Don Giovanni

Ribelle con licenza

Quattro anni fa, in una sera d’estate, mi trovavo alla stazione ferroviaria di Taranto. Dovevo prendere un treno per Ancona. Mancava ancora un po’ di tempo alla partenza, ma poiché le carrozze erano già pronte sul binario e vi si poteva accedere liberamente, decisi di salirvi e di prender posto. Dopo qualche minuto vidi un giovane mal in arnese che, trafelato, percorreva di corsa il corridoio, evidentemente per sfuggire a qualcuno che gli stava alle calcagna. Ebbi l’impressione che fosse un immigrato clandestino inseguito da un paio di sbirri. Che infatti comparvero subito dopo, quando la  preda era già riuscita a raggiungere un’altra carrozza, sottraendosi alle loro grinfie. Li vidi perplessi: dove mai si era cacciato? – Cercate per caso un clandestino? – chiesi – Sì. L’ha per caso visto? – Certo, un momento fa. E’ andato da quella parte -. E, nel dir questo, indicai il senso opposto a quello verso cui il malcapitato si era diretto. Non so se sia riuscito a farla franca. Spero con tutto il cuore di sì. Del mio gesto non mi devo né vergognare né vantare. Era, in coscienza, un atto dovuto. Una questione di coerenza. Sono un anarchico. Fosse per me, non dovrebbero esistere né Stati né confini né sbirri. Uno dovrebbe potersi muovere liberamente come vuole. La Terra è di tutti. Qualcuno ha tracciato confini? Cosa loro, non mi riguarda. Purtroppo, per poterli superare, devo munirmi di documenti d’identità o di passaporti. Devo magari dichiarare, a una poliziotta dalla faccia da schiaffi, quanti giorni ho intenzione di fermarmi a Ginevra, come mi capitò anni fa in Valle d’Aosta al confine con la Svizzera. Ma se un altro lo fa clandestinamente, sottraendosi a ogni controllo, mica lo considero un delinquente. Fin che non ruba, non aggredisce, non fa del male al prossimo per me è una persona onesta. Presunto innocente, alla faccia del forcaiolo Davigo, che presume tutti colpevoli. Lo so che, per gli amanti dello Stato, delinquente è chi la legge considera tale. Quel giorno che dovessero proibire per legge di bere Marzemino, diventerei immediatamente delinquente anch’io, e forse finirei in manette. Negli Stati Uniti, al tempo del proibizionismo, commerciare e consumare sostanze alcoliche era un reato, proibito addirittura da un emendamento costituzionale, che per fortuna qualche anno dopo fu abrogato. Io non sono un amante dello Stato, che anzi ritengo la più potente e pericolosa delle mafie. Quindi quel che lo Stato considera reato per me, in moltissimi casi, reato non è. Non certo drogarsi, ubriacarsi, giocare d’azzardo, farsi pippe, prestare a usura, spacciare sostanze psicotrope, coltivare OGM, piratare prodotti elettronici, violare diritti di proprietà intellettuale, far pernacchie alla SIAE, andare a puttane (quando si tratti di donne che  abbiano scelto liberamente di svolgere la professione più antica del mondo, di gran lunga più nobile di quella della vigilessa o della poliziotta). Non certo muoversi liberamente attraversando le frontiere: chi le ha stabilite, magari in seguito a una guerra che è costata migliaia di morti, quello sì lo considero un delinquente. Purtroppo nessuno lo punisce, come chi invece ruba, froda, ferisce , uccide per motivi squisitamente privati. La guerra non è un reato, e chi uccide in guerra diventa talvolta un eroe. Vi piace questo mondo? Tenetevelo. A me no. E’ questione di coerenza, dicevo sopra a proposito del mio gesto, che forse, per lo Stato, si configura come reato di favoreggiamento. Proprio per questo vorrei che, come io da antistatalista mi comporto da antistatalista, così gli statalisti si comportassero da statalisti. Chi mi legge sa che vedo Salvini come il fumo negli occhi. Credo che la sua politica di contenimento dell’immigrazione sia stata soltanto ostentazione di muscoli, a fini elettorali, per alcuni aspetti non soltanto disumana ma anche controproducente. Chi mi legge sa anche quanto mi irriti un personaggio come Carola Rakete, che non è una novella Antigone, come la dipingono tanti imbecilli, ma una ragazzotta bisunta e scarmigliata, assurta agli onori della ribalta mediatica grazie al gran chiasso che ha saputo sollevare con il suo gesto delinquenziale. Sì, delinquenziale per la legge dello Stato, ma anche per me. Non perché ha violato l’ordine impartitole di non entrare in porto, e neppure perché ha speronato una nave militare, ma perché ha corso il rischio di uccidere o ferire esseri umani (che una nave militare si accartocci può anche farmi piacere. Che muoia chi ci sta sopra, no, anche se aborro le divise). Tutti gli statalisti dovrebbero deprecarla, molto più di me: io per una ragione sola (ha rischiato di uccidere esseri umani), loro per tre (ha disobbedito agli ordini di un’autorità legittimata a impartirli; ha speronato una nave militare; ha rischiato di uccidere essere umani). “Dessi aborrir per tre”, come diceva Vittorio Alfieri in una brutta poesiola contro il papa. Invece, a sinistra e non solo, è diventata un’eroina. Ora si esulta perché la Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso della Procura contro la sentenza del Gip che delegittimava la richiesta dell’arresto per la ragazzotta imputabile dei reati sopra ricordati. Sarebbe giusto, forse, prima di esprimere un giudizio, aspettare di leggere la motivazione della sentenza, ma, a costo di apparire temerario, non posso esimermi dal pensare che i magistrati della Cassazione siano belle teste di legno, per non dire di peggio (sto commettendo un altro reato, vilipendio alla Magistratura; e me ne vanto: il che costituisce un’aggravante). Immagino già quale può essere la motivazione della bislacca sentenza: la nave della Guardia di Finanza non può essere considerata nave militare, e la Rakete ha violato la legge per un fine superiore, quello di portare a salvamento esserei umani. Al che mi sento di ribattere: gli agenti della Finanza sono o non sono militari? Sì. E allora le loro navi sono navi militari. La Rakete ha disubbidito a un ordine impartitole da un’autorità competente? Sì, e allora ha commesso un reato. Ha compiuto una manovra pericolosa, mettendo a repentaglio vite umane? Sì, e allora ha commesso un reato. Le ragioni umanitarie sono fasulle. Il salvataggio dei naufraghi era già stato compiuto; altra cosa era la pretesa di sbarcarli in territorio italiano, da una nave che, battendo bandiera olandese, era territorio olandese. In ogni caso, anche se fossero autentiche,  non c’entrano nulla con la Legge. Chi viola la Legge deve essere punito. Se uno lo fa come atto di disubbidienza civile, dev’essere ben contento di andare sotto processo e finire in carcere. Troppo comoda la disubbidienza civile “con licenza de’ superiori” . Ma vogliamo scherzare? Chi ama lo Stato pretenda che le leggi dello Stato siano rispettate. Lasci che siamo noi anarchici a violarle: non facendo i furbastri, ma subendone tutte le conseguenze. Per dimostrare al mondo che lo Stato è la masnada di delinquenti più pericolosa che ci sia.

Giovanni Tenorio

Libertino

3 pensieri riguardo “Ribelle con licenza

  • A meno che non avessi visto poco prima con i mie occhi un fatto turpe commesso dal fuggiasco ferroviario, io avrei agito nello stesso modo. La motivazione però sarebbe stata quella di stare sempre col più debole nel momento in cui accade un fatto, tanto per non sbagliare; presupporre che il tizio fosse un povero clandestino comporta già un embrione di giudizio e io voglio evitare il più possibile di fare il giudice.

    C’è una scena in cui a Fernando Rey – diretto da Buñuel in “Quell’oscuro oggetto del desiderio” – accade un fatto simile e agisce in base alla motivazione citata. Buñuel era anarchico.

  • Sono d’accordo. Se non ho la certezza che la persona perseguita ha commesso un’azione direttamente lesiva dei diritti altrui, da anarchico sto con il soggetto debole, cioè con chi è costretto a sottostare a un’azione lesiva dei propri diritti di libertà, non importa se messa in atto da un comune cittadino o da un individuo che, per il solo fatto di vestire una divisa, si considera autorizzato a esercitare la violenza anche fuori dei casi in cui si rende necessaria come legittima difesa. Grazie per avermi ricordato quella sequenza -del tutto consona al nostro discorso- del bel film di Buñuel, che a suo tempo apprezzai e avrei piacere di rivedere.

  • Alessandro Colla

    Bunuel non era solo anarchico, era anche un genio. Se i geni sono anarchici, forse c’è qualche speranza.

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