Don Giovanni

Tutti contro tutti?

Cari amici, vi confesso che attualmente porto al fianco una spada di latta, del tutto inoffensiva, come quella dei Carabinieri in divisa da parata. Una specie di giocattolo, nulla di più, tant’è vero che nessuno ha mai avuto niente da ridire, tranne una volta un vigile urbano (ma sappiamo tutti che gli agenti delle sgangherate Polizie Locali sono i più ignoranti e presuntuosi fra tutti coloro che servono lo Stato vestendo una divisa). Una volta portavo una spada vera; ma chi mi conosce sa bene che anche allora la sfoggiavo più che altro come elegante ornamento. La usai solo due volte: la prima, quando misi in fuga una banda di malfattori che stavano assalendo un gentiluomo ( poi scoprii, povero me, ch’era fratello di Donna Elvira); la seconda quando, mio malgrado, dovetti battermi con il Commendatore, quel vecchio infatuato che ci rimase secco.

In somma: a me le armi non piacciono. Quelle bianche, ancora ancora. Quelle da fuoco, proprio no. Ed è per questo che ho storto il naso quando tre anni fa, a Spoleto, il regista Giorgio Ferrara, in un allestimento nel complesso pregevole dell’Opera mozartiana a me intitolata, mi fece uccidere il Commendatore con una pistolettata. Ero in incognito, e non volevo farmi scoprire; ma avrei gridato volentieri: “Eh no signori miei, così non va! L’unica pistola che io conosco, e uso in modo provetto, è un’altra. Colpisce le donne, che ne provano gran gusto”.Perdonate la lunga premessa, ma la ritengo necessaria per evitare che qualcuno mi ritenga un grande fautore del porto d’armi libero. Preferirei che nessuno portasse armi, a meno che non siano spade-giocattolo di latta come la mia o quelle dei Carabinieri. Devo però riconoscere che, da anarchico qual sono, non posso impedire a nessuno di portare armi. Tanto meno posso rifiutare che uno usi le armi per legittima difesa. Se lo stato non esistesse, non ci sarebbero problemi. Uno potrebbe essere armato o non armato. Se aggredisce qualcun altro, quest’altro ha diritto di difendersi. Punto e basta. Purtroppo, però, lo Stato c’è; e allora si pone il problema: può un cittadino difendersi da solo, o deve sempre chiamare i Carabinieri, magari sentendosi rispondere dal piantone che sono tutti fuori in servizio d’urgenza? Ne abbiamo già parlato, e non vorrei ripetermi. Qui invece vorrei affrontare il problema da un’altra angolazione. Una delle “verità” più inossidabili che si si sentono ripetere è che il monopolio della violenza, riservato a sé dallo Stato come ragione prima della propria legittimazione, è imprescindibile, perché se non esistesse un’autorità regolatrice capace di arginare e sanzionare ogni violenza privata, si avrebbe un “bellum omnium contra omnes”, come diceva Hobbes. Io non sono del tutto sicuro che le cose stiano così. Non credo che la maggior parte degli esseri umani siano canaglie. Tra l’altro, basta un minimo di intelligenza per capire che è molto più utile, anche nel proprio egoistico interesse, vivere in una società fondata su rapporti di cooperazione che in una società violenta. Conosco già una delle possibili obiezioni: società senza Stato (intendendo il termine in senso lato, come istituzione coercitiva sovraordinata a un determinato consorzio umano, di solito entro un territorio definito da confini), forse con qualche eccezione fra le popolazioni più primitive, finora non se ne sono viste. Quindi vuol dire che lo Stato è una necessità, tanto più rilevante quanto più una società è progredita. Anche questo è tutto da dimostrare. Una volta si diceva che la schiavitù era necessaria. Le poche voci che si levavano contro di essa erano ignorate o zittite. Anche San Paolo comandava agli schiavi di obbedire ai loro padroni. Oggi la schiavitù ci fa orrore e nei Paesi cosiddetti civili è stata abrogata. Il che non significa che non esistano altre forme subdole di subordinazione molto simili alla schiavitù (si pensi, per fare un esempio, al caporalato nelle campagne del Sud Italia, e non solo lì), ma questo è un altro discorso, che non possiamo trattare ora, e forse sarà oggetto di qualche riflessione in altre occasioni. Può esistere un’economia di mercato senza schiavi? Io dico di sì, anche se per lungo tempo non è stato così. E allora, perché non dovrebbe poter esistere una società senza Stato, anche se finora non se n’è mai vista una? Un’altra obiezione a favore del monopolio della violenza, e contro la libertà del porto d’armi privato, è questa: se permettiamo a tutti di armarsi a piacimento, costruiamo una società violenta. Le armi prima o poi sparano, e non solo per legittima difesa. Quindi vanno limitate, o proibite del tutto. Facciamo finta per un momento che questa considerazione sia corretta. Va bene: le armi prima o poi sparano. Quanto più numerose sono, tanto più grande è il pericolo che vengano usate, per fini pretestuosi (magari fingendo una legittima difesa che in realtà è un’aggressione). Ma se le cose stanno così, chi è il più grande possessore di armi micidiali? Lo Stato! O meglio, gli Stati. Perché allora non dovrebbero farne uso, sempre a fini aggressivi, mascherati da nobili motivazioni (la difesa della Patria, ecc. ecc.)? Pensiamo alla Prima Guerra Mondiale, per quel che riguarda l’Italia. Le motivazioni dell’intervento erano più che nobili. Anche i cervelli più fini la presentavano come l’ultima guerra del glorioso Risorgimento, che avrebbe completato l’unità della Patria Italia. In realtà fu una guerra d’aggressione, combattuta contro governi di Stati alleati, per la conquista di territori in gran parte estranei alla nazionalità italiana. Il bel risultato fu quella che D’Annunzio chiamò”Vittoria mutilata”, conquistata al prezzo di centinai di migliaia di morti e feriti. Il Fascismo cominciò di lì. Anche la bella palla al piede dell’Alto Adige, o Sud Tirolo che dir si voglia, è un bel regalino  arrivato dalla Grande Guerra. Il monopolio della violenza degli Stati ha portato a un accumulo di armi micidiali da far paura. Al tempo della “guerra fredda” si temeva, prima o poi, una catastrofe scatenata da un conflitto nucleare fra le due superpotenze, Stati Uniti e Unione Sovietica. L’abbiamo scampata bella. Ma le cose non sono andate come immaginava quel coglioncello di Francis Fukuyama, che vedeva tutto rosa grazie al trionfo su scala planetaria delle pacifiche democrazie liberali. Il mondo è ancora più armato di prima. Henry Kissinger, che alla veneranda età di 96 anni ha ancora una mente lucidissima, recentemente ha affermato che la situazione mondiale odierna assomiglia alla vigilia della Prima Guerra Mondiale. Siamo come al tempo della “Bella Epoque”, che bastò la scintilla dell’attentato di Sarajevo a far deflagrare, come nessuno si sarebbe aspettato. Quale sarà la nuova Sarajevo? Vi confesso che la mossa bellica di Trump mi fa correre un brivido lungo la schiena. Siamo alle solite. Si compie un atto di guerra con i più nobili pretesti. In questo caso, si proclama di aver voluto colpire un personaggio che brigava per organizzare attentati terroristici contro gli avversari dell’Iran. Mossa preventiva, quindi. Può darsi. Non posso non ricordare, però, che anche Bush junior sferrò l’attacco contro l’Iraq con il pretesto che il regime di Saddam Hussein nascondeva potenti armi di distruzione di massa. L’allora segretario di Stato Colin Powell arrivò addirittura a proiettare in pubblico alcuni filmati che sembravano confermare senz’ombra di dubbio le motivazioni addotte per la dichiarazione di guerra. Dopo il bel disastro causato dalla “liberazione” dell’Iraq (che, tra l’altro, ha avuto tra le sue conseguenze il rafforzamento del regime iraniano, contro cui quello di Saddam costituiva un potente gendarme) si è scoperto che le armi di distruzione di massa erano pura invenzione della propaganda americana. Può anche darsi che Soleimani, il bersaglio di Trump, fosse davvero il burattinaio di tanti atti terroristici. Ma perché l’ha colpito solo adesso? Si fa peccato a pensare che il pericolo dell'”impeachment” e la vicinanza delle elezioni presidenziali abbiano giocato una parte non indifferente in questa azzardata scelta di politica estera a suon di missili, in contraddizione con la dottrina “isolazionista”, stile James Monroe, da sempre sbandierata? Le armi chiamano le armi, dicono le anime candide contrarie agli armamenti privati. Verissimo! Dopo l’attacco di Trump, gli Ayatollah hanno risposto distruggendo due postazioni americane in Iraq, per fortuna senza vittime umane. Però per sbaglio (?) un missile impazzito (?) ha colpito un velivolo civile che stava decollando dall’aeroporto di Teheran, facendo una strage di vittime innocenti. E poi venitemi a dire che il monopolio statale della violenza è una bella cosa! Voglio solo sperare che la nuova Sarajevo non sia questa. Ma i focolai sono tanti: la Libia, Hong Kong… Già, Hong Kong. E’ evidente che, come fra Sparta e Atene, e poi fra Roma e Cartagine, il prossimo conflitto sarà tra Stati Uniti e Cina. L’aveva capito Tucidide: quando una potenza che fu grande si vede superata da un’altra potenza fino a quel momento più debole, lo scontro è inevitabile. Sparta si vide superata da Atene. Qualche secolo dopo, Cartagine da Roma. Gli Stati Uniti non si videro mai superati dall’Unione Sovietica, militarmente forte ma economicamente arretrata. La Cina per molti aspetti li ha già superati. E gli imbecilli come “Giuseppi” , lusingati dalla “Via della seta”, le mettono a disposizione porti, scali e infrastrutture strategiche. Le offrono su un piatto d’argento la logistica, in vista di un futuro conflitto. Auguri! 

Giovanni Tenorio

Libertino

Un pensiero su “Tutti contro tutti?

  • Le idee sulle armi di Don Juan sono molto simili a quelle che aveva (e mi ha trasmesso) mio padre, ma lui le estremizzava all’eccesso e quando da bambino per gioco gli puntai una pistola giocattolo, mi beccai uno scappellotto, due occhi iniettati di sangue e la frase lapidaria: “Non puntare le armi, le armi non si puntano mai!”. Inutile dirgli che era un giocattolo, la risposta era sempre: “Non ha importanza, le armi non si puntano mai!”. E se azzardavo un “Perchè?” ancora: “Perchè la armi hanno il vizio di sparare” *** Ok, dad, got it! ***

    E quando c’era un film di guerra in tv, mio padre si alzava e andava a leggere o fare altro
    perchè non riusciva a sopportarli, perlomeno fino ai primi anni 70, quando i suoi ricordi della guerra (quella vera e vissuta) erano ancora vivi.

    E se qualcuno si domandasse che lavoro faceva sto tipo strano, da non crederci, ma era ufficiale in s.p.e. (Accademia di Modena, per intenderci, non un complemento del piffero).
    E ne aveva compilati di rapporti di incidenti di soldati coglioni crepati per giochi idioti con armi vere o perchè “pulivano” un arma col colpo in canna diretta anzichè verso terra, verso i commilitoni…

    E della sua pistola di ordinanza – una vecchia Beretta M34 – aveva fatto fare una copia in legno dal falegname della caserma, tanto da riempire la fondina e che facesse la sua figura. Non la voleva manco toccare. Le armi le odiava, cavolo se le odiava, forse più di un obiettore di coscienza!

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