Don Giovanni

Il mondo alla rovescia della scuola “progressista”

Fra le rivendicazioni più rispettabili del mitico Sessantotto, che in italia finì come sappiamo, con il trionfo degli opportunisti mascherati da rivoluzionari, quella di una scuola che non fosse funzionale alle pretese del cosiddetto “sistema” era senz’altro condivisibile da tutte le persone riflessive, anche le più lontane da propositi di riforma in senso radicale. A suo modo, era una rivendicazione “conservatrice”. Che cos’erano i Licei? Scuole che non miravano ad avviare gli studenti a una professione, ma a dotarli di un patrimonio culturale che, nel prosieguo, fosse spendibile in diverse direzioni, attraverso gli studi universitari, volti, quelli sì, a uno sbocco professionale. Che cos’era stato, negli intenti di Giovanni Gentile, il Liceo Classico? Una scuola altamente formativa, filtro della futura classe dirigente, fondata sullo studio di materie “inutili” ma capaci di avvezzare la mente alle riflessioni critiche. Un po’ come le vecchie scuole dei Gesuiti, da cui erano usciti molto spesso spiriti ribelli, del tutto fuori linea rispetto all’obbedienza “perinde ac cadaver”. Poi l’idea, sostanzialmente liberale, di Gentile, fu snaturata dal Fascismo (di cui Gentile stesso fu sostenitore e teorico, anche se da posizioni non sempre collimanti in tutto e per tutto con quelle di Mussolini), che trasformò i Licei nella scuola della borghesia medio-alta, edulcorandone la severità e accentuandone le connotazioni di classe*. Ciononostante, fu proprio attraverso il filtro dei Licei che molti figli del proletariato riuscirono a far valere la propria intelligenza e a forgiare le proprie doti, giungendo a posizioni di alto livello in tutti i campi, dalla politica alla cultura alle più prestigiose professioni. Un esempio su tutti? Il compianto Sergio Ricossa, figlio di un operaio della FIAT. Il filone “liberale” della contestazione studentesca, ben presto soffocato dalla componente “maoista”, mirava a fare anche dell’Università una sorta di laboratorio critico. Non si trattava di portare la “rivoluzione” dai campus alle piazze, ma di rinnovare radicalmente dall’interno l’Università in modo da contagiare tutta la società civile e tutta l’azione politica, attraverso un percorso liberatorio di respiro vagamente gobettiano (severo nel giudizio sul presente assetto economico-sociale , ma non pregiudizialmente anticapitalistico).

E’ paradossale – ma neanche troppo, vista la svolta opportunistica, sotto la maschera di rivoluzione rossa temprata al fuoco della Scuola di Francoforte, cui s’è accennato sopra- che sia stata proprio la Sinistra, in tutte le sue componenti infiltrate dentro ogni partito, a orientare progressivamente il sistema scolastico verso esiti diametralmente opposti all’idea dell'”Università critica”.

Le materie cosiddette inutili sono state progressivamente smantellate, i Licei sono andati appiattendosi verso il basso, anche gli istituti superiori che prima avevano altre connotazioni e altri obiettivi sono stati trasformati in Licei. “Todos caballeros”. Il proposito è quello di aprire a tutti la strada della laurea universitaria. Diretta conseguenza, lo scadimento degli stessi studi universitari, cominciato da lontano, ai tempi del Sessantotto stesso, con il provvedimento che consentiva di fatto a tutti coloro che avessero un qualsivoglia diploma di scuola superiore di accedere a ogni facoltà universitaria. La riforma del 3+2, gabellata dai suoi promotori come un’innovazione modernizzatrice e progressiva, ha dato il colpo di grazia a un corpaccio già gravemente malato. Il numero dei laureati semianalfabeti è cresciuto enormemente. Nel contempo, anche tutto il resto del sistema scolastico seguiva a ruota.

Ora la signora ministra dell’Istruzione, il cui viso carnevalesco è l’emblema più confacente del carrozzone di cui è alla guida, propone l’istruzione obbligatoria per tutti fino a 18 anni, in un sistema scolastico in cui i corsi superiori siano ridotti da cinque a quattro anni. Tutti a scuola fino alla maggiore età, a imparare che cosa? Non è ben chiaro. Abolito il servizio militare, che rubava più di un anno di vita ai maschietti per renderli schiavi dello Stato e servirsene, se necessario, come carne da cannone, attraverso un altro dei suoi tentacoli il Leviatano vuol tenere sotto controllo la popolazione giovanile, lavarle il cervello e mascherare il problema della disoccupazione (frutto, in buona parte, di una scuola inefficiente , che non sa fornire né mentalità critica né abilità lavorative), rimandando di qualche anno il momento dell’inserimento nel mondo del lavoro. Se poi si manderanno tutti all’Università, il giochetto sarà ancora più evidente. A studiare che cosa? Qualsiasi cosa, purché si rimanga parcheggiati ancora per qualche anno.

Né mentalità critica ne abilità lavorative, si diceva. Volete sapere un altro paradosso? Nella Scuola Media Unica le “Applicazioni Tecniche”, grazie alle quali l’alunno imparava un minimo di sana manualità, divennero ben presto “Applicazioni tecnologiche”, finendo per smarrire ogni risvolto pratico per diventare materia teorica, come Italiano, Scienze o Matematica. L’unico ministro che ebbe il coraggio di affermare che il preadolescente “ragiona con le mani” fu Salvatore Valitutti, un pedagogista di formazione idealistica. Incredibile ma vero. Il mondo alla rovescia.
La scuola fino a diciotto anni un risultato concreto per l’incremento occupazionale l’avrà sul serio. Si dovranno assumere nuovi insegnanti. Come verranno pagati? Nuove imposte, nuovo debito pubblico? O si spera in un prodigioso aumento del PIL, promosso da un provvidenziale allentamento dei parametri di Maastricht?

Chi vivrà vedrà. Il ragazzone di Rignano, all’inizio del suo mandato, aveva promesso la “buona scuola”, capace di unire eccellenza tecnico- scientifica a cultura “umanista” (sic! Anche lui è il frutto dei Licei dimidiati). Il primo passo doveva essere la ristrutturazione e la messa in sicurezza degli immobili scolastici fatiscenti. Non ho dati in proposito, e sarei lieto di sbagliarmi, ma mi pare che anche su questo piano molto concreto si sia fatto poco o nulla.

* Vedi ADOLFO SCOTTO DI LUZIO, Il Liceo Classico, Bologna, Il Mulino, 2011
** Per una esposizione chiara ed esauriente delle problematiche qui accennate, scritta da un militante dell’ala “liberale” del Movimento Studentesco italiano, si veda ENZO MARZO, L’altra ipotesi. Una presenza liberale nella rivolta giovanile, Torino, Centro di ricerca e documentazione “Luigi Einaudi”, 1969

Giovanni Tenorio

Libertino

Un pensiero su “Il mondo alla rovescia della scuola “progressista”

  • Alessandro Colla

    Per l’esattezza, la disciplina scolastica denominata Applicazioni Tecniche è diventata EDUCAZIONE Tecnologica, in onore alla voglia dello stato di voler a tutti i costi educare. Ho visto uno scritto di Enzo Marzo. A un certo punto compare la mania di regole a tutti i costi, emanabili non si sa bene da chi. E tra queste regole sembrerebbe emergere il divieto di trasferimento di capitali all’estero. Perché non vietare anche il trasferimento di capitale umano come avveniva negli stati comunisti? Poco dopo l’autore si autodefinisce keynesiano, non certo un buon esempio di liberalismo. La fondazione Einaudi sta diventando come l’Istituto Bruno Leoni, un’associazione che si allontana sempre di più dal pensiero della persona alla quale ci si è voluti intitolare. Grazie per aver virgolettato, nel titolo, il termine progressista. Una risposta all’abuso che di quest’aggettivo esercitano i regressisti reali. Molti loro apparenti oppositori, per volersi distinguere dagli abusivi, non se ne accorgono. Regalando loro un’etichetta che non gli appartiene e che li mostra saggi agli occhi dell’opinione pubblica. Con la conseguenza di relegare al ruolo di parrucconi tutti gli altri. Che invece sono spesso parte del progresso autentico, non autoreferenziale.

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