Questa chì l’è ona leg ch’ha voruu ol Pòpol!
E’ certamente un caso fortuito, ma il fatto che, a pochi giorni di distanza dal nostro articolo sul mito della Confederazione Elvetica, un rinomato giornale pubblicato in rete (*) offra ai lettori un panegirico di quel sistema politico è davvero sorprendente: neanche a farlo apposta! Ma siamo sicuri che le nostre tesi non siano state lette e tenute presenti da chi ha steso quel testo, per sviluppare argomentazioni in senso contrario? Direi proprio che no; altrimenti qualche riferimento polemico al nostro indirizzo non sarebbe mancato.
Che si dice in quel panegirico? Si parte da molto lontano, dalle tesi di un grande filosofo, Karl Popper, e da quelle di un politologo da molti ritenuto grande, Gianfranco Miglio. Del primo si citano alcuni pensieri tratti da “Miseria dello Storicismo”, laddove si denunciano i guasti di un sistema centralistico; del secondo le considerazioni sui sistemi federali, in cui le decisioni sono prese dal Popolo (con la P maiuscola). Non ci si rende conto però che Popper e Miglio parlano di due cose diverse. Il filosofo contrappone a un sistema politicamente totalitario e a economia pianificata, di tipo sovietico, un modello liberale a economia di mercato, identificabile nella democrazia di tipo occidentale come s’è andata configurando, fra attriti, contraddizioni, avanzamenti e arretramenti, nel corso degli ultimi secoli. Il politologo contrappone invece a un assetto politico di tipo napoleonico, qual è l’Italia fin dalla sua nascita e nonostante i maldestri tentativi di correzione, un sistema federale nel senso forte del termine: più Stati su un piano di parità, che riconoscono a un potere centrale solo alcune limitate competenze(moneta, difesa, e poco altro). Non mi sembra che parlino della stessa cosa. Un sistema burocraticamente accentrato può astenersi da programmazioni a lungo termine e da una legislazione oppressiva, lasciando largo spazio al mercato e ad altre libertà. Un sistema federale non è incompatibile con una pianificazione economica totalitaria, che finisce di fagocitare ogni autonomia individuale. Forse che l’URSS non godeva di un assetto federale?
Punto secondo. Si dimentica che il federalismo propriamente inteso (altra cosa è il decentramento amministrativo, in Italia malamente introdotto alla fine degli anni Sessanta del secolo passato) non è un processo di decentramento, ma di accentramento. Tutti i sistemi federali sono nati da precedenti confederazioni che, gradualmente o con un unico atto, si sono spogliate di alcune competenze per devolverle a un’ istanza centrale. Anche la Svizzera non fa eccezione, anzi è il più chiaro esempio di quanto andiamo dicendo: confederazione fino alla guerra del Sonderbund, è diventata federazione quando i cantoni, usciti malconci da un’assurda guerra di religione (che, come tutte le guerre di religione di tutti i tempi nascondeva ragioni molto più materiali) hanno approvato una costituzione comune dando vita, accanto ai poteri locali,a un potere federale dotato di “competenza della competenza”, cioè della facoltà di dire l’ultima parola in caso di conflitti interterritoriali, o fra territori e centro. Non si è mai dato il caso, nella Storia, di un processo inverso: dal centralismo al federalismo. I risultati possono essere soltanto due: decentramento, più o meno ampio, o secessione. L’accentramento, d’altra parte, non è sempre un male: può talora essere la soluzione di qualche problema. E’ un male che, negli Stati Uniti, la Corte Suprema, organo federale, intervenga a garantire spazi di libertà negati nell’ordinamento di alcuni Stati dell’Unione? L’abolizione della schiavitù, introdotta con il tredicesimo emendamento, è un male perché decretato da un organo del potere centrale? Sarebbe stato meglio che in alcuni Stati si potesse continuare a trattare i negri come esseri inferiori, privi di qualsiasi diritto? E non è forse vero che in Svizzera un potere centrale avrebbe potuto evitare la ridicola guerra del Sonderbund? (sia chiaro che qui non stiamo ragionando in un’ottica libertina: diamo per scontata, come ipotesi puramente accademica., l’esistenza dello Stato, qualsiasi forma possa assumere).
Quanto poi al tanto vantato sistema referendario, non esisteva prima della riforma costituzionale in senso federale: ogni cantone aveva i suoi riti di partecipazione popolare, non sempre “democratici” nel senso stretto del termine(un uomo, un voto); ma di referendum neppure l’ombra. Il referendum è un’altra conquista dell’accentramento federale! Se fosse stato ammesso solo entro l’ambito cantonale, in riferimento a decisioni di tipo pratico per le quali non necessitino conoscenze tecniche raffinate ( costruire una strada, aprire un parco, consentire l’edificabilità di un’area, aumentare il numero dei cessi pubblici, adornare la piazza d’uno sgorbio sul tipo di “Life electric” di Libeskind che insozza il primo bacino del Lario a Como), niente da dire: forse poteva essere una buona cosa. E invece no: si può sottoporre alla fantomatica volontà del Popolo(con la P maiuscola, mi raccomando!) anche ogni questione concernete le libertà individuali. Ad esempio, si può chiedere di negare a un imprenditore la facoltà di assumere manodopera straniera, si tratti di residenti o di frontalieri. Col bel risultato, cui abbiamo già fatto cenno, che il proprietario di un supermercato potrebbe trovarsi costretto a sospendere il servizio festivo alla clientela perché gli indigeni non ne vogliono sapere di lavorare di domenica e nelle altre feste comandate.
Terminiamo con un aneddoto. Non è una barzelletta, ma un fatto reale, capitato decenni fa. Era da poco stato introdotto nella Confederazione il pedaggio autostradale, certificato grazie a un bollo da apporre sul parabrezza della vettura. Un automobilista italiano entrò in Canton Ticino per il valico di Ponte Chiasso, fece benzina e, candidamente sprovvisto di bollo, fece per rientrare in patria dal valico autostradale. Fu fermato alla frontiera da un poliziotto analfabeta. Alla contestazione del mancato pagamento, dichiarò la propria buona fede, si scusò, si disse disposto ad acquistare il bollo in quel momento. Niente da fare, il bollo va acquistato, e la multa va pagata, altrimenti si sequestra l’auto. “L’è inscì:!Questa chì l’è ona leg ch’ha voruu ol Pòpol!” E’ lo stesso “Pòpol” che quando varca la frontiera verso l’Italia dimentica il suo senso della legalità e ne commette di tutti i colori, sapendo che nel Bel Paese nessuno gli sequestra l’auto ed è facilissimo farla franca…
Prevengo la sacrosanta obiezione: non si può generalizzare! Una (vera o presunta ) maggioranza di maleducati trasgressori non coincide con tutto il popolo! Verissimo. Ma anche chi ha approvato, suppongo con referedum, quella bella legge sul pedaggio autostradale, con tanto di sequestro del veicolo per chi magari al momento è sprovvisto di contanti per pagare la sanzione, non coincide con tutto il popolo! Il popolo è un’idea platonica. Non esiste la Cavallinità, esiste il cavallo (possibilmente con la minuscola). Non esiste il Pòpol degli Svizzeri. Esistono i singoli svizzeri, ciascuno con i suoi pregi e i suoi difetti, le sue gioie e i suoi dolori, le sue fisime e le sue ideologie. E una delle ideologie più grottesche è proprio quella del “Popol”.
(*) “Il popolo, in Svizzera, fa la differenza”, “l’Indipendenza” del 3 Settembre, di Chiara Battistoni, Link