Il falso mito libertario di Gianfranco Miglio
L – Caro padrone, vedo con piacere che nell’elogio funebre a Sebastiano Vassalli siamo arrivati prima di altri: il che mi fa molto piacere!
DG – E, se anche può parere immodesto, abbiamo detto meno sciocchezze di quelle che si leggono in altri articoli.
L – Immagino a quale articolo in particolare volete alludere. A quello in cui si citano, come nel nostro, le ultime parole pronunciate dallo scrittore a proposito delle proprie opere, con un giudizio conclusivo piuttosto irriverente sulle malefatte del papato nel corso della sua storia, fino agli ultimi, malinconici pontificati…
DG – Proprio così, ed è un articolo che mi piace poco o niente.
L – E perché mai?
DG – Perché ho l’impressione che faccia dire a Vassalli quello che non ha mai voluto dire. Che alcuni suoi romanzi abbiano avuto come sfondo storico Piemonte, Lombardia e Veneto in alcuni momenti del loro glorioso (non sempre) passato è un dato di fatto inoppugnabile; che altre sue opere ci abbiano dato un’immagine del Sud italico, in particolare della Sicilia, disincantata e spregiudicata, lontana da ogni stereotipo, è altrettanto vero. Ma da tutto questo non è lecito trarre certe conclusioni.
L – E quali, di grazia?
DG – Ad esempio, che gli scritti di Vassalli sarebbero un invito implicito alle genti del Nord (ti ricordo che Vassalli è genovese di nascita, novarese d’adozione) perché difendano i valori della loro civiltà celtica e longobarda di contro a quelli, del tutto diversi, della penisola italica, marchiata dalla cultura bizantina.
L – Per quel poco che so di storia, mi sembra una sciocchezza colossale,
DG Certo, una coglioneria coi fiocchi. Innanzitutto perché l’attuale popolazione del Nord Italia è figlia d’un crogiolo di stirpi. I Liguri antichi non erano celti, e neppure i Veneti dell’Italia preromana. E dove li mettiamo gli Etruschi, che si spinsero fino a Nord del Po? Quando poi l’Italia settentrionale finì nelle mani dei Romani, la stirpe latina si fuse con quelle preesistenti, fino a prevalere, imponendo usi, costumi, istituzioni, leggi, per non parlare della lingua, giunta fino ad ora.
L – I dialetti del Nord continuazione del latino?
DG – Certo! Non delle lingue celtiche o qualcosa di simile, come certi ignorantelli continuano a ripetere!
L – Però, per quel poco che ne so, ci sono certe espressioni nel dialetto milanese (che ormai a Milano nessuno parla più) davvero barbare, altro che latino! Ad esempio “inivid” per dire “senza voglia”.
DG – Latino purissimo: “invitus”, senza voglia! I milanesi sono terroni, altro che celti!
L – Touché! Mi sono messo in trappola con le mie stesse mani.
DG – Andiamo avanti. Non vedo, in secondo luogo, in che cosa consisterebbero questi valori celtici e longobardi, ammesso e non concesso che siano visibili in filigrana attraverso il risultato di quel crogiolo che si diceva, l’attuale identità nord-italica, se mai è definibile (cosa che io metto in dubbio). I Celti! Quelli che scendono a Roma comandati dal loro Brenno, la mettono a ferro e fuoco, fanno razzie, pretendono un riscatto in oro sonante, e poi se ne tornano nelle loro terre. Sono questi i valori? I Longobardi: quando entrano in Italia da Nord-Est sono forse più primitivi degli Unni, hanno alle spalle una storia piena di atroci delitti. Solo lentamente, a contatto con quanto rimane della romanità e con quel che di buono il cristianesimo ha conservato, mitigano i loro costumi selvaggi e solo alla fine lasceranno anche qualche traccia apprezzabile del loro dominio. Ma sono i primi a riconoscere la superiorità della stirpe sottomessa: non per niente il loro re Agilulfo si fa chiamare Flavius Agilulfus, come un imperatore romano! Per finire, come si può vedere nella civiltà bizantina un segno di negatività? Non che tutto brilli, nell’Impero d’Oriente sopravvissuto al crollo di Roma, ma non dimentichiamo che fino al Mille conservò uno stile di vita e una cultura di gran lunga superiori a quelli dell’Occidente franco-germanico! E poi: il Sud d’Italia non fu mai tutto e solo bizantino! Dove li mettiamo gli Arabi? Dove li mettiamo i Normanni? Dove li mettiamo gli Svevi? E i Longobardi arrivarono fino in Puglia, in Calabria, nel Napoletano. Il ducato del principe Arechi a Benevento non è una mia invenzione!
L – Mi fate girare la testa. Ma veniamo a una conclusione!
DG – L’ideologia che sta alla base dell’articolo di cui stiamo discutendo è la solita di certi indipendentisti usciti da una costola della Lega Nord e riverniciatisi di qualche pennellata libertaria, o presunta tale. Il loro idolo è Gianfranco Miglio, che è stato decisionista, sulle orme dell’amato Carl Schmitt, poi ferocemente secessionista a braccetto di Bossi e infine federalista nei ranghi di Berlusconi. Propugnava la disobbedienza civile, ma non per distruggere lo Stato, bensì per costruirne un altro, o meglio tanti altri più piccini. Ce l’aveva coi terroni e spiegava la rissosità dei paesani dell’Alto Lario ( donde si vantava di trarre origine) come frutto dell’immigrazione ,in quelle terre, di genti del Sud, nel secolo XVII. Era un fautore della pena di morte, manifestò apprezzamento per il machiavellismo con cui Bush padre indusse Saddam Hussein a invadere il Kuwait per poi dichiarargli guerra accusandolo di aggressione, lodò la saggezza popolana del detto “donne e buoi dei paesi tuoi”, il bel principio che ha riempito per secoli le contrade montane del Lario di menomati fisici e mentali. Nessuno disconosce i suoi meriti di politologo, ma farne un libertario, proprio no….Un libertino, poi! Ce l’aveva anche con i culattoni, che io invece trovo molto simpatici. Ebbene, che disse costui in un suo scritto che suscitò un vivace dibattito? In poche parole, che i terroni sono diversi. Non potranno mai adeguarsi al modello liberaldemocratico di matrice anglosassone. Meglio se ne stiano dunque per conto loro, adottando un modello di clientelismo, corruzione diffusa, familismo amorale, connivenza con poteri occulti di tipo mafioso e camorristico. Se è un modello che nel loro ambiente funziona, buon per loro, se lo tengano. Il che vuol significare due cose che, dette da un cattolico come lui si dichiarava, fanno aggricciare la pelle: 1) non solo i valori politici, ma anche quelli morali (non rubare, non ammazzare, non ingannare il prossimo) sono relativi; 2) certi popoli sono irredimibili, e i terroni sono fra quelli.
L – Bel cattolico e bel libertario davvero! Con tutto il rispetto per l’illustre politologo, cui la città dei missoltitt ha dedicato una piazza.