Don Giovanni

Quattro pensieri alla fine dell’anno.

Davanti alla morte di due ragazze giovanissime, per un incidente stradale, si può solo piangere. Ci siamo giustamente commossi per quel che è capitato a Roma qualche giorno fa. A mente fredda, però, vale la pena di fare qualche riflessione. Tutti hanno esecrato il ragazzo che ha investito, in piena notte, sotto la pioggia, le due povere sventurate. Anche durante l’omelia funebre, cui il ragazzo era presente, il sacerdote non ha saputo trattenersi dall’esprimere contro di lui una dura riprovazione: “Qual è il senso della vita? (…) Ecco, magari quando sei sbronzo o sei tutto fatto e ti metti a guidare?(…) Il senso della vita non è certo bercela o fumarcela“. No, così non va. Giusto che si apra un procedimento penale per valutare le responsabilità effettive di chi era alla guida del veicolo. Ingiusto trattarlo subito come un criminale, senza prima aver chiarito fino in fondo le circostanze e la dinamica dell’incidente. Non era drogato, anche se sono state rilevate nel sangue tracce di sostanze psicotrope assunte in passato. Il tasso alcolemico era superiore al limite di legge, ma dalle testimonianze di chi era con lui non era ubriaco, bensì nel pieno possesso delle sue facoltà mentali. Le due ragazze stavano commettendo un’enorme imprudenza, violando a loro volta disposizioni ben precise del codice stradale, la cui trasgressione comporta severe sanzioni (attraversamento col semaforo rosso, fuori delle strisce pedonali, scavalcando una barriera metallica). Da altre testimonianze l’autoveicolo procedeva a velocità sostenuta. Si sono calcolati 70 km orari, dove il limite è di 50. Sarei curioso di sapere come. Misurando le tracce della frenata? Quali tracce sono rimaste, visto che pioveva forte? E’ molto probabile che, anche a velocità regolare e con un tasso alcolemico nella norma, non si sarebbe potuto evitare l’incidente. Se così fosse accertato, al ragazzo andrebbero soltanto inflitte le sanzioni per eccesso di velocità e guida in stato di ebbrezza, non certo per omicidio colposo.  E’ stato sottoposto agli arresti domiciliari. Non bastava sospendergli la patente?  “Uno così potrebbe guidare l’auto di un amico anche senza patente, reiterando il reato” è la giustificazione.  Dopo quel che è successo? Non si direbbe un tipo incline alla delinquenza, visto che tra l’altro si è fermato a prestare soccorso. Ma bisogna compiacere un’opinione pubblica forcaiola, in un Paese in cui chi sperona una nave militare viene osannato, e quando  un pretaccio ben noto e reo confesso  svelle i sigilli dal contatore di un utente moroso viene aperto un procedimento contro ignoti.

Se non è il solito teatrino, con un finale diverso, a sorpresa, da quello scritto nel canovaccio (forse era sottinteso che le sue dimissioni sarebbero state respinte, con la promessa di assegnare al suo dicastero i tre milioni richiesti e finora negati; ma così non è stato) tanto di cappello a Lorenzo Fioramonti: aveva dichiarato, poco dopo il varo del governo Conte 2, che si sarebbe dimesso se non fossero stati stanziati in bilancio tre milioni per la scuola, e ha mantenuto la parola. Capita raramente. L’istituto delle dimissioni in Italia è quasi del tutto sconosciuto, specialmente fra i politici. Non so però se sia il caso di gioire. Visto che, da qualche tempo, dopo una sfilza di ministri dell’Istruzione men che mediocri, tutti più o meno allo stesso livello, abbiamo assistito a un ulteriore degrado, in cui a un ministro pessimo ne succede uno ancora peggiore (bisognerebbe dire ” ancora più pessimo”, se la lingua italiana lo consentisse), che cosa possiamo aspettarci ora? Il curriculum dei candidati alla successione non lascia sperare nulla di buono. Chi occuperà la poltrona che fu di De Sanctis, Croce, Gentile che cosa mai escogiterà per lasciare una traccia che rimanga nei futuri libri di Storia? Sulla scuola sono già state scaraventate  manciate di cacca a tonnellate. Quale sarà la prossima? Viste le polemiche di questi giorni, in cui tanti genitori si lamentano per i compiti delle vacanze che gli insegnanti assegnano ai poveri studenti, impedendo  loro di godersi il meritato riposo bevendo mangiando sciando e magari facendosi in discoteca, ecco quale potrebbe essere il prossimo provvedimento del futuro ministro, con effetto immediato: la presentazione di un decreto-legge urgentissimo  per proibire, sotto pena di severe sanzioni, agli insegnanti delle scuole d’ogni ordine e grado di assegnare compiti agli alunni in occasione di qualsiasi vacanza. Manette agli assegnatori.

Dacia Marini ha scritto, in questi giorni, un articolo un po’ sciocchino (spesso le capita). Per cantare la lode delle Sardine, che evidentemente le sono simpatiche (ed è in buona compagnia, con tutta la sinistra radical chic, la stessa che inneggia a Greta Thunberg, e tanti alti prelati filobergogliani, come l’immancabile Nunzio Galantino) va addirittura a scomodare Gesù Cristo. E’ vero che siamo in periodo natalizio, e visto che anche il sedicente vicario di Cristo residente all’Hotel Santa Marta, Città del Vaticano, ha esortato ad allestire presepi nelle case, nelle chiese e nelle scuole, parlare del Figlio di Dio fatto uomo può sembrare (e in alcuni casi effettivamente è) una buona cosa; ma un po’ di senso della misura non guasterebbe. In chiesa coi santi e in taverna coi ghiottoni. Che cosa c’entra l’incenso con la puzza di pesce? Le sardine puzzano, e sono una vivanda scadente. Gli esagitati che stanno scendendo nelle piazze per sostenere il governo (sic!) e boicottare l’opposizione (sic!) non potevano scegliersi un simbolo migliore? Perché imitare Prodi, quando come simbolo del suo minestrone politico non seppe far di meglio che scegliersi un elefantino (meritandosi i giusti sberleffi di Vittorio Sgarbi)? E’ forse per rimediare a una tale mancanza di gusto che la Dacia vuol puntare al sublime, tirando  in ballo Gesù Cristo, e dicendo che come Lui predicò un Dio amorevole e misericordioso di contro al Dio arcigno e vendicativo della tradizione ebraica, così le Sardine si battono per una politica umana e caritatevole, di contro alla durezza di una destra egoista, razzista, omofoba, ecc. ecc. Ci sarebbe da sbellicarsi dalle risa.  Non ti curar di lei, ma guarda e passa, per parafrasare Dante. E invece molti la prendono sul serio, e replicano. Ma non per coprire di ridicolo l’inopportuno accostamento Cristo-Sardine, bensì per mettere sotto accusa la prima parte dell’articolo, che invece, anche se un po’ troppo sommariamente, esprime verità inoppugnabili. Non è il caso di scomodare ancora una volta Marcione per sostenere che il Dio dell’Antico Testamento e quello del Nuovo sono incompatibili. Così come è sbagliato parlare di civiltà giudaico-cristiana solo perché Gesù era ebreo. Che sia stato davvero Gesù o non piuttosto Paolo a fondare il Cristianesimo importa poco. Sta di fatto che il Cristianesimo segna una frattura con l’ebraismo, innestandosi sul tronco della civiltà greco-romana, e reinterpretando la Bibbia alla luce della nuova Fede  (interpretazione “accomodatizia”, come dicono i teologi. Il Peccato Originale non è presente nel pensiero ebraico, è un’invenzione di San Paolo, ripresa e approfondita da Sant’Agostino).  Questo non giustifica, sia chiaro, la discriminazione e la violenza di cui nel corso dei secoli, fino ad oggi, e purtroppo ancor oggi, gli ebrei sono fatti oggetto. Chi mi legge sa che io ammiro gli ebrei e sostengo  lo Stato d’Israele, per quel tanto (o meglio poco, pochissimo) che un anarchico come me può sostenere uno Stato. Ma se è vero che lo Stato di Israele è l’unico Stato democratico-liberale in un’area dove sono presenti solo Stati teocratici o autoritari, è perché l’ebraismo ha fatto propri i principi scaturiti dal pensiero cristiano, a dispetto delle persecuzioni che dal Cristianesimo ufficiale ha continuamente patito. Aveva ragione Giovanni Malagodi, politico di non grande talento ma uomo di finissima cultura: “il liberalismo è cristiano, con buona pace della “Civiltà cattolica“. 

Leggo che per il Concerto di Capodanno dei pitocchi (quello che si terrà come sempre alla “Fenice” di Venezia;  quello dei signori si tiene a Vienna) il direttore Myung Whun Chung aprirà la seconda parte del florilegio musicale , trasmesso in diretta dalla RAI, con il “Sanctus” della “Messa da Requiem” di Verdi. Faccio un sobbalzo sulla sedia. “Che ci azzecca?”  direbbe quel signore, amico delle manette, che per lungo tempo riscaldò il cuore di tanti forcaioli (a proposito: che fine ha fatto?). Il “Requiem” verdiano è musica sublime, ma una messa da morto con la festa di Capodanno c’entra come i cavoli a merenda. Vero che il “Sanctus”, in una partitura così tragica e dolente, rappresenta un momento a suo modo gioioso, anche se un simile attributo, di cui mi scuso, potrà sembrare a qualcuno fuori luogo. Ma vi confesso che tale “Sanctus” mi ha sempre lasciato un po’ perplesso ( a differenza di quello, grandioso e splendido, che esplode nelle prime battute del più tardo “Te Deum”). Si direbbe che Verdi voglia liberarsene al più presto. Altro lo urge. “Libera me Domine de morte aeterna, in die illa tremenda…” Ma ci sarà qualcosa dopo la morte? L’opera si chiude con un grande punto di domanda. A Capodanno si dovrebbe pensare ad altro. Chung dice che vuol essere un omaggio a Venezia, per quel che ha patito nelle settimane passate, sommersa dall’acqua alta. Però per fortuna non è morto nessuno. Nessun essere umano, intendo. Perché Venezia, se non è morta, sta morendo, uccisa da un turismo dissennato, dall’interramento delle barene, dal Canale dei Petroli, dai miasmi di Porto Marghera, dal tristo connubio con Mestre, da cui non riesce a divorziare, dalle grandi navi che ne stuprano le bellezze colpendola al cuore, dal MOSE che ha dato da mangiare e da bere a tanti parassiti, rivelandosi di nessuna utilità, dall’insipienza di chi l’ha governata e la governa… Buon anno!

Giovanni Tenorio

Libertino

7 pensieri riguardo “Quattro pensieri alla fine dell’anno.

  • Alessandro Colla

    Mi sembrava di ricordare che il simbolo prodiano non fosse l’elefante ma il somaro. Visto quanto i keynesiani si intendono di economia, mai simbolo fu più azzeccato. Quanto al giustizialista molisano, dopo un’intervista da reo confesso degli eccessi operati da lui e dai suoi colleghi sostituti procuratori, si è rinchiuso in un silenzio quasi monastico. Forse si è accorto che qualche ministro in …Malafede lo ha superato in giustizialismo. In fondo, il personaggio veniva dalle procure e ancor prima dalla polizia. Quando si viene dall’avvocatura, l’azione è di alto tradimento. Leggo che i medici antivaccinisti vengono espulsi dal loro ordine professionale. Perché non avviene anche in quello forense quando si uccide pubblicamente il diritto?

  • Quando attendevo all’ultimo mio scritto non era stato ancora reso noto il successore del ministro dell’Istruzione dimissionario. Ora mi giunge notizia che i suoi successori saranno addirittura due. Di bene in meglio! Raddoppiando i guastatori, raddoppieranno anche i guasti. Un parassita in più da pagare, a spese dei contribuenti. Ecco un’altra buona ragione per sottrarre quanto più possibile dei propri redditi al fisco divoratore. Manette agli evasori? No, lavoro in miniera agli estorsori. Per tutta la vita.

    Forse ha ragione l’amico Colla: il simbolo scelto a suo tempo da Prodi per la sua coalizione era l’asinello, non l’elefantino. Ancora più ridicolo!

  • Alessandro Colla

    A proposito di Dacia Maraini. Nel 1994, in un teatro gremito di liceali portati quasi a forza, se ne uscì con la sparata antiisraeliana dello stato mediorientale feroce colonizzatore del popolo palestinese. E i razzisti sarebbero quelli che votano Salvini (senza trascurare il non piccolo particolare che il responsabile dell’ufficio immigrazione della Lega è di ben evidenti origini africane)?

  • Da bambino combinai un grosso guaio e mio padre mi punì duramente per parecchi giorni (mangiare pane e acqua da solo e niente uscite). Poi ovviamente essendo pur sempre suo figlio non poteva continuare così a vita, quindi poi mi ha liberato e riammesso al desco. Non mi serviva leggere Tertulliano per capire che non erano due padri diversi.

    Non capisco l’ostilità per Il concerto di Venezia. Per anni nessuno ha osato sfidare Vienna; anche a Venezia si faceva solo quello di Natale; poi finalmente è caduto il muro del timore reverenziale.
    Certo se si facesse a Trezzano s/N sarebbe il concerto dei pitocchi; ma se c’è una città (tra l’altro ex-asbrugica) che ha tutte le carte in regola per fare una bella concorrenza ai viennesi è Venezia.

    E poi lo voglio proprio dire fuori dai denti: io vedevo il concerto di Vienna negli anni 80, quando magari trovavo von Karajan a dirigere. A quel tempo cercavo di farmi una cultura di musica classica (non ci sono mai riuscito, tuttora vado di playlist ! ): quando finalmente ho capito che più che Strauss non mi beccavo, ho smesso di vederlo. Totale perdita di tempo.

    Mi è capitato di vedere solo gli ultimi 10 minuti dell’evento veneziano: molto bella ed elegante la Fenice. Anche la ruffianata del direttore (viva l’italia), essendo coreano, mi è risultata tollerabile. Unica nota stonata l’inquadratura del lombrosario dei vip, tra cui ho riconosciuto la Casellati. Delle musiche ho sentito solo l’ultima.

  • Alessandro Colla

    Pane e acqua o manna nel deserto o altro ancora. Poi, invece, pane e vino come da sana abitudine essena. Ma prima di Cristo l’umanità era bambina e poi è diventata adulta? Non mi pare, visto il consenso che ancora trovano le dottrine interventiste.

    • Ah, su questo possiamo essere d’accordo e del resto ho già espresso in passato la mie simpatie per l’ancien regime e le confermo. Se i popoli dell A.T. erano poveracci non progrediti, noi siamo – molto peggio – poveracci regrediti.

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