Stato laico di emergenza, come Concordato.
Lo dico a denti stretti: ha ragione il papa, almeno in punta di diritto. La Legge Zan violerebbe il Concordato. Invece il cattolicissimo Draghi dice una sciocchezza quando gli risponde che l’Italia è uno Stato laico, quindi ha piena sovranità in campo legislativo. Per due motivi. Primo, perché, laico o non laico, se un Concordato c’è – ed è addirittura recepito al più alto livello sul piano costituzionale – e una legge lo viola, la violazione non può essere negata in nome di un principio astratto che non è scritto da nessuna parte, in termini formali, nell’ordinamento legislativo. In secondo luogo, perché dove c’è un Concordato non c’è laicità. Un Concordato è sempre un do ut des: tu mi riconosci, come Chiesa, alcuni privilegi e io ti riconosco, come Stato, il legittimo esercizio della sovranità in ambito politico. Il Concordato tra l’Italia e la Santa Sede, recepito – purtroppo – dalla Costituzione repubblicana grazie alla connivenza tra cattolici e comunisti, i primi per devozione alla Chiesa, i secondi per accattivarsi il consenso dei credenti come capitale da investire nelle future lotte politiche, è una delle peggiori brutture passate dal Fascismo alla cosiddetta Democrazia, accanto al Codice Rocco con i suoi reati d’opinione, per non parlare d’altre perle. In un regime che pretenda di essere liberale che motivo si può accampare per giustificare un Concordato? Nessuno. Tutte le confessioni religiose hanno piena libertà di professare il loro credo e di fare proseliti, nel rispetto delle leggi vigenti. Per quale motivo una confessione deve pretendere di godere d’una particolare considerazione e di beneficiare di privilegi tutti suoi? I Concordati sono tipici delle dittature. Quello firmato a suo tempo da Mussolini e dal cardinal Gasparri non fa eccezione. La Chiesa doveva garantirai da eventuali colpi di mano del regime (il giovane Mussolini aveva dichiarato di voler “devaticanizzare” l’Italia) e Mussolini, nel momento in cui il Fascismo, superato il suo originario movimentismo per diventare a tutti gli effetti un regime, aveva acquisito una buona stabilità interna e un ampio consenso internazionale, doveva tendere la mano ai cattolicesimo ufficiale per completare la sua opera, presentandosi da un lato come coronamento del processo risorgimentale -terminato, sul piano militare,, con la Grande Guerra – e dall’altro come superamento del conflitto fra Stato e Chiesa che aveva lacerato l’Italia post-unitaria. Certo, il Concordato nelle forme oggi vigenti è per molti aspetti diverso da quello originario, perché è stato riformato di comune accordo fra le parti al tempo del governo Craxi, nel 1984. Sono caduti molti princìpi non più sostenibili, come quello della religione cattolica come credo ufficiale dello Stato italiano, che è quanto di più lontano si possa pensare dall’idea di laicità, Ma Concordato era e Concordato rimane. Con qualche bruttura in più, come il famigerato “otto per mille” che ogni contribuente italiano può assegnare alla Chiesa Cattolica o ad altre confessioni religiose riconosciute, secondo le sue preferenze. Un principio liberale, che mette tutte le confessioni sullo stesso piano? Nossignori, se uno si rifiuta di assegnare l’otto per mille a una confessione religiosa o chi per essa, tale otto per mille viene suddiviso fra tutte, ma non in parte uguali: la Chiesa Cattolica, che già si prende la fetta maggiore della torta, si accaparra anche una dotazione più sostanziosa di briciole, secondo il precetto evangelico: a chi ha sarà dato. L’inventore di questo bel congegno è di un altro topo di sacrestia, il prof. Giulio Tremonti, a quei tempi illustre sconosciuto, e destinato a diventare popolare grazie a Berlusconi, qualche lustro più tardi.
Ma facciamo finta che questa distorsione non esista, che tutti concorrano al sostegno delle loro Chiese secondo i propri desideri e che l’otto per mille rimasto senza assegnazione venga ripartito in parti uguali o rimanga allo Stato. Sarebbe sempre un meccanismo che di laico non ha nulla. Perché uno deve aiutare economicamente la sua Chiesa attraverso la mediazione dello Stato? Non può farlo direttamente? Non è più semplice? In questo modo le offerte diminuirebbero? Tanto peggio per le Chiese. Se i loro fedeli sono tiepidi, c’è qualcosa che non va nello svolgimento del loro ministero. Si mettano una mano sulla coscienza. Con le loro beghe lo Stato non ha niente che fare. Se lo Stato non ci fosse, dovrebbero arrangiarsi da sole. Forse ci guadagnerebbero non solo sul piano materiale, ma anche su quello spirituale, perché dovrebbero smettere di “puttaneggiar co’ regi”, come soprattutto la Chiesa Cattolica ha sempre fatto.
Torniamo al nostro discorso iniziale. Il papa ha ragione, Draghi balbetta frasi senza senso.
Ma la ragione del papa, per quanto ineccepibile in ambito giuridico, rimane una ragione squallida, rivendicata pro domo sua. Al papa non interessa la libertà di tutti, gli interessa la libertà di predicare la propria dottrina senza limitazioni. Giustissimo, ma questo deve valere per tutti. Anche per le altre confessioni religiose, anche per gli atei. La discussione va posta su un piano ideale, non su quello degli interessi di bottega, il problema non è quello di garantire libertà alla Chiesa Cattolica, ma a tutti, senza distinzione. E per garantila a tutti non c’è bisogno del Concordato, anzi il Concordato può essere di intralcio, perché garantisce privilegi, a soggetti particolari, non diritti universali. La legge Zan è un abominio perché introduce nuovi reati d’opinione, restringendo la libertà di pensiero, con il pretesto di difendere minoranze discriminate che in realtà già godono di solide tutele legislative. Il problema non riguarda soltanto i cattolici. Draghi avrebbe dovuto rispondere: “Proprio perché l’italia, a dispetto del Concordato, che ne ménoma la laicità, rimane fondamentalmente un Paese liberal-democratico, c’è da star sicuri che il Parlamento correggerà la legge Zan nei suoi aspetti meno accettabili, nel pieno rispetto della Costituzione; e, in ogni caso, nell’ordinamento repubblicano, non mancano i meccanismi istituzionali per dichiarare illegittimi eventuali provvedimenti non conformi alle libertà costituzionalmente garantite: libertà che valgono per la Chiesa, come ribadito dall’art. 2, commi 1 e 3 dell’accordo di revisione del Concordato, ma né più né meno per tutti gli altri soggetti. Questo sarebbe un discorso da vero statista. Ma Draghi non è uno statista. Se il suo predecessore Conte era uno scappato di casa piovuto lì non si sa da dove, lui è il luogotenente dei poteri forti messo al posto giusto per traghettare l’Italia verso un porto ben definito. Si riempie la bocca di libertà e democrazia ma, da buon rampollo della Goldman Sachs non gli importa nulla né dell’una né dell’altra. Lo scivolamento verso la dittatura, che con Conte procedeva in modo erratico, con lui procede con la precisione inesorabile di un raffinatissimo algoritmo, come quelli con cui ha messo in ginocchio la Grecia, mandato a gambe all’aria il Monte dei Paschi e prodotto la bolla speculativa del “Quantitative Easing”, a beneficio degli amici banchieri e finanzieri. La sua prossima mossa sarà la proroga dello stato d’emergenza: un vulnus costituzionale che si configura come attentato contro la personalità dello Stato. Pensate che qualche magistrato si farà avanti? Nel Bel Paese la Magistratura ha sempre fatto schifo e si è sempre allineata al potere. Quando si dice che Azzariti, dal Tribunale della Razza passò come se niente fossse alla presidenza della Corte Costituzionale, vengono i brividi… Tutti sono con Draghi. Marta Cartabia, ministra della Giustizia (sic), che ha già provveduto a redigere le norme per l’obbligatorietà della vaccinazione nel comparto sanitario, provvederà anche a redigere una normativa generale per vaccinare tutti, anche i bambini appena nati. Il Capitan Spaventa con la piuma sul cappello provvederà a stanare i renitenti. Ci sono i gesuiti ipocriti, gli statisti, gli scappati di casa, le maschere della Commedia dell’Arte e i criminali. Scegliete voi in quali di queste caselle collocare i nostri personaggi. Ce n’è una di troppo.
Comunque la Cartabia ha il merito di essere una fine mente di gran cultura, un soffio di aria pura nella palude dell’ignoranza di gente come Alfano, Mastella, Bonafede.
Personalmente mi ha conquistato con la l.m. citata sotto, inducendomi a leggere almeno parzialmente le Eumeidi e scoprendo quanto possano essere attuali e affascinanti le tragedie greche che io ho sempre detestato.
Consigliatissimo.
cortecostituzionale.it/documenti/composizione/risorsePaginaPresidente/eventi/CARTABIAROMATRE.pdf
EC: EumeNidi.
Chissà poi perchè ci deve lavorare la Cartabia all’obbligo vaccinale anzichè solo Speranza. Sarà perchè hanno finalmente capito che razza di incapace non autosufficiente è Speranza e gli hanno assegnato una badante?
La Cartabia è persona di eccelsa cultura, che predica bene e razzola malissimo, partecipando senza alcuna remora a un governo che, sulla scia di quello precedente, ma con molto maggior destrezza ,- com’è ovvio, vista la distanza siderale fra il livello intellettuale di Conte e quello di Draghi – sta continuando a stracciare in modo osceno quella Costituzione alla quale tutti, destra, sinistra ,centro, ipocritamente si inchinano per poi sputarci sopra. Mi permetto di far notare alla Signora che citare le Eumenidi le si può rivolgere contro, in grazia di quella legge Zan contro la quale non mi risulta che abbia sollevato obiezioni. L’ha letta bene quella tragedia, di là dai fiochi ricordi scolastici? Rammenta con quale argomentazione Apollo giustifica moralmente il matricidio perpetrato da Oreste? Il maschio dà il seme, la femmina si limita a coltivarlo. Il figlio, in quanto seme del padre, ha quindi il diritto di vendicare il sangue paterno che la madre ha sparso con un atroce delitto. Atena accetta l’argomentazione e la fa propria, coronando col suo voto di assoluzione il verdetto unanime dell’ Areòpago ateniese Gentile Signora, questo è maschilismo del più bieco. La trilogia eschilea non potrà più essere pubblicata, e tanto meno proposta a scuola, per non indurre i giovani alla discriminazione di genere, aggravata dal prestigio che indebitamente i classici si vedono conferire, a dispetto del loro sessismo e sel loro razzismo. All’Università di Princeton si è deciso che ci si può laureare in Lettere Classiche senza conoscere il Greco e il Latino, leggendo i testi in traduzione. Benissimo. E’ il primo passo verso l’abolizione totale della cultura umanistica, che con la transizione ecologica e la digitalizzazione non ha nulla da spartire.
Leggendo i testi in traduzione? E fra venticinque o cinquant’anni chi li tradurrà più?
Già oggi strumenti come “google translator” danno traduzioni abbastanza accettabili dei testi, se confrontate con quelle fesserie tragicomiche interlineari alla Biglino che ci regalavano una decina di anni fa. E da prevedersi che tra qualche lusro g.t. e i suoi simili saranno perfezionati al punto tale di rendere del tutto superfluo lo studio delle lingue, se non per passione personale.
Caro Max, spero che Lei stia scherzando. Affidare a una macchina la traduzione di Tucidide, che in alcuni punti mette in crisi i più acuti studiosi? Ricordo un docente universitario che confessava le sue difficoltà di fronte alle splendide, ma linguisticamente ostiche “demegorie” di cui è costellata l’opera del più grande storico dell’antichità. Chi insegnerà alle macchine a tradurre? Altre macchine? Con quale consapevolezza di quel che stanno facendo? Con quale acribia linguistica, con quale gusto estetico, con quale capacità di contestualizzazione storica? Penso di averlo già detto, ma lo ripeto: sono più che mai convinto che, procedendo di questo passo, avremo un futuro nel quale non saremo schiavi delle macchine, come qualcuno ritiene, ma ci troveremo impotentoi di fronte a macchine che, data la nostra ignoranza, dovuta alla decadenza della scuola (quella in cui ci si può laureare in Lettere Classiche non sapendo una parola di Grewco e di Latino), non saremo più in grado di riparare, così come negli anni bui del Medioevo non si era più in grado di voltare nuove cupole, quando crollavano quelle vecchie, o di restaurare gli acquedotti costruiti dai provetti ingegneri dell’Impero Romano. Quanto alle traduzioni di Biglino, guardi che tutte le traduzioni interlineari, di qualsiasi testo, sono condotte con i medesimi criteri. Si cerca di rimanere vicini il più possibile al significato letterale, per evitare equivoci. Un conto è una traduzione letterale, verso per verso, dell'”Eneide” di Virgilio, un conto la “bella infedele” di Annibal Caro. Una “bella infedele” che -sia ben chiaro- le macchine non riusciranno mai a imitare. Lo stesso si dica per l'”Iliade” tradotta da Vincenzo Monti, che una volta si leggeva nelle scuole medie (non mi ricordo più chi ne deprecava la consuetudine sulle colonna del “Corriere della sera”: era un noto intellettuale di quei tempi, che ragionava da pirla, senza sapere di esserlo, per dirla con Montale) .Le mie sono le parole di un reazionario? Benissimo. Ricordo però che è stato l’inventore del microchip, Federoico Faggin, a dire che dentro le cosiddette “macchine intelligenti” c’è il buio.
Quindi, visto il progresso automobilistico, anche l’apprendimento della camminata sarà superfluo a parte l’eventuale passione personale. E il giorno in cui un guasto al sistema di translazione dovesse verificarsi, non traduciamo e blocchiamo tutto. Senza contare che i linguaggi evolvono e involvono, rendendo sempre necessario un aggiornamento delle traduzioni stesse. Qualcuno, appassionato o meno, che sovraintenda al funzionamento delle traduzioni dei translatori dovrà sempre esserci. E poi non è questione solo di passioni ma di necessità culturali. Saper riconoscere è l’unica didattica per il conoscere. E il conoscere è l’unico elemento che ci distingue biologicamente dagli altri animali come dal regno vegetale. Indubbiamente si può ipotizzare o anche auspicare l’annullamento umanistico della specie, cosa che gli pseudoscienziati dei nostri giorni stanno pianificando. Ma stento a comprendere come si possa accettare ed adorare Mengele; magari sostenendo di professare la fede cattolica! Le macchine risolvono in un battibaleno anche i più complicati logaritmi, non per questo ci si deve laureare in matematica senza essere in grado di risolvere un’addizione. Adoro le macchine per la loro velocità di soluzione ma voglio essere il loro proprietario, non la loro proprietà. Che poi significherebbe essere proprietà di quei pochi furbi che si guardano bene dall’applicare a loro stessi la devozione scientista che vanno predicando per tutelare i loro non sempre leciti, comunque non sempre legittimi, interessi.
Avete formazioni umanistiche, non immaginate neppure cosa sono in grado di fare le I.A. (anche in fatto di autoapprendimento). Comunque specifichiamo per benino che ovviamente un nocciolo duro di professionisti permarrà necessariamente per insegnare alle macchine. OK?
Ma chi studia oggi le lingue per turismo, potrà benissimo evitare di farlo (se vuole) e con i traduttori vocali potrà cavarsela benissimo ovunque nel mondo.
Ritengo poi che il 90% delle persone che campano con le lingue (interpreti e traduttori) sparirà. Meno male, molti sono parassiti belli e buoni che campano su altri parassiti, pensiamo a tutti i resoconti e traduzioni simultanee di Strasburgo e Brussels.
La macchina tradurrà i testi in pochi secondi; solo nei casi complessi in seconda passata gli esperti rifiniranno il lavoro (che però sarà ridotto al 10% rispetto a prima).
(di Tucilide & Co. però ne esistono di ogni, che ce ne facciamo di altre?)
Tutti i grandi scienziati, da Copernico e Galileo a Keplero a Newton ad Einstein a Fermi hanno avuto e hanno una formazione umanistica. A rifiutare l’Umanesimo sono le scartine. Mi risulta che Einstein leggesse la Critica della ragion pura di Kant. Mi chiedo come si possa studiare Matematica senza saper nulla di Platone o senza conoscere Diofanto. Mi chiede se Copernico avrebbe proposto la sua teoria eliocentrica senza conoscere Pitagora e Aristarco di Samo. Sarebbe ora di lasciar perdere l’idea goffa delle due culture. Le discipline sono tante, il Sapere è uno solo, anche se oggi stupidamente si parla di “saperi” al plurale, come se esistessero i vederi, i sentiri , i diri, i fari, i mangiari, ecc. ecc.
Se è per questo un tempo l’astronomo era anche astrologo, infatti Galileo campava bene anche di oroscopi. Questo per il solo fatto che un tempo il sapere era più limitato, quindi nella vita ci si poteva occupare di un po’ di tutto.
Ora essendosi allargato il sapere ovviamente si deve optare per le specializzazioni.
Un tempo c’era il leguleio buono per tutto, ora c’è il civilista, il penalista, il tributarista, il matrimonialista, il divorzista… Ma non vedo il nesso.
Comunque si può essere benissimo un genio della matematica essendo ignorante nel resto, addirittura si può essere idiot savant (e sarebbe auspicabile per taluni, almeno non farebbero danni come Piedifreddi).
Il mio matematico preferito non mi risulta sapesse gran che di altro (anche perchè crepò a 19 anni infilzato come un tordo), ma vi assicuro che Einstein si sarebbe tolto il cappello al suo cospetto e gli avrebbe tributato un inchino. Lascio a voi come indovinello capire chi era.
Caro Max, anche noi umanisti stupidotti sappiamo chi è Evariste Galois, che non morì infilzato, ma fatto secco da una pistolettata in un duello dovuto forse a questioni amorose. Fra i miei matematici preferiti c’è invece Hermann Guenther Grassmann, che era anche grande umanista, studioso di sanscrito e di lingue orientali: la legge della “dissimilazione delle aspirate” nella lingua greca antica porta il suo nome. Per quanto mi riguarda, non ho stima né dei tuttologi né degli espertissimi ignorantissimi. Per inciso: il mio papà Mozart era un grande appassionato di matematica, e anche con il latino se la cavava piuttosto bene. Alessandro Scarlatti diceva che la Musica è figliola della Matematica. Nel medioevo la Musica faceva parte del Quadrivio, con l’Aritmetica, la Geometria e l’Astronomia. Era una materia scientifica.
A dire il vero, nonostante la mia conoscenza sia scarsa per quello che riguarda le materie umanistiche e più navigato nella pratica tecnica, non sarei cosi fiducioso nei confronti intelligenza artificiale. In primo luogo non abbiamo una definizione di intelligenza univoca nemmeno per quella naturale (o, per meglio, dire “umana”) quindi difficile darne una valutazione quantitativa.
Se parliamo di macchine che, sulla base di un principio di valutazione “instillato”, riescono a valutare rapidamente grandi quantità di dati trovando una logica che all’occhio lento dell’uomo sfuggirebbe, sono d’accordo nel vedere delle potenzialità, ma visto che nella Scienza (maiuscolo, inteso come processo di appredimento in senso lato) si vede solo quello che si decide di cercare, qualsiasi processo di AI sarà influenzato dal rispettivo creatore, quindi castrato.
“Intelligenza Artificiale” è una contradictio in adiecto. Se è intelligenza non è artificiale, se è artificiale non è intelligenza. Non lo dice Don Giovanni, che è sempre stato in somarello, ma Karl Popper. Un altro che, quanto a cultura umanistica, non era secondo a nessuno. Conosceva la Matematica e la Fisica alla perfezione, e leggeva Platone in greco. IA? A me, che, come dicevo sono sempre stato un somarello, ricorda il raglio dell’asino.
La formazione umanistica “militante” si riflette proprio in queste cose:
– spaccare il capello in quattro per fare sofismi su un possibile ossimoro;
– celebrare bagliori e fasti di tempi morti e sepolti;
– scandalizzarsi per un divertissement d’avanguardia di Morricone (e per tutte le avanguardie atistiche in genere);
– parteggiare per una professoressa bastarda che stangava i poveracci e disprezzare Don Milani che li difendeva, li istruiva sul contratto dei tessili, li mandava a lavorare in Francia, Germania, Inghilterra dove imparavano le lingue straniere (pensate che voleva dire per loro nella rurale Barbiana degli anni 50), lingue straniere che quella professoressa grandissima stronza cattedratica se le sognava.
La formazione umanistica militante oggi è un motorino a miscela 2% a cui è interdetto l’accesso all’autostrada del progresso. Dimenticasi di averla, ogni tanto, rilassa e può solo giovare.
(Bravo per Galois, anyway)
Rimane il fatto che se il traduttore vocale si guasta o gli si scarica la batteria, non conoscendo la lingua posso essere licenziato dall’operatore turistico. Se succede a Strasburgo meglio così ma davanti alla Toure Eiffel diventa imbarazzante. Inoltre i tempi di dialogo si allungano con il traduttore elettronico. Vanno comunque considerati anche aspetti meno utilitaristici di quelli legati al turismo, quelli relativi alla traduzione delle opere letterarie; specialmente se tali opere sono in versi. E’ cosa ben diversa da “scusi, dove si trova Bond Street?” “A destra, dopo il monumento di Edoardo VIII”. Avere una formazione umanistica non significa automaticamente non avere idea di cosa siano in gradi di produrre i macchinari. Nel mio caso è così, effettivamente non ho idea; ma non è detto che valga per tutti, compresi Don Giovanni e Leporello.
La guida turistica e i traduttori di opere in versi faranno parte dei professionisti che studiano le lingue per scelta, passione e mestiere. Invece i turisti-fai-da-te-no-alpitour sapranno anche portarsi una batteria di scorta e uno smart di scorta.
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Rimane invece il fatto che comunque il Colla non è mai contento.
Che Colla non sia mai contento è la verità. Non so se sia anche un difetto, non è detto, credo rimanga comunque un diritto. Non è che si debba essere obbligati a condividere, pur rispettandole, le ragioni e le argomentazioni altrui.
Poi io ho parlato di traduzione interlineare, non letterale.
La traduzione interlineare è la più basica possibile, esemplificata molto bene qui:
iltalebano.com/2020/03/12/biglino-semplicemente-imbarazzante/
dedicata agli esperti, in cui si capisce poco o nulla se non si conosce bene la lingua di partenza.
E’ stato il primo passo che si è ottenuto dall’I.A.
Ora le traduzioni online sono ad un secondo stadio: traduzioni discrete, comprensibili anche a chi non conosce la lingua di partenza, ma che ancora zoppicano in molti contesti e che sono ancora molto lontane dalla perfezione. Queste le chiamerei letterali, poi magari sbaglio io (ma per un nazidada l’essenziale è capirsi).
Arriveranno anche gli stadi successivi.
Forse l’amico Max non ha ancora capito che qui non si difende l’Umanesimo contro la Scienza, che sarebbe una battaglia da poveri di spirito. Qui si difende la cultura contro l’ignoranza, l’atteggiamento critico contro il dogma. Quanto all’immagine che si vuol esibire della cultura umanistica, mi permetto di osservare, chiedendone venia, che non fa onore a chi la propone. Che c’entrano gli ossimori, che c’entra Morricone, che c’entrano le avanguardie?. Che c’entra Don Milani? E le professoresse stronze? Anch’io di precettori stronzi ho grande esperienza, come ho già avuto modo di ricordare. M permetto di ribadire che ogni vera cultura, anche quella prettamente scientifica, deve essere umanistica in senso lato, in quanto nasce da un’esigenza umana Un’esigenza che da un lato mira a risolvere problemi pratici e a soddisfare pure curiosità intellettuali, dall’altro non può non porsi il problema del senso della vita. Un mio amico diceva che quest’ultimo è un problema mal posto. Senza saperlo, ripeteva in modo rozzo quanto diceva Wittgenstein: di ciò di cui non è possibile parlare bisogna tacere. Però aggiungeva: peccato che siano proprio questi i problemi più importanti. Se la vita non ha un senso, vale proprio la pena di allungarla più che si può, come molti sedicenti “scienziati” – in realtà, tecnorati- sognano? Leopardi pensava di no. Un umanista da strapazzo anche lui? Margherita Hack (Liceo Classico Galileo di Firenze, poi laurea in Fisica) ha continuato ii trattatello astronomico del Recanatese,, scritto in giovanissima età, fino alle più recenti scoperte, senza nulla aggiungere all’originale, che per i suoi tempi era aggiornatissimo. Faccio punto, e prometto solennemente che non ne parlerò più.