Don GiovanniPillole libertine

La logica aristotelica non è pane dei giuristi.

Che ne direste se un autoveicolo, giunto in prossimità di un semaforo che indica, tramite freccia verde su fondo nero, la possibilità di proseguire solo in direzione rettilinea, subito dopo aver superato la linea d’arresto svoltasse inopinatamente a destra o a sinistra? Direste di sicuro che il conducente è un malnato, perché col suo comportamento potrebbe causare incidenti di notevole gravità. Pare invece che per i cervelloni della giurisprudenza italica, dagli uffici legali delle Prefetture alla Corte di Cassazione, le cose non stiano così: quel che succede dopo il superamento della linea d’arresto è irrilevante! Infatti, si dice e si ribadisce nelle sentenze relative ai ricorsi di un utente che, incolonnatosi per errore nella corsia di svolta a sinistra, ha proseguito in linea retta in presenza di luce rossa per la svolta a sinistra ma di luce verde per la prosecuzione in linea retta, che la sua infrazione consiste in un attraversamento dell’incrocio mentre il semaforo proiettava la luce rossa nella sua direzione di marcia. Il che è palesemente falso; ma, si dice appunto, e si ribadisce a pappagallo, che quel che conta è il superamento della linea d’arresto, non quello che succede dopo. Ebbene, allora a rigore di logica uno che si comportasse come il malnato di cui sopra non sarebbe punibile: la luce verde nella sua direzione gli consente di superare la linea d’arresto; se poi cambia idea e svolta o di qua o di là, nessuno lo può sanzionare, perché quel che avviene di là dalla linea d’arresto non rileva. Questo, sia ben chiaro, non è detto nelle sentenze, ma si deduce attraverso un ragionamento del tutto consequenziale: pura logica aristotelica.
A meno che il pensiero arzigogolato di quei cervelloni sia di questo tenore: se uno supera la linea d’arresto su una corsia errata ma rispetta la direzione consentita dal segnale luminoso, quel che avviene dopo il superamento non è rilevante; se invece uno supera la linea d’arresto sulla corsia corretta nella direzione consentita ma poi cambia direzione, il suo comportamento è sanzionabile perché in questo caso quel che avviene dopo va considerato rilevante. Sì, ma perché due pesi e due misure? Dove sta scritto? Da che cosa si deduce? Se conta solo la linea d’arresto, deve contare solo quella in ogni caso; se conta anche il resto, idem. Anche questa è pura logica aristotelica.
Ma la logica aristotelica non è pane dei giuristi. Pensate al risibile concetto di diritto-dovere, come ad esempio la frequenza scolastica. Che cos’è il diritto? E’ la facoltà di compiere una determinata azione o una serie di azioni. Ad esempio, il diritto di proprietà mi consente di vendere, regalare, trasformare, distruggere un bene di cui dispongo. Mi consente, non mi obbliga! Il diritto appartiene al campo della libertà. Che cos’è un dovere? E’ l’obbligo di compiere (o non compiere) una determinata azione. Ad esempio, pagare le tasse, prestare servizio militare, astenersi dal percorrere una strada in un determinato senso o dal fare schiamazzi notturni. Mi obbliga, non mi consente! Il dovere appartiene al campo della necessità. Necessità e libertà sono agli antipodi, dove c’è l’una non ci può essere l’altra, per la contradizion che no’l consente, come non ci può essere un cerchio quadrato o un triangolo con quattro angoli.
Forse i cervelloni della giurisprudenza ragionano così: il diritto è una libertà, ma in alcuni casi diventa anche una necessità. Come dire che il bianco è bianco e il nero è nero, però in alcuni casi il bianco è anche nero. Il vivo è vivo e il morto è morto, però talvolta il vivo è anche morto.
Oppure pensate al deposito bancario. Il deposito è la consegna di un bene in detenzione a un soggetto di fiducia, il quale ha l’obbligo di conservarlo astenendosi dal farne uso, altrimenti si macchierebbe di appropriazione indebita. Però le banche si servono per i propri scopi del denaro ricevuto in deposito dai loro clienti.
Ma il deposito è deposito e il prestito è prestito! Il cliente non ha prestato il denaro alla banca, tant’è vero che può richiederne la restituzione, parziale o totale, in qualsiasi momento. La truffa della riserva frazionaria, su cui si basa il sistema bancario mondiale, nasce da questo equivoco truffaldino.
Ecco allora che, secondo questa logica non-aristotelica (dopo tutto, ci sono anche le geometrie non -euclidee…) la linea d’arresto talora è l’unica a rilevare, talaltra no.
Ragionamento degno dell’intelligenza artificiale per il rilevamento delle infrazioni semaforiche, o delle teste di legno delle Polizie Locali. Alla Corte di Cassazione si presume che debba arrivare qualche cervellino un po’ più raffinato. Ma, a quanto pare, così non è.

Giovanni Tenorio

Libertino