Don Giovanni

I valori dell’Occidente e la coerenza

L’idea che un governo mondiale sia condizione imprescindibile per garantire quella che Kant chiamava “la pace perpetua (“Die ewige Frieden”) potrebbe sembrare del tutto sensata. Perché, dai primordi dell’umanità, esistono le guerre, di cui tutta la Storia è costellata? Perché gli uomini, su questa Terra dove tutti hanno dimora, sono da sempre divisi in comunità politiche di varia natura, che hanno però la caratteristica comune di dichiararsi sovrane, e quindi potenzialmente nemiche, fino allo scontro armato, nel caso in cui insorgano controversie tra una sovranità  e un’ altra. Kant pensava che la soluzione migliore fosse una federazione di tutti gli Stati. Se esiste un governo centrale che tutte le singole comunità politiche riconoscono , allora i contrasti potranno essere risolti non con il ricorso alle armi, ma attraverso uno “Jus gentium” amministrato da istituti arbitrali da tutti riconosciuti come legittimi. A ben pensarci, l’idea non nasce con Kant, che pur la elabora in maniera originale, sulla base di spunti antiche e moderni, con particolare riferimento al Giusnaturalismo e al pensiero illuministico. Gli imperi del mondo antico, alla fin fine, miravano proprio a questo: a una pacificazione universale. Peccato che, lungi dal nascere attraverso un  pacifico processo federale come quello proposto da Kant,  fossero tutti il frutto di guerre spesso feroci in cui un’entità politica più potente riusciva a sottomettere con la forza comunità più deboli e indifese. Al tempo di Augusto sembrava che tutto l’Orbe romanizzato avesse raggiunto una condizione di pace e prosperità. Simbolo di questa illusione fu la chiusura totale del tempio di Giano, i  cui battenti, fino a quel momento, in tutta la Storia di Roma erano rimasti socchiusi, a significare che la guerra era sempre in agguato. Di fatto, l’Impero Romano non fu per nulla un impero di pace. Nell”Agricola” di Tacito il capo britanno Calgaco, parlando al suo popolo, così dipinge i dominatori romani.” Raptores orbis, postquam cuncta vastantibus defuere terrae, mare scrutantur: si locuples hostis est, avari, si pauper, ambitiosi, quos non Oriens non Occidens satiaverit: soli omnium opes atque inopiam pari adfectu concupiscunt. Auferre trucidare rapere falsis nominibus imperium. et ubi solitudinem faciunt pacem appellant” (“Predatori del mondo intero, dopo che sono venute a mancare le terre alla loro brama di tutto devastare, si mettono a frugare il mare: con i nemici  ricchi sono avidi, arroganti con quelli poveri; né l’Oriente né l’Occidente li potrebbero saziare;  sono i soli a bramare con pari ingordigia la ricchezza e la miseria; con falsi nomi chiamano impero il rubare, il massacrare, il rapinare, e dove fanno un deserto la chiamano pace”). Ammettiamo pure che si possa giungere pacificamente a una federazione consensuale. Sarà molto difficile che una tale federazione, per quanto allargata, possa comprendere davvero tutto il mondo. Come dovrà comportarsi, allora, con tutte la potenze ad essa esterne, in caso d aggressione? E’ chiaro che, nell’impossibilità di risolvere la crisi con mezzi diplomatici, sarà inevitabile la resistenza armata. Fin qui, difficile sollevare obiezioni. Ma che dire sulla liceità morale di attaccare una potenza esterna quando non si ispiri, nella sua condotta politica, a quei principi che si ritengono indiscutibili e degni di essere difesi ad ogni costo? Nel Medioevo si riteneva sacrosanto che l’Impero cristiano  combattesse gli infedeli musulmani con le Crociate, nel nome della vera Fede, per riconquistare la Terra Santa, per la gloria di Cristo, e allo stesso modo i musulmani ritenevano altrettanto sacrosanto, sempre nel nome della vera Fede -la loro- combattere contro l’Impero cristiano e sottometterne i territori, per la gloria di Allah. Difficile, in queste condizioni, arrivare a una pace perpetua, a meno che uno dei due potentati riesca a schiacciare definitivamente l’altro, suscitando gli stessi risentimenti che Calgaco  esprimeva nei confronti dei Romani (ricordiamo che, a detta di Plinio il vecchio, anche la conquista della Gallia da parte di Cesare fu qualcosa di simile a quello che oggi chiamiamo genocidio).Il principio secondo cui un impero buono e giusto abbia il diritto, anzi il dovere, di intervenire militarmente a stabilire, o ristabilire, in altre parti del mondo, le forme istituzionali cui si ispirano i suoi ordinamenti laddove siano state violate, è largamente condiviso. L’America d’oggi l’ha più volte messo in atto, anche se chiaramente era soltanto la copertura di interessi tutt’altro che ideali. Pensiamo, tanto per fare un esempio, ma se ne potrebbero fare molti altri, alla guerra di Bush jr contro l’Iraq. Fu scatenata con il pretesto, del tutto falso e suffragato da prove fasulle, che Saddam Hussein possedesse armi di distruzione di massa. Si proclamava di voler combattere per spodestare Saddam e istituire un regime democratico, al fine di donare al popolo iracheno quella libertà di cui era privo. In realtà ci si voleva sbarazzare di un alleato ormai divenuto scomodo. Si potrebbe parlare a lungo degli interventi in Serbia, attraverso la NATO, a difesa – si diceva – dell’indipendenza del Kosovo, o dell’infelicissima avventura in Afghanistan per combattere – si diceva – il terrorismo islamista,  conclusasi in modo ancor più disastroso della guerra del Vietnam, ma è inutile infierire. Di fatto, solo “Realpolitik”, spesso piuttosto miope. Di veramente ideale, niente. Eppure c’è qualcuno che, in un non lontano passato, ha teorizzato proprio sul piano ideale questo tipo di azione bellica, nella sincera convinzione che, quando siano in gioco i valori di democrazia e di libertà di cui si nutre la cultura politica del cosiddetto Occidente, l’intervento militare sia doveroso per piegare chi caparbiamente li rifiuta, soggiogando a regimi dittatoriali  i popoli su cui esercita il potere. Così la pensavano personaggi insospettabili come Ernesto Rossi e Luigi Einaudi a proposito degli auspicati Stati Uniti d’Europa, che avrebbero dovuto costituire un faro di libertà capace non solo di mantenere la pace al proprio interno, ma  di espanderla anche attraverso l’intervento militare, se necessario, estirpando le tirannie che infettano il mondo. “Il principio di non intervento negli affari interni di ciascun Paese ha come presupposto necessario la garanzia delle liberà fondamentali.(…) Quando in un Paese i governanti possono imprigionare ed uccidere a loro arbitrio (…) i cittadini di tutti i Paesi liberi hanno pieno diritto di intervenire” Così Ernesto Rossi (*). Einaudi non era da meno:” Non è tollerabile la persistenza in un qualunque angolo del mondo di uno Stato ispirato a ideali tirannici”, perché, diceva, è un germe d’infezione che va eliminato.A me sembrano principi molto pericolosi. Chi decide dove sta il bene e dove sta il male? Chi decide se un regime è tirannico? Quale grado di tirannia  può essere tollerato e quale no? Mario Draghi è un governante democratico? Chi l’ha votato? Nessuno. E’ vero o no che ha fatto strame della Costituzione e continua imperterrito a farlo, violandone l’art.11 con l’inviare materiale bellico a uno dei belligeranti in una guerra che neppur lambisce i confini del suo Paese né coinvolge, almeno per ora, il sistema di alleanze militari di cui fa parte?E con Putin, come la mettiamo? E’ un dittatore? Sì, ma giunto – e rimasto- al potere grazie al voto popolare. Ha invaso un Paese sovrano? Sì, ma, questa almeno è la sua giustificazione,   per portare aiuto a quella parte della popolazione filorussa che l’attuale governo ucraino, figlio di un colpo di Stato sostenuto dagli USA cui hanno dato man forte milizie dichiaratamente filonaziste, ora integrate nelle le truppe regolari dell’esercito nazionale, opprime e discrimina, venendo meno agli accordi che formalmente lo impegnavano a concedere ampie autonomie.Non aggiungo altro, e mi astengo da ogni giudizio. Solo desidererei, da parte di tutti coloro che in questi giorni sproloquiano di valori dell’Occidente, un po’ più di coerenza.

(*) Si veda il saggio di Ernesto Rossi L’Europa di domani ovvero gli Stati Uniti d’Europa, recentemente ripubblicato da Aragno.

Giovanni Tenorio

Libertino

2 pensieri riguardo “I valori dell’Occidente e la coerenza

  • Bell’articolo. Purtroppo si è visto lo stesso modo di affrontare il problema, in maniera psicotica come è stato fatto a sua volta con il covid. Checche isteriche, guerriglieri con il mocassino o il tacco 12 come il segretario del pd, che all’improvviso hanno indossato l’elmetto ed hanno cercato di intestarsi la battaglia di Kiev, questa volta però a differenza della lotta al patogeno il pericolo non è una bassa probabilità di polmonite ma una guerra nucleare. Ok Putin sarà anche un delinquente, hanno cercato di spiegarcelo invano negli anni Antonio Russo di radio radicale, Olivier Dupuis, il Sen. Paolo Guzzanti, il Col. Litvinenko, Anna Politoskaya ed altri… ma questo non vuol dire che anche un delinquente possa avere le sue ragioni e possa avere delle qualità umane, ad li la delle sue attitudini delinquenziali appunto. Nel 2014 gli Usa e l’Ue hanno provocato un colpo di stato violento in Ucraina, sovvertendo il presidente democraticamente eletto filo russo… il resto è storia; purtroppo con le sue azioni oggi Putin sta fornendo una scappatoia a tanti falliti, Biden su tutti e la Commissione Ue, la fed e la Bce… ecc, l’elenco è lungo.

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  • Alessandro Colla

    Il tasso di delinquenzialità di Putin non è superiore a quello di tanti politici italiani che nel passato hanno consentito le operazioni bancarie di Sindona. E’ senz’altro inferiore a quello degli attuali politici italiani. Essendo un governante di stato non può che essere un manigoldo ma i nostri si sono comunque dimostrati peggiori, specialmente in quest’ultimo biennio. Quando si combatteva in territorio afghano, Putin era un alleato contro i talebani; solo ora è diventato un nemico. Quando il Kosovo (stato spesso governato da mafiosetti con il vizio dell’integralismo religioso) ha voluto l’indipendenza dalla Serbia, abbiamo bombardato Belgrado perché non voleva riconoscere la proclamata secessione. Ora che il Donbass ha votato per la propria di indipendenza, siamo alleati di Kiev. Coerenza occidentale, sì; ma nella malversazione.

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