Delinquenti e scemarelli
Una delle massime che più si sentono ripetere in questi tempi cupi in cui i più sembrano aver perduto lo ben dell’intelletto è quella secondo cui “la mia libertà finisce dove comincia la tua”. Una massima di buon senso? No, una massima di senso comune. Qual è la differenza? Il senso comune è quello che pensano tutti, o quasi. Il buon senso è quello di chi pensa bene. Talora i due atteggiamenti coincidono, talora no. Non è detto infatti che il Bene sia democratico. Intendiamoci: qualche volta può capitare. Non capitò quando la folla scelse di liberare Barabba, un assassino, e di mandare a morte Gesù, che predicava l’amore per i nemici. Non capitò quando un tribunale dell’antica Atene, tornata al regime democratico dopo la lugubre esperienza dei Trenta Tiranni, condannò Socrate a bere la cicuta sotto l’accusa di essere ateo e di corrompere i giovani. Non capitò quando nel 1938 a protestare contro le leggi razziali furono quattro gatti: negli archivi di tutte le scuole d’Italia sono conservati i registri dei Collegi Docenti in cui si decideva all’unanimità di bandire tutti i libri di testo scritti da ebrei. L’elenco potrebbe continuare all’infinito, a dimostrazione che quantità e qualità spesso fanno a pugni. La mia libertà finisce dove comincia la tua? Sarei disposto a giurare che solo uno sparuto gruppo di persone dal cervello fino dissentirebbe da questo aforisma. Come non essere d’accordo? Posso forse io, in nome della mia libertà, rubare il portafoglio al primo malcapitato che mi arriva sotto tiro, o fracassargli il cranio? O, se questi esempi estremi non piacciono, anche soltanto disturbare il sonno del mio vicino di casa diffondendo per tutta la notte musica a tutto volume? O appuzzare l’appartamento di chi abita sopra di me inondandolo col fumo del mio barbecue? Certo che no! Ma rubare il portafoglio a uno, spaccargli il cranio, impedirgli di dormire o appuzzargli l’appartamento non significa violare la sua libertà, significa soltanto, nel peggiore dei casi, compiere atti criminali, nel migliore tenere comportamenti scorretti e in varia misura dannosi nei confronti del prossimo. L’aforisma dovrebbe essere capovolto: la mia libertà comincia dove comincia la tua. Se io sono libero e tu no, anche la mia libertà risulta menomata. Se siamo liberi tutt’e due allo stesso modo, la libertà di ciascuno si accresce, perché due libertà sono più di una sola. Una società può dirsi libera quando tutti i suoi membri sono egualmente liberi. Non perché in questo modo si raggiunga una fantomatica libertà collettiva, ma perché le libertà individuali risultano enormemente accresciute grazie alle loro interazioni. Come esiste -almeno in teoria, la realtà purtroppo è tutt’altra- un libero mercato dei beni e dei servizi, che rende più ricchi i singoli individui (non la collettività, dove uno potrebbe essere ricchissimo, grazie a un meccanismo economico di rapina qual è ad esempio il capitalismo monopolistico, un altro rimanere povero in canna) così esiste – o dovrebbe esistere – un’interazione delle libertà che si esplica su ogni piano dell’agire umano, dai più bassi e materiali ai più alti e spirituali, tale da rendere ogni individuo pienamente padrone di sé stesso, del proprio volere e delle proprie aspirazioni. E’ la conclusione cui giunge anche Rothbard nel suo famoso saggio “Ethic of liberty”, laddove dice che l’affermazione secondo cui ognuno può fare quello che vuole finché non impedisce la volontà degli altri è ridondante. Basterebbe dire che ognuno può fare quello che vuole, punto e basta. Perché se qualcuno viola la volontà di un altro, non rimane più vero che ognuno può fare quello che vuole! Qualcuno sarà più libero, qualcuno meno. Alla fine, la volontà totale risulterà vulnerata: ancora una volta, non una fantomatica volontà collettiva, ma proprio la volontà di ciascun individuo: se tu oggi impedisci la mia volontà e io domani impedisco la tua, è la volontà di entrambi a subire uno scacco.La sciocchezza della libertà mia che finisce dove comincia la tua, piuttosto vecchiotta, è stata riesumata e tirata a lucido per sostenere la martellante propaganda in favore della vaccinazione anti-Covid. Non si discosta molto dal suo nocciolo la fandonia su cui Mario Draghi ha fondato la sua politica pseudo-sanitaria, che ha avuto come epilogo l’istituzione di un passaporto vaccinale senza di cui si è addirittura esclusi dalla possibilità di lavorare. Il torvo banchiere dal curriculum pieno di lacrime e sangue ha avuto la spudoratezza di dichiarare che chi non si vaccina contagia e se contagia può anche uccidere. Non sei libero di non vaccinarti, perché se non ti vaccini violi la libertà altrui! No e poi no. Se fosse vero che il non vaccinato contagia sempre qualcuno (il che è falso perchè moltissimi non vaccinati rimangono perfettamente sani) e che il contagiato rischia sempre la morte (quando invece la letalità della Covid è poco più alta di quella di una semplice influenza stagionale), e in più i vaccini, in assenza di terapie efficaci, producessero un’ immunizzazione totale senza dar luogo a effetti collaterali preoccupanti, chi rifiutasse la vaccinazione non eserciterebbe la propria libertà ai danni della libertà altrui, ma semplicemente si comporterebbe da criminale. Ma le cose non stanno così. L’è proprio tutta a rovescio. Si muore di Covid ma si muore anche di vaccino. Il vaccino non immunizza totalmente e talora non immunizza affatto. Il vaccinato può contagiare e essere contagiato. I vaccini sono sperimentali, chi vi si sottopone lo fa a suo rischio e pericolo, firmando un consenso disinformato col quale esime tutta la filiera, dall’infermiere al medico vaccinatore al pampalugo con la piuma sul cappello allo Stato alle case farmaceutiche da ogni azione giudiziaria e da ogni obbligo di risarcimento in caso di danno. Si accetta di far la cavia gratuitamente. Draghi è un ignorante o un delinquente? Vedete voi. Volete sapere come la penso? i. Uno come lui, con la sua intelligenza luciferina, temprata nelle scuole gesuitiche e nelle officine degli gnomi della finanza mondiale (gli “incappucciati” di cui parlava il suo maestro Federico Caffè) mente sapendo di mentire, per raggiungere l’obiettivo per cui è stato scelto a occupare lo scranno di Presidente del Consiglio della Repubblica Italiana, eletta come laboratorio sperimentale di tecnologie d’avanguardia da applicare gradualmente in tutto il mondo, in nome di una “nuova normalità”. Draghi è un ingranaggio -e quale ingranaggio!- del gioco mondiale guidato dal potere economico-finanziario che ordisce i suoi disegni nei consessi a porte chiuse di prestigiose associazioni massonico- mafiose e celebra pubblicamente i suoi fasti ogni anno a Davos, sotto l’egida di quel Klaus Schwab che nei suoi saggi espone con la massima chiarezza gli scenari di un futuro da brividi. Lo scemarello credo che sia invece Mattarella. Quando nel suo discorso in occasione dell’apertura dell’anno accademico alla Normale di Pisa blatera di Scienza con la S maiuscola, tesse le lodi degli italiani che si sono vaccinati dimostrando un grande senso civico e riserva un elogio particolare ai giovani che con tanta generosità hanno offerto il loro braccio all’inoculazione del siero miracoloso (vien da pensare ai loro bisnonni che hanno offerto l’oro alla Patria) forse crede davvero alle panzane che snocciola davanti a un uditorio di ipocriti, di opportunisti e di rimbecilliti. Mattarella è una pedina che si trova lì per caso. Lui o un altro come lui sono la stessa cosa. Usa e getta. Quando poi, fra qualche mese, sarà Draghi a prendere il suo posto, allora l’ingranaggio avrà fatto un salto di qualità. e continuerà a girare come vogliono i suoi mentori, verso le magnifiche sorti e progressive del transumanesimo. A meno che la Fortuna, come la chiamava Machiavelli, non si diverta a buttare tutto all’aria. Chi vivrà vedrà.