Ubi solitudinem faciunt pacem appellant
Chi non è nato proprio l’altro ieri e ha più di qualche primavera sulle spalle (la cosa non mi riguarda, io sono immortale) ricorderà le famose “domeniche a piedi” del 1973. A ripensarci ora, fanno quasi tenerezza, ci sembrano qualcosa di giocoso, di folcloristico, a confronto dei lugubri “lockdown” ai quali siamo stati costretti in una stagione da poco trascorsa. Anche allora, erano provvedimenti inutili, per inculcare nelle menti dei sudditi creduloni l’idea che i pubblici poteri fossero tanto solleciti della loro felicità presente e futura. Che cos’era successo? Il prezzo del petrolio era salito alle stelle perché l’OPEC, l’organizzazione dei Paesi produttori, dominata dagli sceiccati del Vicino Oriente, aveva deciso di ridurre l’estrazione del greggio da vendere sui mercati mondiali per ripicca contro le potenze occidentali che avevano dato man forte a Israele nella Guerra del Kippur. Fummo in molti a prestar fede a quanto ci veniva ufficialmente raccontato. Egitto e Siria avevano attaccato all’improvviso Israele, prendendolo alla sprovvista. Dopo non poche difficoltà, grazie all’aiuto soprattutto degli Stati Uniti, Israele ne era uscito vincitore, sia pur con le ossa rotte. Ma i suoi nemici volevano farla pagare cara all’Occidente cristiano, capitalistico, antipalestinese e filo-giudaico. Che cosa c’era di meglio che usare l’arma del petrolio, facendolo scarseggiare così da accrescerne il prezzo, strangolando l’economia dei Paesi più prosperi?
Le cose stavano davvero così? Non proprio. Nessuno allora si domandò come mai fra i Paesi che guidavano questa offensiva anti-occidentale c’erano alcune potenze del Vicino Oriente da sempre alleate degli Stati Uniti: Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Qatar, Kuwait. L’aumento di prezzo del greggio giovava sicuramente a loro, ma non meno agli Stati Uniti, che da tempo vedevano esaurirsi i loro giacimenti nel Texas e in California. In Alaska se n’erano scoperti in abbondanza, ma il loro sfruttamento abbisognava di cospicui investimenti, che non sarebbero stati sostenibili se i prezzi finali dei combustibili fossili non fossero drasticamente aumentati. Anche il Regno Unito ne avrebbe tratto vantaggio, per l’estrazione del petrolio scoperto nel Mare del Nord, che richiedeva l’impiego di costose tecnologie, e quindi di investimenti sicuramente remunerativi.
Si parlò poco del processo che, subito dopo la Guerra del Kippur, dovette subire Golda Meir, primo ministro di Israele. Come mai si era lasciata prendere così alla sprovvista, quando da tempo si segnalavano gli intenti ostili delle potenze confinanti, pronte all’attacco? Come mai le difese erano apparse così fragili? Perché tanta negligenza in un momento di sicuro pericolo? Golda Meir dovette ammettere a malincuore che a ordinarle di lasciarsi attaccare era stato Henry Kissinger. Sì proprio lui, l’ebreo amico di Israele. Quello di cui in questi giorni leggiamo tanti coccodrilli pieni di elogi. Un uomo intelligentissimo, ma anche una gran canaglia, che considerava il potere come il miglior afrodisiaco (a Napoli dicono che è meglio comandare che fottere), ai cui piedi s’è accucciata anche Giorgia Meloni nel suo recente viaggio al centro dell’Impero, da devota vassalla (per inciso: perché tanta diffamazione per i vassalli del Medioevo, che, a differenza di quelli d’oggi, spesso e volentieri si ribellavano ai loro signori? Quelli di oggi non sono neppure valvassori e valvassini, sono servi della gleba). Perché Israele doveva lasciarsi invadere? Perché agli Stati Uniti e ai loro satelliti, in primis il Regno Unito, interessava mettere in subbuglio il Vicino Oriente al fine di condizionare il mercato del greggio per le ragioni che sopra abbiamo detto.
Anche oggi, dopo l’attacco di Hamas a Israele e la sanguinosa controffensiva che n’è seguita, ancora in corso e chissà fino a quando, corriamo il rischio di dare ascolto a ricostruzioni che, in apparenza, spiegano tutto,mentre in realtà non spiegano niente. Tutto sembra tanto semplice: i cattivi palestinesi, di cui Hamas è la testa e il braccio armato, hanno attaccato proditoriamente Israele facendo un’orrenda strage di civili e catturando molti ostaggi. Che doveva fare Israele? Starsene con le mani in mano, e magari ringraziare? I palestinesi vorrebbero cacciare tutti gli ebrei dalla Palestina, che considerano la loro terra. E allora? Mors tua vita mea. Israele non poteva che rispondere come sta facendo, bombardando la striscia di Gaza, a costo di uccidere decine di migliaia di civili, fra cui donne e bambini. Quel che si legge sui giornali e si sente nei notiziari non è espresso proprio in questi termini. Il discorso è più raffinato, le distinzioni sono più sottili. Nessuno dice che Hamas e i palestinesi sono proprio la stessa cosa. Si ricorda che, accanto ai palestinesi della striscia di Gaza, ci sono anche quelli della Cisgiordania, sotto il governo dello screditatissimo Abu Mazen. Si arriva anche a ricordare che, come molti palestinesi (non tutti, non tutti!) vorrebbero cacciare gli ebrei dalla Palestina, anche molti ebrei fondamentalisti (non tutti, non tutti!) vorrebbero cacciarne i palestinesi. Si riconosce anche che un conto è il governo Netanyahu, eletto democraticamente ma ormai avversato da larga parte della popolazione ebraica, un conto lo Stato di Israele, un conto gli israeliani, un conto gli ebrei. Vero, ma all’uomo della strada tutte queste sottigliezze non arrivano. La lotta è fra ebrei e palestinesi. Se sei di estrema destra, i cattivi sono i palestinesi. Se sei di estrema sinistra i cattivi sono gli ebrei. Se sei nel mezzo hai poche idee ma ben confuse. Devi stare attento a non parlar troppo male di Israele altrimenti ti bollano come antisemita e di lì il passo all’accusa di “negazionismo ” è molto breve. Se dici che il governo iraeliano a Gaza sta facendo una strage ti guardano male, perchè di Shoah nella Storia ce n’è stata una sola e guai a dire che un governo israeliano (non Israele, non gli ebrei) stanno facendo agli altri quello che gli ebrei hanno subito. Per aver parlato di strage a Gaza Josep Borrell, capo della diplomazia europea, è stato coperto di improperi. Ma ha detto semplicemente la verità. Forse che i palestinesi innocenti contano meno degli ebrei innocenti? Non sono tutti figli di Dio? Oppure i palestinesi contano meno, perché non sono i discendenti di Isacco, figlio di Sara, ma di Ismaele, figlio della schiava Agar? Quando la smetteremo di considerare parola del Signore testi scritti migliaia di anni fa, impregnati di pregiudizi e testimoni di inaudite turpitudini benedette dal Cielo?
Come al tempo della Guerra del Kippur, anche oggi dobbiamo domandarci perché mai Israele si sia lasciato cogliere alla sprovvista, quando da tempo i servizi segreti, le alte sfere delle Forze Armate e i Paesi amici segnalavano al governo che qualcosa di grave si stava preparando nella Striscia di Gaza. Questa volta Kissinger non c’entra (però…non si sa mai), ma fa comodo a molti togliere di mezzo i palestinesi spazzandoli via fisicamente una volta per tutte. Così non se ne parla più. Fa comodo non solo ai fondametalisti israeliani, di cui Netanyhau è complice, ma anche ai Paesi circonvicini che li hanno sempre strumentalizzati per i loro fini, guardandosi bene dall’accoglierli (ricordate il famigerato “Settembre nero” del 1970?) e di consegnare loro i territori occupati dopo la prima guerra arabo-israeliana, la Cisgiordania e Gaza. Anche al civilissimo Occidente liberale e democratico, quello che esporta la Democrazia sulla punta dei cannoni, fa comodo che i palestinesi spariscano una volta per tutte. Il riconoscimento di Gerusalemme come capitale di Israele da parte di Trump e gli “Accordi di Abramo” servivano proprio per normalizzare i rapporti fra Israele e i Paesi arabi amici degli Stati Uniti mettendo da parte il problema dei palestinesi. Ora è giunta l’occasione per farne strage, così non se ne parla più. Netanyhau è il burattino di interessi internazionali governati da poteri che stanno più in alto. La Striscia di Gaza sarà ridotta a un deserto, poi si parlerà di pacificazione. Ubi solitudinem faciunt pacem appellant. Intanto, mentre la guerra in Ucraina si sta afflosciando, i mercanti di cannoni si fregano le mani.
Circa il kippur, diciamo che è nella tradizione americana non volere iniziare per primi una guerra, per cui anche per Israele gli Usa non garantivano appoggio militare in caso di suo attacco preventivo. Si poteva comunque sorvegliare meglio la zona del Mar Rosso e non farsi sorprendere come polli, con gli argini eretti a difesa crollati come le mura di Gerico. E’ l’unica volta che ho visto arabi combattere bene, dopo la caduta dell’impero ottomano.
La striscia di Gaza non sarà (purtroppo) ridotta a un deserto, essendo una della zone a più alta densità abitativa del pianeta: l’unica cosa che non manca da quelle parti è la crescita demografica.