In difesa del meretricio
L – Caro padrone, penso a tutte le volte che avrei voluto abbandonarvi, per vivere una vita un po’ tranquilla, senza più correre pericoli lasciandomi coinvolgere nelle vostre avventure galanti; ma non l’ho mai fatto. Alla fine, riuscite sempre a convincermi che che mi conviene restare. Non mi avete mai obbligato…
DG – Ma che dici mai? Io obbligare qualcuno a far qualcosa? Sarei in contraddizione con me stesso! Un libertino non può e non vuole obbligare nessuno!
L – Ma un seduttore come voi piega al proprio volere le donne!
DG – Ma tu hai voglia di scherzare! Assimili la seduzione alla coercizione? Fai come quelli che attribuiscono alla pubblicità commerciale un irresistibile potere di condizionamento. Anche la pubblicità seduce, spesso raccontando fior di fandonie. Ma non può obbligare alcuno ad acquistare ciò che non gli piace. Io sono piaciuto sempre a tutte le donne che piacciono a me; hanno accettato la mia seduzione e ne sono state ben felici. Anche tu, dilla schietta, sei ben felice di essere al mio servizio. O preferiresti essere il servitore di uno scalzacane come Don Ottavio o d’una femmina piagnucolosa come Donna Elvira?
L – Dio ne scampi e liberi! Mille volte star con voi!
DG – Grazie. Ma vorrei capire da dove nascono queste tue riflessioni sul nostro passato.
L – Riflettevo sulla schiavitù. Se io vi avessi venduto la mia libertà, sarei vostro schiavo, e non potrei certo cambiar padrone, né avrei mai potuto neanche soltanto pensarlo.
DG – Vaneggi? Non si può vendere la propria libertà! Sarebbe una contraddizione! Aver la libertà di non essere liberi! Vincolarsi senza poter più cambiare idea!
L – Eppure la schiavitù è esistita, e forse da qualche parte, in qualche forma, esiste ancora.
DG- Senza forse. Ma è una vergogna dell’umanità.
L – Sarete dunque d’accordo con quella legge approvata da poco in Francia che mette al bando la prostituzione, comminando gravi sanzioni a chi la pratichi e a chi ne approfitti.
DG – Neanche per idea.
L – Invece Dacia Maraini ne è entusiasta, si augura che possa venir approvato anche in Italia qualcosa di simile. Vendere il proprio corpo significa accettare una schiavitù.
DG – Indubbiamente vendere il proprio corpo significa accettare la schiavitù, perché se il nostro corpo diventa di un altro, non siamo più liberi di farne uso: e noi siamo il nostro corpo; ormai lo ammettono anche i preti, che all’anima non credono più.
L – Ma allora la Maraini ha ragione.
DG – Ti dirò che mi piace come scrittrice, ma quando filosofeggia spesso zoppica, e non poco. Le puttane non vendono il loro corpo, e neppure lo affittano. Vendono una prestazione, come qualsiasi altro lavoratore o professionista.
L – Questa è bella! Una prestazione che ha per oggetto il corpo, che non potrebbe svolgersi senza il corpo! Quindi vendita del corpo!
DG – Semmai affitto, perché, finita la prestazione, il corpo ritorna nella disponibilità di chi l’ha offerto. Ma non è neppure affitto. Prendiamo un qualsiasi contratto di lavoro che richieda l’esercizio di un’attività fisica. Prendiamo un muratore, o uno scaricatore di porto, o un facchino. Ciascuno di questi per eseguire le prestazioni dedotte in contratto deve usare il corpo. Ma non per questo si può dire che venda il proprio corpo. Vende soltanto il proprio lavoro. Lo stesso è per le puttane.
L – No, non è la stessa cosa: nella loro prestazione il corpo è messo completamente a disposizione, diventa in un certo senso proprietà del cliente
DG – Ne sei sicuro? La proprietà è “ius utendi et abutendi”, diritto di usare e di abusare di un oggetto, secondo la definizione che ne davano i giurisperiti romani. Un contratto di meretricio autorizzerebbe il cliente a tagliare una mano a chi offre l’uso – e un uso conforme alla sua natura, e per un tempo limitato! – di un proprio organo corporale ben definito?
L – No, però…
DG – Però che cosa? Lo scaricatore di porto non offre le sue spalle al datore di lavoro? Il muratore non offre le sue mani?
L – Ma non certo per metterle a contatto con un organo corporale dell’imprenditore che lo paga, com’è invece nel meretricio, dove avviene addirittura una penetrazione.
DG – Se io vado da un massaggiatore, accetto che quello mi tocchi. E anche dal parrucchiere. E anche dal medico. Che se vuol verificare se ho le emorroidi, deve penetrarmi, e in un organo e in un modo che non sono troppo secondo natura… Almeno per chi non è un culattone.
L – Ma quelli lo fanno non certo per provar piacere, lo fanno perché li paghi!
DG – Anche la puttana la paghi, ti tocca e si fa toccare proprio per questo questo, e in molti casi ci gode anche. Godi tu e gode lei, il penetrante e la penetrata. Dov’è la schiavitù? Finito il rapporto, ritorna nella piena disponibilità del proprio organo, come il facchino delle proprie spalle dopo aver scaricato i bagagli; e se vuol smettere e cambiare lavoro nessuno glielo può impedire. Sia ben chiaro: sto parlando di libere professioniste o di lavoratrici dipendenti con regolare contratto e magari tutela sindacale. Altro discorso per le donne che sono state costrette a prostituirsi e si trovano nelle grinfie dei magnaccia. Questa sì è schiavitù. Com’era schiavitù quella dei negri nelle piantagioni, mentre non è schiavitù quella di un contadino che lavora in un fondo non suo in base a un contratto liberamente sottoscritto.
L – Quasi quasi mi state convincendo anche questa volta. Però c’è anche chi lavora senza mettere a disposizione il proprio corpo. Le attività intellettuali, quelle artistiche…
DG – Sbaglio, o per le attività intellettuali bisogna usare il cervello? E il cervello non è parte del corpo? E quando prendo carta e matita per scrivere una poesia, non devo usare le mani? O il computer, se vuoi, ma prova a far uso della tastiera senza le dita… Hai mai visto un violinista suonare? Vien pagato per questo; e per eseguire, che so, la “Sonata a Kreutzer” s’avvinghia al suo strumento con tutto il corpo, quasi in un rapporto d’amore. E un direttore d’orchestra che fa senza il corpo? S’attacca al tram. Non parliamo di pittori e scultori, che spesso per fare il loro lavoro si devono inzaccherare da capo a piedi…
L Mi arrendo. Ma perché i politicamente corretti sono diventati così bigotti? Una volta erano i preti a dir certe cose. Ora va riconosciuto che nei cineforum parrocchiali si presentano e si commentano – spesso da persone molto preparate- film che un tempo avrebbero fatto gridare allo scandalo. In compenso, il sindaco di Roma voleva vietare la pubblicità che fa leva sul nudo femminile, perché mercifica il corpo delle donne; il governo Renzi mette i braghettoni alle nudità artistiche per non scandalizzare il presidente iraniano (al quale quei nudi non fanno né caldo né freddo) in visita ufficiale; e la Bignardi, che un tempo non aveva problemi a comparire in TV con le tette fuori e le cosce scoperte, pretende che alla sua rubrica televisiva le donne si presentino in abbigliamento castigato. Come i preti d’una volta, che se in paese vedevano in giro una ragazzina in pantaloncini o con la gonna troppo corta, mostrando le chiappe, minacciavano di allontanarla dai sacramenti…
DG – Eh sì, caro Leporello. Oggi che la Chiesa conta come il due di briscola, e un papa per farsi apprezzare (dagli atei) deve appiattirsi sulle idee più becere del politicamente corretto (riscaldamento globale, capitalismo selvaggio, islamofobia, viva le tasse, evasori all’inferno, e via di questo passo), lo Stato è diventato la vera religione e la vera Chiesa. Che, in quanto tale, deve occuparsi anche e soprattutto della salute dell’anima.
L – Quell’anima a cui i preti non credono più.
DG – Gli Stati invece sì, evidentemente. E come una volta i preti censuravano, vietavano, scomunicavano, mandavano davanti all’Inquisizione, spedivano sul rogo per il bene dell’anima, così ora fanno gli Stati, ma in modo più rozzo. La Chiesa ha sempre condannato la prostituzione, ma l’ha anche sempre tollerata come male minore. Questa è saggezza. San Tommaso d’Aquino diceva che non si possono eliminare i vizi; anzi, si spingeva più in là: pensava che una società senza vizi non sarebbe neppure auspicabile.
L – La Maraini invece pensa che la prostituzione si può e si deve eliminare.
DG – Se la proibiranno, si svilupperà ancora di più, come sempre capita col proibizionismo. E le tariffe aumenteranno. Così le puttane diventeranno ricche, e io ne sono ben contento, alla faccia di tutti i bacchettoni e di tutte le Maraini.
L – Si potrebbe rendere il sesso libero e gratuito. Tutte le donne dovrebbero darla gratis, e come nelle”Donne a parlamento” di Aristofane si dovrebbe promulgare una legge che obblighi il maschietto, prima di unirsi a una bella, a inforcarne una brutta.
DG – Bell’idea! Accanto alle quote rosa, avremmo le quote-befana. Si salvi chi può!!!
In Francia vietano la prostituzione? E come fanno a stabilire quando un rapporto è o non è mercenario? Sanzioneranno il matrimonio, forma di prostituzione regolata per legge? Sarà un giudice a valutare se un matrimonio è di interesse oppure no? E gli intellettuali della gauche che scrivono pro Hollande, saranno finalmente accusati di praticare la prostituzione letteraria?