Don Giovanni

Democrazia, Brexit, Nazione e altre cose di poca importanza

L – Caro padrone, questa volta avete perso la scommessa. Dicevate che il Regno Unito sarebbe rimasto nella UE, invece ha vinto la Brexit. Il popolo inglese non vuole rimanere in Europa.
DG – Dici un cosa giusta e una sciocchezza enorme. La cosa giusta: ho perso la scommessa. Poco male, càpita, non è la prima volta e non sarà l’ultima. La sciocchezza enorme: il popolo inglese non vuol rimanere nella UE.
L – Ma voi vi state contraddicendo: se avete perso la scommessa, come ammettete, è proprio perché dal referendum è risultata la volontà del popolo inglese di uscire dall’Europa.
DG – Quante volte ti devo spiegare che i risultati di una qualsiasi consultazione popolare non rappresentano la volontà del popolo. Si dice così per convenzione, come una volta si diceva che i sovrani governavano per volontà di Dio, anche se magari erano fior di citrulli, o di delinquenti, che avevano conquistato il trono con la violenza e il delitto. Ci credevano solo i gonzi.
L – Ma un risultato elettorale o referendario non ha nulla che fare con la violenza e il delitto….
DG – Ma con la coercizione sì: una maggioranza, magari risicatissima, si impone su una minoranza.
L – Una minoranza che però ha accettato le regole del gioco!
DG – Ora cominci a ragionare. Mettiamo da parte quindi la bubbola della volontà del popolo e diciamo che il referendum è un gioco. Chi partecipa al gioco ne accetta le regole, riconoscendo alla parte vincente il potere di mettere a frutto la sua vittoria. Ecco perché è stupido partecipare a un referendum, sperando che vinca la propria parte, e poi, appresa la vittoria della parte avversa, sostenere che il referendum non s’aveva da fare, che il popolo è bue, che certi quesiti dovrebbero essere risolti dagli esperti e dai tecnici,. e via di questo passo. Quando vince la propria parte, la voce del popolo è sacra, quando vince la parte avversa diventa il borborigmo d’una plebe ignorante. “Scita populi magna ex parte sapientes abrogant” diceva Cicerone.
L – Ma in qualche modo bisognerà ben decidere. Anche gli esperti, i sapienti, i tecnici se sono in disaccordo tra loro dovranno pur contarsi. Qualcuno ha detto che è meglio contar le teste che spaccarle.
DG – Senza dubbio. smettiamola però con il “potere del popolo” – questo è il significato di “democrazia” – e parliamo piuttosto di regole del gioco condivise. Condivise almeno da chi gioca. Chi non gioca non dovrebbe essere costretto ad accettare i risultati del gioco. Invece non è così.
L – Chi non gioca, delega agli altri la decisione, si dice.
DG – In un’assemblea di condominio se voglio che siano altri a decidere per me devo consegnare a chi mi rappresenta una delega scritta. Altrimenti non delego proprio a nessuno il potere di scegliere per me.
L – Però in ogni caso siete obbligato ad accettare il risultato.
DG – Solo perché quando ho firmato il regolamento del condominio ho accettato anche le regole che ne fissano le procedure decisionali. E poi posso sempre cambiar casa, andare a vivere da solo in un luogo isolato. Un po’ più difficile, ad esempio, lasciare l’Italia per trasferirsi in Francia, dove vigono regole del gioco più o meno uguali. Ma per tornare alla Brexit: diciamo, correttamente, che per lo scarto di una percentuale minima, hanno vinto quelli che vogliono andarsene. Sarebbe bastato un nonnulla per capovolgere i risultati. Se è vero, come diceva Pascal, che fu il naso di Cleopatra a decidere le sorti dell’ Egitto, è il Caso, molto spesso, a condizionare le vicende umane, come in fisica basta un batter d’ali di farfalla in una parte del mondo a provocare un tornado in un’altra. L’uccisione della deputata laburista Jo Cox avrebbe potuto spostare verso il “remain” un numero di indecisi abbastanza alto da provocarne la vittoria. Così non è stato. Il battito d’ali della farfalla non è stato abbastanza vigoroso. Il naso di Cleopatra è stato troppo piccino. Puro caso! Altro che “volontà del popolo”!
L – Però dovete ammettere che l’Europa Unita dispiace a un gran numero di persone. Ci sarà pure un motivo.
DG – Certamente. E un’analisi sociologica del voto ci permette di chiarire che ad avversare questa Europa sono soprattutto i poveri, i ceti deboli, i vecchi. I ricchi, i benestanti, i giovani in gran maggioranza la vogliono. Questa spaccatura ci dice che c’è qualcosa che non va. Quest’Europa è proprio brutta.
L – Quindi a voi sta bene l'”exit”
DG – Neanche per idea. Un Superstato europeo non mi piace, perché non mi piace nessuno Stato. Ma l’idea di rintanarsi nei propri confini nazionali è un passo indietro, un ritorno alle antiche schiavitù. Anche l’idea della “sovranità” popolare che l’Europa Unita avrebbe espropriato alle vecchie nazioni è una gran fanfaluca. Non è che i sudditi italici siano più liberi se a governarli è un apparato pubblico con sede a Roma invece che a Bruxelles…
L – Però se all’oppressione di Roma si unisce quella di Bruxelles…
DG – La delega di sempre nuovi poteri a un organismo centrale indebolisce gli organismi locali.
L – Ma l’organismo centrale in questo modo diventa potentissimo e oppressivo.
L – Può essere, ma non è detto. Quest”idea secondo cui piccolo è sempre bello e gentile, grande sempre brutto e cattivo,è tutta da dimostrare. Talvolta gli imperi hanno fatto qualcosa di buono. Nelle tanto vantate poleis greche chi non era cittadino era messo ai margini. Chi non parlava greco era barbaro. Indubbiamente Alessandro Magno fu una canaglia come tutti i fondatori di imperi, ma il fatto di aver parificato greci e barbari sollecitando matrimoni misti e dandone per primo l’esempio è un gran passo verso il progresso civile. Il culmine di tale progresso sarà il messaggio di Cristo nell’interpretazione paolina, che solo grazie all’Impero Romano, con la sua mirabile organizzazione logistica in un contesto universalistico, si sarebbe potuto diffondere, diventando il cardine della nostra civiltà. E’ un male l’evoluzione degli Stati Uniti, dalle origini confederali a un federalismo sempre più spinto? Per alcuni aspetti, può essere. Però senza il potere di Washington la schiavitù sarebbe rimasta. Fu il risultato di una terribile guerra civile, scoppiata per motivi in gran parte tutt’altro che ideali. Ma bisogna essere ottusi e dogmatici per affermare che avevano ragione gli Stati del Sud perché si opponevano alla politica protezionistica della grande industria del Nord. La schiavitù è peggio del protezionismo.
L – Ma torniamo all’Europa. Quali benefici?
DG – Aver abbattuto secolari frontiere è un bene. Aver favorito il libero scambio è una scelta di valore inestimabile. Schengen è una grande conquista di civiltà.
L – Qualcuno dice: ma la libertà di commercio e di movimento è un diritto naturale, non dobbiamo considerarla come il dono grazioso di un sovrano…
DG – Sì, ma se è un sovrano a concedermela, non per questo ci devo sputar sopra. L’abolizione della schiavitù è un male perché imposta da un governo federale? La concessione della cittadinanza romana a tutti i sudditi, o quasi, dell’Impero, ai tempi di Caracalla era da rifiutare perché voluta da un monarca dispotico e antipatico,per motivi in gran parte fiscali? Se qualcosa è un bene in sé, dev’essere accolto con gioia, anche se viene dal diavolo.
L – Non ditemi che vi piace anche l’Euro!
DG – No che non mi piace, perché non mi piace la moneta monopolio delle banche centrali. Tra l’altro è stato introdotto in modo maldestro, provocando effetti collaterali poco piacevoli. Ad esempio, aumenti di prezzi che le agenzie di rilevamento ufficiali hanno sempre cercato di mascherare, ma i consumatori hanno vissuto sulla loro pelle. E’ assurdo introdurre una moneta unica in un sistema dove le politiche fiscali e di bilancio differiscono da Stato a Stato. La moneta dovrebbe essere l’ultima cosa. Dopo l’unità d’Italia per qualche lustro continuarono a circolare, accanto alla moneta ufficiale, le divise in corso negli Stati pre-unitari. Detto questo, va riconosciuto che l’Euro venne introdotto con la buona intenzione di evitare politiche monetarie troppo accomodanti, grazie a un controllo rigoroso della massa circolante. Una concezione “tedesca”, che non dispiaceva a un economista della scuola austriaca come Jesus Huerta de Soto: il quale cadde nell’errore di vedere nell’Euro una moneta tutto sommato abbastanza vicina al sistema aureo. Quale grande allucinazione! E’ bastata la crisi del 2008, con l’arrivo alla BCE di Mario Draghi a fare della politica monetaria dell’Europa la brutta copia di quella sempre perseguita dalla FED. Draghi fratellino della befana Yellen.
L – Ma allora fanno bene quelli che vorrebbero tornare alle monete nazionali.
DG – Vuoi scherzare? Sarebbe molto peggio. Quelli vogliono infilzare Draghi perché troppo “tedesco”!!! Vorrebbero una politica monetaria ancor più inflazionistica, accompagnata da una spesa pubblica ancor più consistente, a costo di gonfiare il debito oltre misura. Sperano in una svalutazione che darebbe fiato alle esportazioni. Quale sciocchezza! Aumenterebbero anche i prezzi delle materie prime e degli altri prodotti di importazione, così il presunto vantaggio sarebbe azzerato!
L – Allora, siete per l’Europa!
DG – Che, sia ben chiaro, non mi piace affatto. Ma tornare indietro sarebbe peggio. Da libertini, combatteremo contro il Superstato europeo. Ma non per tornare ai vecchi Stati, tanto meno per formare nuovi staterelli. E non mi si tiri in ballo, per favore, l’esempio delle poleis greche e dei Comuni dell’Italia medievale, o le comunità della lega anseatica. Il passato non torna, e quelle realtà, con tutti i loro pregi, avevano anche i loro gravi difetti. Qualcuno arriva addirittura a lodare il feudalesimo, perché in quel sistema il potere centrale era debolissimo. Vero, ma i feudatari potevano essere fior di canaglie. E se magari un sovrano pretendeva di abolire lo “ius primae noctis” faceva una cosa sacrosanta, anche se il suo atto era emanazione di un potere centrale. O sbaglio?
L – Ma la faccenda dello “ius primae noctis” è una panzana.
DG – Era solo per fare un esempio. E poi, panzana o non panzana, che bella storia ci hanno costruito sopra i nostri due papà Da Ponte e Mozart, partendo da una commedia di Beaumarchais.
Ringraziamo il Festival di Spoleto, che ce ne ha regalato un allestimento coi fiocchi! Davanti a tanta bellezza, alla malora la Brexit e l’Europa.

Giovanni Tenorio

Libertino