Don Giovanni

La Chiesa Cattolica verso il baratro

L – Padrone mio, viviamo davvero in un tempo di grande confusione. Guardate qui, che cosa mi tocca leggere: da una parte qualche catto-liberale nostrano incensa Trump per la sua posizione antiabortista, dall’altra parte tutti i catto-progressisti e gli ateo-papisti elogiano il papa per aver attenuato la condanna dell’aborto.
DG – Piano, piano, Leporello mio, non sono del tutto sbagliate le tue affermazioni, ma vediamo di non fare a nostra volta qualche confusione. Non è che il papa abbia attenuato la condanna dell’aborto, che in sé per la Chiesa rimane un abominevole delitto, solo ha reso più misericordiosa la remissione del peccato. Sono d’accordo, però, che tale atteggiamento si presta a interpretazioni ingannevoli o addirittura furbesche, del tipo: ma allora abortire è un peccato veniale.

L – Ma voi che ne pensate, in proposito?

DG – Penso che la Chiesa ha tutto il diritto di proclamare la sua dottrina, e di escludere dai suoi ranghi chi la rifiuta. Chi vuol far parte di un’associazione deve accettarne lo statuto, altrimenti può esserne escluso o espulso. Non vedo il problema. Quanto a Trump e a chi lo incensa, consiglierei a tutti questi signori di farsi i fatti loro. Non tirino in ballo lo Stato, che di queste cose non si deve impicciare. In una società anarchica nessuno potrebbe impedire a chicchessia di abortire. Sei contro l’aborto? Non abortire, non praticare l’aborto e cerca di convincere chi vuol farlo a cambiare idea. Sei per l’aborto? Abortisci pure, pratica pure l’aborto e fai tutta la propaganda che vuoi per l’aborto. Anche qui non vedo il problema. Alcuni ospedali praticheranno l’aborto, altri no. Alcuni ginecologi saranno favorevoli, altri contrari. Ognuno risponderà davanti alla sua coscienza, e dopo la morte davanti a Dio, se Dio c’è e ha voglia di interessarsi di queste cose.

L – Ma l’aborto non è un delitto?

DG – Per alcuni sì, per altri no. Mettiamo ai voti? Neanche per idea. Ognuno per la sua strada.

L – Ma voi, personalmente, che cosa fareste, se foste una donna e vi trovaste ad aspettare un figlio non desiderato, in condizioni precarie, magari per essere stata vittima di una violenza carnale?

DG – Troppo comodo ragionare in astratto, mettendosi nei panni di una donna quando si è maschi. Rispondo: non lo so. Dico solo una cosa: se l’aborto è un delitto, non si possono fare eccezioni. Non è che sia meno delitto uccidere un esserino concepito in seguito a violenza carnale che ucciderne uno concepito nel talamo coniugale, perché ci si è dimenticati di prendere la pillola o si è bucato il preservativo, o il compagno è stato maldestro nella pratica barbarica del coitus interruptus.

L – Giusto, che colpa ne ha, quell’esserino, se è frutto di una violenza? Mica l’ha voluto lui.

DG – Però uno dev’essere libero di accettare e di praticare l’aborto anche solo in alcuni casi. A ognuno le sue incoerenze. Il mio è un discorso puramente accademico. Si deve essere liberi anche di dire tutto e poi il contrario di tutto. Anche di dire che due più due fanno cinque. E che l’aborto ora è delitto, ora no. Qualcuno dice che se a uccidere sei tu, di tua volontà, è delitto; se invece uccidi perché è lo Stato che ti ordina di farlo, sei un patriota. E magari ti danno la medaglia. Ma lasciamo perdere. Ti voglio raccontare una storia vera, che mi ha commosso (sì, sono capace anch’io di commozione, checché ne dicano le malelingue sul mio conto). Una giovane fanciulla ha una gravidanza inaspettata, in seguito a un rapporto occasionale. Di solito in questo caso è la giovane a voler abortire e sono i genitori, magari il padre (come maschietto, il meno indicato) a opporsi. Invece no: il padre è del tutto favorevole all’aborto, la figlia dice che vuol tenersi il bambino. Ammirevoli l’uno e l’altra. Questa è la libertà. La figlia, che ha scelto liberamente di amare un esserino giunto per caso, è la più ammirevole di tutti. Ma se avesse scelto di ascoltare il padre, non sarebbe certo da condannare. L’importante è che nessuno cerchi di coartare la volontà di un altro, di far violenza ai principi e ai desideri di quello per imporre i propri.

L – Ma voi, che avete posseduto tante donne (il mio catalogo è eloquente) non ne avete mai ingravidata nessuna? Non vi siete mai trovato ad essere padre? Nessuna donna vi ha mai accusato di averla resa incinta?

DG – No, caro amico. Io sono un essere razionale. Il mio erotismo non è mai passione. Sono un discepolo di Epicuro: la passione è rovinosa. Ho sempre preso le mie precauzioni, proprio per non mettere in difficoltà le mie amanti. Se tutti seguissero il mio esempio l’aborto scomparirebbe.

L – Ma Donna Elvira…

DG – Quella purtroppo l’ho sposata, ma mi è bastata una notte per non provarne più desiderio. E per fortuna in quella notte non era feconda. Forse non lo è mai stata. L’ho scampata bella. L’errore
più grave della mia vita poteva costarmi caro.

L – Ma torniamo alla Chiesa. Sarete contento di questa misericordia…

DG Non mi fa né caldo né freddo. Dicono che la Chiesa si sta aprendo al mondo. A me pare che stia andando a rotta di collo verso il baratro. Bisogna condannare il peccato ma non il peccatore? Ma il peccato in sé non esiste, è un’astrazione, esiste qualcuno che compie un’azione da noi ritenuta peccaminosa. Senza il peccatore il peccato non esisterebbe. Se l’aborto è un delitto, chi lo pratica dev’essere considerato un delinquente.

L – Senza nessuna attenuante?

DG – Ammetto le attenuanti, ma il delitto, se è delitto, rimane. E poi, posso ammettere le attenuanti per la donna, non certo per il medico. Invece mi pare che il papa faccia di ogni erba un fascio. Almeno per i medici, avrebbe dovuto mantenere la disciplina finora vigente. Che attenuanti possono avere? Ma sono fatti della Chiesa, a me non importano né poco né tanto.

L – Ma perché dite che la Chiesa sta andando verso il baratro?

DG – Perché sta alterando surrettiziamente la sua dottrina, quella in cui i fedeli più sinceri credono ancora. Preferisco la beghina che ogni giorno biascica rosari a quei due furbastri di Gianfranco Ravasi e Nunzio Galantino.

L – Due alti prelati, due persone coltissime, due biblisti di chiara fama……

DG – Sicuramente, ma anche due atei travestiti da prete. Uno dice che l’anima e il corpo sono la stessa cosa; che Lazzaro non è resuscitato; che anche la resurrezione di Cristo non è quella cosa che vediamo sulle immaginette; che Anania e Saffira non sono morti per punizione divina, ma perché gli è venuto un accidente che è stato mal interpretato. L’altro arriva ad affermare che Sodoma non è stata distrutta, anche se i suoi abitanti, tranne Lot, erano tutti culattoni, perché Dio ha ascoltato le preghiere di Abramo. Peccato che la Bibbia dica esattamente il contrario. Galantino ha gioco facile, perché parla ai cattolici, che la Bibbia magari l’hanno in casa ma intonsa. In ambiente protestante non potrebbe farlo, verrebbe subito sbugiardato.

L – Ma se siete voi a dire che il Dio predicato da Cristo non è lo Jahvé dell’Antico Testamento, quello che si pente di aver fatto l’uomo, quello che ordina di passare i nemici a fil di spada, uomini donne bambini, quello che incenerisce le città ribelli!

DG – Certo, io sono d’accordo con Marcione, che però è sempre stato bollato come eretico. Che fa la Chiesa? Gli dà ragione dopo poco meno di duemila anni, reinterpretando le Scritture e correggendole? Dopo aver parlato per secoli di inerranza della Parola divina? Doveva pensarci prima! E dopo aver condannato i modernisti, anche i più moderati come Antonio Fogazzaro, e costretto alla fame un galantuomo come Ernesto Buonaiuti con la complicità dello Stato, accetta il modernismo ritardatario, e ben più radicale, di Ravasi e Galantino? Un po’ troppo in ritardo, allora, come sempre! (Il De revolutionibus orbium coelestium di Copernico è rimasto all’indice fino ai primi decenni dell’Ottocento). Se, d’altra parte, disfacendosi gradualmente della sua dottrina, anche in ciò che ha di più nobile e di più grande, la Chiesa vuole ridursi a una società di beneficenza, magari una ONLUS che gode di provvidenze pubbliche, preferisco la Fondazione Bill e Melinda Gates. Meglio un capitalista che usa i suoi meritati guadagni per far del bene che un elemosiniere in combutta con lo Stato ladro. Uno che parla male delle banche – anch’io le aborro – ma possiede una banca che ne ha fatte di cotte e di crude; che predica l’apertura delle frontiere ma se ne sta ben serrato dentro i confini del suo piccolo regno; che predica la povertà ma è seduto su un trono.

L – Come siete cattivo…

DG – Cattivissimo. Sai che direi a quel signore vestito di bianco? “Vai, vendi tutto quello che hai e dallo ai poveri. Poi vai, e seguiLo”.

Giovanni Tenorio

Libertino