La democrazia è un mito. Adotta anch’essa uno schema maggioritario, ma lungi dal considerarlo una semplice tecnica, il cui merito è quello di sostituire alle coltellate la conta delle teste, lo considera uno strumento per portare alla luce una fantomatica volontà del popolo, titolare della sovranità. Ma il popolo, ammesso e non concesso che possa avere una volontà non ha mai governato, neppure nelle democrazie dirette più radicali; diciamo piuttosto che una maggioranza (che magari, adottando procedure di voto diverse, sarebbe risultata una minoranza) legittima, con il suo numero, le proposte di un sovrano vero, si tratti di un governante singolo o di un’oligarchia dominante. Così era nella fin troppo celebrata democrazia dell’antica Atene. Le maggioranze che si formavano nell’Ekklesìa erano frutto di votazioni cui partecipava una frazione ampia, ma pur sempre minoritaria, dei cittadini con diritto di voto. A comandare erano i vari Cimone, Aristide, Temistocle, Pericle, Efialte, Cleone, Alcibiade. In nome del popolo, senz’altro; ma secondo i propri intendimenti. Il popolo restava un’entità sfuggente, che neppur si poteva propriamente assimilare alla maggioranza dei votanti. Tant’è vero che Aristotele affermava che, se – per ipotesi puramente accademica- in una città i poveri fossero in minoranza e in ricchi in maggioranza, sarebbe democratico che a prevalere fossero le scelte dei poveri. Bel pasticcio, vero?
Leggi tutto