione. Siamo negli anni Sessata del secolo scorso.

PIERINO. Professore, come mai solo ora la Chiesa Cattolica s’è decisa ad accettare il principio cavouriano di “libera Chiesa in libero Stato?
DON ROSSI. Che dici? Non l’ha mai accettato! Non “libera Chiesa in libero Stato”, ma “libera Chiesa e libero Stato”: due cose ben diverse.
PIERINO. Sarà come dice lei, ma guardi qui questo articolo di ieri: l’arcivescovo di Torino, cardinal Michele Pellegrino, in un’intervista sulla “Stampa”, dice proprio queste testuali parole :oggi non possiamo che accettare la formula cavouriana… Con tutto il rispetto, un ministro di Dio molto più autorevole di lei…
DON ROSSI ????????

A denti stretti, miei cari amici, devo dire che aveva ragione quel prete antipatico: con una precisazione però. Procediamo con ordine. Certo che la Chiesa non può accettare il principio cavouriano, in quanto esso subordina la libertà della Chiesa stessa a un riconoscimento dello Stato. Lo Stato sta sopra, e la Chiesa sta sotto, come qualsiasi altra associazione. La sua libertà quindi non è una realtà originaria, fondativa, ma un diritto costituito a posteriori: sono le leggi dello Stato a concederla, e come la concedono oggi potrebbero negarla domani. Forse però l’affermazione del prete nascondeva un retropensiero:se la Chiesa gode di una libertà originaria, che discende dalla sua fondazione divina, possiede quindi anche una verità originaria che, in quanto tale, lo Stato deve accettare se non vuol violare la legge di Dio: perciò niente divorzio, niente aborto, niente riconoscimento di unioni omosessuali.
Se pretendeva che dal suo pensiero, in sé ineccepibile, scaturissero queste conseguenze, era in torto anche lui. Io direi: libere Chiese (anche le Chiese degli atei, che oggi sono i credenti  più duri e puri) e niente Stato! Cristo fu sempre perseguitato dallo Stato, fin dalla sua nascita: Erode voleva farlo fuori nel timore che, da grade gli usurpasse la corona; Pilato lo condannò per un reato dello stesso genere, lesa maestà. Un giorno, rispondendo a una domanda subdola, disse: a Cesare quel ch’è di Cesare e a Dio quel ch’è di Dio. Non a Dio quel ch’è di Dio in quanto riconosciuto dalla legge di Cesare! Cesare non deve metterci il becco! Si  faccia i fatti suoi e ci lasci fare i nostri. Poi arrivò Paolo di Tarso, cittadino romano orgoglioso di esserlo. Le tasse vanno pagate-disse- e la spada della giustizia di Cesare va rispettata, perché assolve e condanna per il pubblico bene. Qualche decennio dopo l’imperatore Nerone, nel nome del pubblico bene-eliminare da Roma il canagliume cristiano- non esitò a calare  la spada della giustizia sul collo del medesimo Paolo che ne aveva cantato le lodi. Dopo pochi secoli,trascorsi fra momenti di persecuzioni feroci e momenti di più o meno aperta tolleranza, arrivò Costantino. Finissimo politico, capì che doveva farsi amico dei cristiani per averli come sostenitori dell’Impero. Ben presto vennero messi fuori legge i vecchi dei, e al loro posto fu messo il Dio dei cristiani. Il principio di libera Chiesa in libero Stato comincia di lì: tu mi sostieni e io ti riconosco. La Chiesa trionfava, l’impero si rafforzava e Cristo, che era stato un anarchico, veniva rinnegato nel momento stesso in cui la sua dottrina sembrava celebrare una definitiva vittoria. Da quel momento è stato un ininterrotto puttaneggiamento dei papi coi regi, per usare le parole di Dante, spesso con l’illusione, da parte dei papi, che fosse proprio lo Stato lo strumento più adatto per difendere la verità e garantire il pubblico bene. Il quale, in epoca moderna, si concreta nel cosiddetto “welfare”, inventato dai dittatori di destra e fatto proprio dalle socialdemocrazie per sottrarre foraggio ai movimenti di ispirazione marxista e all’avanzare del comunismo. Nella mente dei preti carità cristiana e welfare (cioè rubare ai presunti ricchi per redistribuire ai presunti poveri) han cominciato a fare tutt’uno. Da ultimo, ecco un papa che corteggia i dittatori di sinistra, poco importandogli se le loro carceri sono piene di dissidenti, e riceve in regalo, da un capo di governo della stessa risma, un crocifisso montato sul simbolo della falce e del martello. Veda un po’ lui come giustificarsi al cospetto dei fedeli che fin dai primi giorni dopo la sua elezione sono rimasti sconcertati davanti a certi suoi atti e a certe sue affermazioni. Per quel che mi riguarda, dirò le stesse parole che pronuciai per quel somaro d’un commendatore: “L’ha voluto? Suo danno!”

Giovanni Tenorio

Libertino