Abolire la riserva frazionaria?
Questa sì che è una bella notizia! Così bella che i quotidiani, almeno quelli italici, in tutt’altre faccende affaccendati, pensano bene di confinarla nelle pagine interne; perché le prime pagine sono riservate alla farsa del governo pagliaccesco da poco varato, davanti a cui la platea di tutto il mondo vorrebbe sbellicarsi dalle risa, se non tremasse al pensiero che non è una recita sul palcoscenico, ma una tremenda realtà.
Ma qual è questa bella notizia, che a leggerla lenisce un po’ la malinconia e accende qualche speranza, facendo balenare l’idea che forse non tutto va per il peggio nel peggiore dei mondi possibili? Eccola: in Svizzera domenica prossima il popolo sarà chiamato alle urne per decidere se abrogare o no la riserva frazionaria nel sistema bancario: ovverossia quel turpe meccanismo, vigente in tutto il mondo, per cui se io verso una determinata somma su un mio conto corrente, tecnicamente la mia operazione viene chiamata “deposito”, ma di fatto è un prestito. Io conservo il diritto di reclamare quanto versato in qualsiasi momento, ma la banca si riserva la facoltà di offrirne in prestito una quota, conservandone soltanto una frazione. In questo modo le banche commerciali diventano vere e proprie produttrici di denaro, al pari delle banche centrali. Col bel risultato, che fin che la va, la va; ma quando, per un motivo o per l’altro, il sistema entra in crisi, le banche si trovano nell’impossibilità di restituire ai clienti il denaro “depositato”. Di qui la necessità di costituire fondi, privati, pubblici o semipubblici, per salvare le banche a corto di liquidità. Di qui la legislazione europea che impone il cosiddetto bail-in (altro mostro linguistico di cui non si sentiva il bisogno), cioè l’obbligo, per le banche in crisi, di risarcire i creditori con i propri mezzi, decurtando i debiti, innanzitutto quelli verso gli obbligazionisti e gli azionisti; e salvaguardando i “depositi” solo fino a un determinato limite. Per obbligazionisti e azionisti si potrebbe dire: “L’han voluto, loro danno: chi presta o investe, rischia”. Ma i poveri correntisti? Cornuti e mazziati, come dicono a Napoli.
L’abolizione della riserva frazionaria porrebbe fine allo sconcio. I correntisti sarebbero in ogni caso tutelati, perché la banca dovrebbe trattare i loro depositi come depositi, nel senso antico e romanistico del termine, non come prestiti. D’altra parte, anche nel diritto odierno, di tutto il mondo, il deposito – a eccezione di quello bancario – consiste nella consegna di un bene a un depositario perché lo conservi fino al momento in cui il depositante lo richiede. Il depositario non lo può usare, altrimenti commetterebbe un’appropriazione indebita (furto d’uso). Se si tratta di una somma di denaro o di beni fungibili deve metterli al sicuro (ad esempio in una cassaforte) e lasciarli lì. Se tu mi consegni in deposito 100 euro in 10 biglietti da 10, dubito che mi sia lecito restituirteli con un unoico biglietto da 100, anche se la somma rimane la stessa.
Sarebbe una vera rivoluzione l’abolizione della riserva frazionaria! Solo un primo passo, però. Il secondo dovrebbe essere l’obbligo, per le banche centrali, di emettere moneta totalmente coperta da riserve auree. Infine bisognerebbe abolire le banche centrali. Le banche private dovrebbero poter battere moneta. Non necessariamente coperta da riserve auree. Si potrebbe pensare ad altri beni o panieri di beni. Alcune banche potrebbero anche riadottare la riserva frazionaria, purché lo facciano alla luce del sole, dandone contezza alla clientela. Naturalmente tutte queste monete “tradizionali” entrerebbero in concorrenza con le criptomonete, come i Bitcoin e altri mezzi monetari del genere. Che bella anarchia! Ognuno sceglierebbe la moneta che vuole e la banca che vuole. Se uno vuol rischiare a depositare il suo denaro in una banca che pratica riserva frazionaria, fatti suoi. Potrebbe essere allettato da trattamenti di favore. Sicuramente, chi sceglie una banca dove il deposito è deposito vero, dovrà pagare per il servizio. Dove invece il deposito è finto, potrà ricevere anche qualche remunerazione a titolo di interesse. E’ chiaro che un sistema del genere non prevede reti di protezione: per lo meno reti di protezioni pubbliche. Chi l’ha preso in quel posto, se lo tiene.
Come finirà il referendum svizzero? Nel nulla. Il mondo della finanza ha già fatto sentire la sua voce. Attenti: potrebbe essere un disastro! Qualcuno ha addirittura evocato la Brexit, con conseguenze ancora peggiori. E’ chiaro che un successo del referendum sarebbe una gran batosta per le banche. Dovrebbero smettere di lucrare forti somme rubando( ripeto: furto d’uso; perché, anche se legalizzato, l’uso del deposito come prestito è un furto). Dovrebbero ristrutturarsi, modificare radicalmente le loro attività. Potrebbero usare a piacimento il denaro preso a prestito (ad esempio attraverso titoli obbligazionari), prestandolo a loro volta a privati o a imprese. Ricaverebbero denaro anche dalle remunerazioni dei depositi. Si ridurrebbe di molto lo spazio a operazioni spericolate.
Il popolo ascolterà banchieri e finanzieri. La democrazia è il peggiore dei sistemi di governo: premia l’ignoranza e la mediocrità. Quanti degli elettori svizzeri sanno veramente che cos’è la riserva frazionaria? Mica tutti lavorano in banca. Uno vale uno, dicono in Italia i Cinquestelle. Quindi il voto di chi si è informato e giudica con cognizione di causa vale come quello di quel poliziotto ticinese che invitava un automobilista a riparare la carrozzeria del suo automezzo “perché questo ferro qui l’è pericoloso, bisogna tacarlo là”; o di quel cliente di una ditta distributrice di bevande che al telefono ordinava alla commessa: “Che la ma manda i mè solit bottigli d’acqua mineral, quella che su l’etichetta la gha su i montagn”.
Intendiamoci bene: quando in Italia si votò sul nucleare, non è che la maggioranza fosse meno rozza. Nella scuola pubblica c’era una professoressa di Educazione Tecnologica la quale insegnava ai ragazzi che l’atomo è indivisibile. Era rimasta a Democrito, a Epicuro, a Lucrezio (“solidissima materiai corpora”). Come avrà votato quella signora? E come voteranno, in futuro, i suoi poveri ex-alunni?
Si salvi chi può. La riserva frazionaria è destinata ad avere ancora lunga vita.
Quella professoressa è IL problema. Non lo sarebbe se fosse solo lei ma le cattedre italiane sono infestate da gente simile. E con percentuali sconfortanti. La vera rivoluzione consisterebbe nella creazione di istruzione alternativa ma stiamo ancora aspettando la sempre preannunciara Libera Università di Cologno Monzese. Aspetteremo ancora, il suo “propugnatore” ha già superato le aspettative di vita maschili.