Don Giovanni

Viva i fischi

Quando , nel 1968, si aprì la stagione della Scala con il “Don Carlo”, diretto da un ancor giovane ma già famoso Claudio Abbado, fuori, nella piazza, si scatenò una vera e propria battaglia, in cui Mario Capanna e i suoi scherani del Movimento Studentesco, a mala pena contenuti da un imponente schieramento  di forze dell’ordine,  bersagliavano gli esponenti dell’alta borghesia con lanci di vernice, cercando di inzaccherare, spesso con successo,  gli elegantissimi abbigliamenti delle dame… Come sempre, ma in misura ancor maggiore del solito, la musica passò in secondo piano, lasciando ampio spazio a una cronaca mondana che per molti aspetti assomigliava a una cronaca di guerriglia. Il paradosso era che Claudio Abbado, e tutto il mondo dell’alta cultura, non solo musicale, milanese, pur partecipando al rito ufficiale della “prima” all’interno dell’istituzione, dalla parte degli spettatori privilegiati  (non paganti) o addirittura degli artefici (sul podio e dietro le quinte, e forse sullo stesso palcoscenico), sentivano battere il cuore per quello che stava capitando fuori. Erano tutti con i cosiddetti “contestatori”, offrivano la loro autorevole presenza e i loro servigi a un pubblico danaroso, immagine del più trionfalistico  capitalismo (in un momento in cui lo sviluppo economico era ancora piuttosto florido), ma amavano Fidel Castro, Che Guevara, la Cina di Mao, un po’ meno l’Unione Sovietica, ormai passata di moda, mentre aborrivano gli Stati Uniti ormai immersi fino al collo nella terribile guerra del Vietnam, da cui sarebbero usciti dopo qualche anno con le ossa rotte.

Sventolando le solite frasi fatte e i soliti indigesti luoghi comuni, qualcuno, dalle pagine dei giornali, arrivò a dire che si era scatenata una manifestazione antiborghese proprio mentre nel tempio della borghesia si rappresentava un’Opera rivoluzionaria. Gli spettatori privilegiati non capivano che quanto accadeva fuori era in piena sintonia con quanto si vedeva sulla scena e si sentiva nella musica. Davvero? Don Carlo, infante di Spagna, e Rodrigo, marchese di Posa, fratelli spirituali di quei signorini, figli in gran parte di famiglie medio e alto-borghesi, che giocavano a fare la rivoluzione, in attesa di entrare proprio in quel mondo privilegiato che dicevano di detestare, accomodandosi nelle comode nicchie delle testate giornalistiche più prestigiose, dei Consigli d’Amministrazione delle aborrite imprese capitalistiche, nel sistema bancario e finanziario, nelle Università di cui denunciavano le baronie? Qualcuno forse, con maggior coerenza, sarebbe finito anche nella lotta armata. Ma erano frange di idealisti (sì, idealisti, ci sono anche le idee perverse, e chi le segue con piena convinzione è un idealista) del tutto minoritarie.

Anche quest’anno la Scala si è inaugurata con il “Don Carlo”. Sul podio, Riccardo Chailly, figlio d’arte che nel Sessantotto era ancora un ragazzetto, ma più tardi sarebbe diventato collaboratore di Abbado. Quanto diversa l’atmosfera di oggi da quella del Sessantotto! Da quei tempi, ci siamo abituati, ogni anno, a un’inaugurazione della Scala frastornata da gesti, più o meno violenti, di protesta. Nulla di simile però a quello che era accaduto in quella fatidica sera del 7 dicembre 1968. Manifestazioni sempre più fiacche, in nome di rivendicazioni settoriali, ben lontane dallo spirito “rivoluzionario” (le virgolette sono d’obbligo, la Rivoluzione è un’altra cosa) di un tempo. Tornavano in vigore le ragioni della musica, e solo loro, come sarebbe giusto, all’apertura di quello che continua a definirsi, con non poca superbia, il primo teatro del mondo (quando s’è mai vista, alla Scala, una meravigliosa “Tetralogia” come quella offerta al pubblico dalla Staatsoper di Monaco di Baviera circa un decennio fa? E senza che sulla piazza antistante stazionasse neppure un presidio di vigili urbani: altra civiltà)? Neanche per idea. Quando, sul”Corriere della sera” scriveva ancora, come critico musicale, il compianto Paolo Isotta, le sue recensioni potevano anche irritare  per certi giudizi ingenerosi e volutamente provocatori, ma erano sempre stimolanti, dopo la stagione del semianalfabeta Duilio Courir, indegnamente succeduto all’indimenticabile Franco Abbiati. Ora la critica musicale è in mano a grigi professori di Conservatorio, che scrivono per compiacere i loro colleghi. Si legga la recensione di quest’anno sul “Corriere” per averne un’idea. E’ scritta da un signore che condivideva la scelta di allontanare dalle scene italiane gli artisti russi, dopo l’attacco di Putin all’Ucraina (ne fecero le spese, alla Scala, il grande Gergiev, impegnato nella “Pikovaja Dama” di Ciaikovski e costretto a rinunciare all’incarico, e per qualche tempo la stessa Anna Netrebko). Persone squallide, che sbavano per il “teatro di regia”, orrido frutto del cattivo gusto tedesco, stupidamente importato sulle scene italiane, laddove proprio la Scala, memore di artisti come Visconti, Zeffirelli, Stehler e -perché no?- anche il discutibile Ronconi, avrebbe dovuto opporre resistenza a un costume così balordo, proponendo un modello del tutto diverso. Cosa difficilissima, non c’è dubbio: si rischia di cadere nel tentativo velleitario di ripetere  un passato irripetibile. Meglio allora adeguarsi al vento che tira, con il risultato che a Milano si vedono le medesime brutture proposte ormai da tutti gli altri teatri europei. E allora perché muoversi da Berlino o da Londra per venire a Milano? Per vedere la bella faccia del sindaco Sala nel palco reale, insieme con tutte le altre Autorità,”che non cesseremo mai di irridere – come disse il grande giornalista Arrigo Benedetti –  non perché si sia fautori di disordine, ma per quel tanto di disumana comicità che la parola racchiude”?

Quest’anno, per fortuna, non c’erano né Mattarella né la Meloni.  Deo gratias, due di meno  (anzi tre, perché anche la von der Leyen è rimasta a casa). Il che non ci ha risparmiato l’apertura con la marcetta di Mameli, visto che era presente la seconda carica dello Stato, il Presidente del Senato La Russa. Accostare la musica di Novaro alla sublime partitura di Verdi (a mio parere la sua più profonda, se non la più perfetta in assoluto) è un po’ troppo. Solo Riccardo Muti ebbe il coraggio di non eseguirla pur alla presenza del Presidente della Repubblica di allora, Ciampi, in occasione della prima del “Fidelio”, con la scusa che avrebbe deconcentrato l’orchestra (Ciampi, per ripicca, non andò a salutarlo in camerino). D’altra parte, forse in nessun’altra Opera i valori della libertà e della fratellanza umana sono onorati con maggior vigore che nell’unica partitura operistica del genio di Bonn. Altro che la marcetta di Mameli-Novaro, con quei Fratellini d’Italia che assomigliano tanto alla fratellanza massonica.

Questa volta, sul piano visivo,  finalmente, una scenografia e una regia non certo eccelse, ma per lo meno lontanissime dalle aberrazioni amnmanniteci negli ultimi anni. I professori di Conservatorio di cui sopra hanno storto il naso, proclamando che si è tornati a un tipo di regia puramente” illustrativo”. Perché, che cosa dovrebbe fare una regia onesta, se non illustrare un lavoro drammaturgico dove tutto, ma proprio tutto, è già scritto nella musica, e si tratta soltanto di tirarlo fuori, dal podio (con il direttore d’orchestra) e dal palcoscenico (con il regista)? No, oggi bisogna “interpretare”, magari facendo violenza al testo e, nei casi più clamorosi, facendogli dire tutto il contrario di quello che dice. 

Finite ormai ingloriosamente le contestazioni all’esterno del teatro, dove nessuno più le degna di attenzione,, non poteva mancare la contestazione interna, sostenuta da quel loggionista mentecatto che ha gridato “Viva l’antifascismo” o qualcosa di simile. Rivolto a chi? A La Russa, o a tutto il governo in carica? Ma dov’è il fascismo in un governo del tutto appiattito sulla Nato, sull’Europa e su tutti i “valori” farlocchi che la sinistra istituzionale ha da tempo fatto propri? Forse si è fascisti perché si è contrari all’ideologia gender, all’utero in affitto e al’idea folle di introdurre nella Costituzione il diritto all’aborto? L’autonomia regionale differenziata e il cosiddetto “premierato” sono due ributtanti patacche, ma con il fascismo non hanno proprio niente da spartire. Un gesto veramete controcorrente (ma molto pericoloso) sarebbe stato un fischio rivolto a quell’anziana signora seduta al centro del palco reale  che, da presidente della Commissione straordinaria contro l’intolleranza il razzismo la discriminazione e chi più ne ha ne metta, non ebbe remore ad avallare le misure liberticide dei governi al tempo del Covid, quando si annaffiavano con gli idranti pacifici dimostranti con in mano il rosario, e ultimamente non ha saputo dire una parola contro l’autentico genocidio che si sta consumado nella striscia di Gaza, come invece ha fatto  il suo correligionario Moni Ovadia (un antisemita anche lui, come tutti quelli che  criticano il governo Netanyahu, non certo Israele e il suo diritto a esistere in piena sicurezza?) A lei, naturalmente, ovazioni dalla platea. 

Il potere nell’Italia di oggi, fatto di vassalli, valvassori, valvassini e servi della gleba, è ben rappresentato da quelli che sedevano nel palco reale. Se avessero un minimo di senso morale, si sarebbero vergognati paragonandosi ai potenti che Verdi nel “Don Carlo” rappresenta sulla scena. Figure terribili, ma grandiose. Si pensi a quella, davvero agghiacciante, del Grande Inquisitore, la cui politica  criminale è sconfessata addirittura da una voce dal cielo. Grandi nel male. Altro che i nanetti di oggi, odiosi per  loro ipocrisia ancor più che per la loro inettitudine.

Giovanni Tenorio

Libertino

8 pensieri riguardo “Viva i fischi

  • Bisognerebbe avvisare la non citata ultranovantenne di pronunciarsi sempre su tutto e su tutti, altrimenti qui qualcuno non dorme…

    Mameli e Novaro erano massoni, “Fratelli d’Italia” non “somiglia tanto”, ma è proprio rivolto alla fratellanza massonica. Parafrasando Attali sull’euro (altro massone pure lui, sono ovunque…): “Credete forse che l’unità sia stata fatta per la felicità dalla plebaglia”?

  • Chi presiede una commissione sui diritti umani o qualcosa di simile, e tiene conferenze sul più grande genocidio della Storia, avendolo sofferto nella propria carne (una tragedia che l’ha segnata nel profondo, per cui le manifestiamo il massimo rispetto), dovrebbe sì pronuncarsi sui diritti di tutti i popoli che a loro volta subiscono la medesima sorte, specie quando il misfatto è perpetrato dai figli e dai nipoti di coloro che un tempo ne hanno fatto la più atroce esperienza, se vuol essere credibile. Su tutto il resto, nessuno pretende niente da lei. La pensi come vuole e tenga pure la bocca chiusa.

    • A nessuno piace quello che avviene ai civili di Gaza, ma non sento coloro che criticano la guerra proporre alternative, visto che la vigliacca Hamas si rintana apposta in zone fittamente abitate e ha come fine ultimo la distruzione di Israele (triplo LOL).

      Gimondi era un grande negli anni 60-70, ma un bel dì perse contro un nuovo arrivato di nome Merckx. Passò giorni e giorni a rimuginare come avesse fatto a batterlo, poi finalmente lo capì: ERA PIU’ FORTE DI LUI !!!
      Se Hamas capisse che loro non sono nemmeno Gimondi (ma neppure il suo gregario Taccone) rispetto a Israele-Merckx, allora…
      ma è un’organizzazione esstremamente stupida, utili idioti per il furbo e bieco Neta e nulla più.

      • Questa non è una guerra, è un genocidio. Se è vero che la Striscia di Gaza è come una cittadella in stato d’assedio, dove non può entrare una punta di spillo quando gli assedianti non lo consentano, basta prenderla per fame, sete e freddo, impedendo tutti i rifornimenti. Nel giro di pochi giorni il popolo si ribellerebbe e Hamas dovrebbe cedere. In realtà, Israele (forse sarebbe meglio dire il governo Netanyahu) ha sempre consentito che Hamas venisse lautamente finanziata al fine di dividere i palestinesi e impedirne la costituzione in uno Stato libero e indipendente. Mi si deve spiegare:1) com’è possibile che, con tutti i sistemi raffinatissimi di controllo elettronico di cui è dotato, difeso com’è da truppe addestratissime e da reparti superspecializzati nella lotta al terrorismo, disponendo di servizi segreti fra i più efficienti e agguerriti del mondo e a dispetto degli avvertimenti ricevuti da più parti su un probabile attacco imminente, Israele si sia lasciato aggredire con tanta facilità; 2) com’è stato possibile allestire a regola d’arte una rete così intricata di cunicoli sotterranei nel territorio di Gaza se non grazie all’impiego di capitali enormi, di materiali forniti dall’esterno, di mezzi meccanici tenologicamente all’avanguardia. Nessuno ha visto, nessuno se n’è accorto? O piuttosto, tutti hanno visto, tutti se ne sono accorti e hanno lasciato fare? Il 7 ottobre 2023 assomiglia un po’ troppo all’11 settembre 2001 e al 7 dicembre 1941. Hamas vuol cancellare Israele? Hamas non è tutti i palestinesi, e neppure tutti gli abitanti della Striscia di Gaza. Allo stesso modo, il governo Netanyahu vuole far piazza pulita dei palestinesi? Il governo Netanyahu non è tutti gli israeliani e neppure, forse, tutti quelli che l’hanno votato. Tanto meno va identificato con tutti gli ebrei, come purtroppo molti fanno, proprio a causa della sciagurata politica di Netanyahu. Il primo antisemita è lui. E’ lui la prima causa di un risorgente, diffuso antisemitismo che fa orrore. Se quella signora avesse il coraggio di dire queste cose, le sue parole varrebbero più di mille conferenze sulla Shoah. Negare che a Gaza si stia perrpetrando un genocidio (o anche soltanto far finta di niente) è come negare che Hitler abbia mai voluto sterminare gli ebrei (o anche soltanto fare spallucce. Dopo tutto Cesare fece qualcosa di simile in Gallia, a sentire Plinio il Vecchio: “Io non posso mettere tra i suoi titoli di gloria quello di aver inferto un simile oltraggio al genere umano”).

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  • 1) Il Cessna tedesco “nemico” atterrato indisturbato a Mosca negli anni 80 fa dice nulla?
    2) Dal 2005 Gaza è senza presenza israeliana, l’IDF ha cacciò via con le maniere forti gli ultimi irriducibili fanatici coloni ebrei (e visto che non vi erano più israeliani nella Striscia bisognava andare a cercarli fuori col deltaplano, no?…) Gaza è stata libera e autonoma di fare ciò che voleva, Israele manteneva il controllo di alcune attività di sicurezza, ma ogni tipo sicurezza ha le sue falle.

    Volessi (ma io non voglio) fare dietrologia spinta punterei piuttosto sulla vicenda dello psicopatico Sinwar, che ha scontato solo 12 anni su 4 ergastoli ed è stato ben curato in carcere.
    corriere.it/esteri/23_ottobre_28/yuval-il-dottore-parla-medico-israeliano-che-ha-curato-capi-hamas-743280fa-7578-11ee-a16a-b8665192755e.shtml?

    E siamo poi sicuri che l’assedio funzionerebbe? Quelli di Hamas sono stupidi fanatici, farebbero come gli ebrei a Masada; la popolazione è succubA, le armi le hanno i miliziani. TUTTI morti, anzichè MOLTI morti, con naturalmente la colpa ad Israele. Poi chi li regge i lamenti di tutto il mondo (che comunque spero interverrebbe prima) ?

    E non è affatto vero che fosse una prigione a cielo aperto, era piuttosto una enclave privilegiata (e persino LUSSUOSA, su questo magari porto doc in un altro post), rispetto alla West Bank, libera di lanciare missili quotidiani su Israele, altro che scavare solo tunnel.

  • Un coraggioso giornalista arabo musulmano che smaschera le balle di Hamas e della corte dei miracoli che la sostiene si chiama Bassam Tawil. Inoltre critica le “quinte colonne” europee, non tanto gli imbecilli che scandiscono “Free-free-Palestine”, ma gli stati che mandano soldi e solidarietà ai palestinesi (se non sbaglio l’ultima volta 120 milioni di euro dall’UE a Gaza, manco fosse Lambarenè), dove circolano macchinoni che a Torino io non vedo proprio.

    Cercate su gogol “Bassam Tawil” e leggete almeno il primo risultato in italiano, poi la ricchissima scelta Gatestone Institute in inglese.

    Questo che propongo tratta della “povera” Gaza ante guerra. Lo posto già tradotto, poi le foto le vedete col link. gatestoneinstitute.org/16100/gaza-luxury

    °°°
    articolo tradotto da google, di Bassam Tawil: arabo musulmano residente in Medio Oriente

    Come possono Hamas e i suoi sostenitori in tutto il mondo continuare a lamentarsi della povertà e della miseria quando ogni poche settimane nella Striscia di Gaza vengono aperti nuovi centri commerciali e supermercati pieni di vestiti e vari tipi di beni di lusso?

    Queste immagini sono anche fonte di imbarazzo per i propagandisti anti-israeliani che cercano di ritrarre una realtà completamente diversa della vita nella Striscia di Gaza come parte della loro campagna per delegittimare Israele e demonizzare gli ebrei ritenendoli pienamente responsabili della “sofferenza” dei palestinesi.

    Perché corrispondenti esteri e giornalisti palestinesi che si occupano del conflitto israelo-palestinese gettano nella pattumiera la documentazione fotografica di questi sviluppi soleggiati e positivi nella Striscia di Gaza? Forse perché tali immagini non si adattano alla loro narrativa e alla loro agenda anti-israeliana?

    Come possono Hamas e i suoi sostenitori in tutto il mondo continuare a lamentarsi della povertà e della miseria nella Striscia di Gaza quando ogni poche settimane vengono aperti nuovi centri commerciali e supermercati pieni di vestiti e vari tipi di beni di lusso? Nella foto: un centro commerciale appena aperto a Gaza City il 22 febbraio 2017. (Foto di Mohammed Abed/AFP tramite Getty Images)

    Il gruppo terroristico palestinese Hamas ha avvertito i palestinesi della Striscia di Gaza di non pubblicare foto della Striscia di Gaza sulle piattaforme dei social media.
    In una dichiarazione del 9 giugno, il Ministero degli Interni controllato da Hamas ha affermato che “le agenzie di intelligence israeliane hanno chiesto ai residenti della Striscia di Gaza – attraverso i social media – di utilizzare i loro telefoni cellulari per scattare foto di vari luoghi della Striscia di Gaza. ”

    Hamas ha messo in guardia i palestinesi dal soddisfare la presunta richiesta israeliana e ha affermato che Israele stava utilizzando gli account dei social media per “reclutare collaboratori e ottenere informazioni”.
    Hamas ha aggiunto che le sue forze di sicurezza stanno monitorando gli account dei social media israeliani e palestinesi e avrebbero adottato “misure legali” contro i palestinesi che hanno interagito con le presunte agenzie di intelligence israeliane.
    Hamas è davvero preoccupato che le autorità di sicurezza israeliane utilizzino le foto per “reclutare” informatori o che i palestinesi possano fotografare i suoi tunnel e i suoi razzi? Non esattamente.

    Hamas è preoccupato che le foto e i video scattati dai palestinesi rivelino al mondo una realtà diversa della situazione nella Striscia di Gaza – una realtà che va contro tutte le storie e le immagini di “povertà”, “miseria” e “sofferenza”. “dei palestinesi lì.
    Ciò che Hamas cerca di nascondere al mondo sono i centri commerciali, i supermercati, i ristoranti alla moda, le eleganti caffetterie e i moderni negozi di abbigliamento che sono sorti nella Striscia di Gaza negli ultimi anni.

    Tali immagini sono terribilmente imbarazzanti per i leader di Hamas, che vogliono continuare a mentire impunemente sui palestinesi della Striscia di Gaza che soffrono a causa del “blocco” di Israele sull’enclave costiera controllata da Hamas. Queste immagini sono anche fonte di imbarazzo per i propagandisti anti-israeliani che cercano di ritrarre una realtà completamente diversa della vita nella Striscia di Gaza come parte della loro campagna per delegittimare Israele e demonizzare gli ebrei ritenendoli pienamente responsabili della “sofferenza” dei palestinesi.

    L’avvertimento di Hamas è arrivato dopo che diverse foto e videoclip che descrivono la bella vita di molti palestinesi nella Striscia di Gaza sono apparsi su numerose piattaforme di social media, in particolare Twitter.

    Un popolare account Twitter chiamato @Imshin ha diffuso video, spot di blog e notizie dal mondo della classe media e dei ricchi della Striscia di Gaza che non sono mai arrivati ​​ai media mainstream. Basandosi su video e foto scattate dai palestinesi, il resoconto fornisce una visione unica della vita confortevole dei palestinesi nella Striscia di Gaza mentre fanno shopping sfrenato e si godono le loro uscite in piscine, ristoranti esclusivi, hotel di lusso e resort sulla spiaggia.
    Il 2 giugno, l’account conteneva un post sul Royal House Chalet, a sud dell’Università di Gaza, uno dei resort più moderni e lussuosi della Striscia di Gaza, completamente attrezzato con un’imponente piscina e strutture all’avanguardia. suite d’arte.

    Un altro post parla del Viola Restaurant and Café, un locale popolare nel porto di Gaza famoso per la sua varietà di dessert e snack.
    I palestinesi che pianificano un barbecue per giovedì sera (l’ultimo giorno di lavoro della settimana) sono invitati ad acquistare tutte le forniture per il barbecue presso il Care4Mall nella Striscia di Gaza. Situato nel sobborgo Tal al-Hawa di Gaza City, il centro commerciale comprende negozi di elettrodomestici, negozi di alimentari e un’area fast-food. “Forniamo tutti i beni e i servizi di cui i cittadini hanno bisogno”, afferma il centro commerciale sulla sua pagina Facebook. “Ci impegniamo a raggiungere la soddisfazione e l’apprezzamento del cliente fornendo prezzi competitivi.”

    Ironicamente, il centro commerciale si vanta anche che tra i prodotti che fornisce c’è la marca israeliana di caffè istantaneo, “Namess” di Elite. Apparentemente Hamas e i palestinesi nella Striscia di Gaza non hanno sentito parlare (o non sembrano interessarsene) della campagna anti-israeliana volta a boicottare i prodotti e le aziende manifatturiere israeliane, inclusa la grande azienda alimentare Elite.

    In altri video pubblicati su YouTube, Instagram e Facebook, i bambini della Striscia di Gaza vengono documentati mentre acquistano telefoni cellulari e si godono il gusto di vari gusti di gelato e granite.

    Una delle attività di gelato più popolari è la gelateria Kazem nel quartiere di al-Rimal nella Striscia di Gaza, sede di numerosi leader di Hamas. Gli smartphone, compreso l’iPhone 11, la versione più recente dei dispositivi Apple, sono disponibili per la vendita nei supermercati di tutta la Striscia di Gaza, come recentemente annunciato da Metro Market, uno dei più grandi supermercati della zona.

    Qualche settimana fa, Striscia di Gaza, è stato inaugurato nel campo profughi di Nusierat, nel centro della uno dei centri commerciali più alla moda della Striscia di Gaza. Il nuovo Al-Danaf Hyper Mall comprende un grande supermercato dove gli acquirenti possono acquistare vari beni importati che spesso non sono nemmeno disponibili nei mercati israeliani.

    All’inizio di quest’anno, i palestinesi della Striscia di Gaza hanno celebrato l’apertura del negozio di abbigliamento Deux Fashion , situato in via Ahmad Abd al-Aziz a Gaza City. Il grande negozio offre vari marchi di abbigliamento, per lo più importati dalla Turchia e da altri paesi. “Il posto migliore per acquistare abiti da uomo, online o offline, con la massima qualità al miglior prezzo”, si legge nell’annuncio pubblicato sulla pagina Facebook del negozio.

    Queste sono solo alcune delle immagini provenienti dalla Striscia di Gaza che innervosiscono Hamas. Come può Hamas continuare a chiedere aiuti finanziari alle Nazioni Unite e ad altre organizzazioni umanitarie internazionali quando i palestinesi pubblicano foto di famiglie intente a fare acquisti sfrenati e di bambini che mangiano gelati e acquistano smartphone?

    Come possono Hamas e i suoi sostenitori in tutto il mondo continuare a lamentarsi della povertà e della miseria quando ogni poche settimane nella Striscia di Gaza vengono aperti nuovi centri commerciali e supermercati pieni di vestiti e vari tipi di beni di lusso?

    Perché i corrispondenti esteri si occupano del conflitto israelo-palestinese ignorando i pascoli più verdi della Striscia di Gaza? Perché i giornalisti palestinesi con sede nella Striscia di Gaza scaricano nella pattumiera la documentazione fotografica di questi sviluppi soleggiati e positivi nella Striscia di Gaza? È perché tali immagini non si adattano alla loro narrativa e alla loro agenda anti-israeliana.

    I giornalisti stranieri e palestinesi sono complici dell’insabbiamento di Hamas: vogliono continuare a incolpare Israele per tutto ciò che di negativo incontrano i palestinesi. Considerato l’ultimo avvertimento di Hamas, è solo questione di tempo prima che si senta parlare di palestinesi imprigionati o uccisi per aver “tradito” la causa palestinese pubblicando foto della nuova versione del “Ritz” della Striscia di Gaza e di bambini che leccano allegramente il loro ghiaccio multicolore.

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    Ah, per quanto riguarda i macchinoni,

    BMW non mi pare che apra concessionarie in prigioni o in zone poverissime:
    middleeast-business.com/abu-khader-automotive-celebrates-official-start-of-bmw-operation-in-the-palestinian-territoies/

    e manco Mercedes:
    youtube.com/watch?v=zSfoE5Yxr20

    • Per farla breve: la Striscia di Gaza è il Paradiso Terrestre. I palestinesi che la abitano sono un popolo di privilegiati. Beati loro!

      • Per farla breve, l’arabo in genere già di per sè è un ottimo “chiagni e fotti”, che
        corroborato da una mafia poitico-religiosa ha fatto della lamentatio su Israele
        un ottima occasione di guadagno.

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