Il Generale Inverno
Liz Truss, non appena assurta alla carica di Primo Ministro del Regno Unito, non esita a dichiarare fedeltà all’Alleanza Atlantica, nel solco di una politica estera che su questo principio non ha mai vacillato sotto nessun governo di Sua Maestà. Fin qui, niente da dire. Sostiene l’opportunità di continuare ad aiutare la resistenza ucraina all’invasione sovietica, con l’invio di armi e l’addestramento delle truppe. Su questo punto si potrebbero sollevare molte obiezioni, ma anche in questo caso niente di nuovo: è la continuazione della linea politica del suo predecessore Boris Johnson, ingloriosamente caduto per alcuni scandali che gli fanno poco onore. Però poi dice qualcosa di nuovo, che fino a questo momento nessuno aveva avuto il coraggio di dichiarare esplicitamente: se necessario, per battere la Russia si potrà far ricorso anche alle armi nucleari.
Prima considerazione: quando raggiungono posizioni di potere, le donne sono più cattive degli uomini. Basta avere un po’ di esperienza scolastica per sapere che, di solito, le insegnanti sono più carogne degli insegnanti maschi; e che all’Università, in sede di esami, se è possibile scegliere fra un assistente maschio e un’assistente femmina, è meglio scegliere il maschio (e in genere gli assistenti sono più carogne dei titolari, ma questo è un altro discorso). Negli anni Settanta dello scorso secolo il Regno Unito era spesso in balia delle agitazioni sindacali, sotto la regia delle Trade Unions (“un tempo gli oppressi, oggi gli oppressori” aveva già detto a suo tempo Keynes). Il conservatore Edward Heath aveva tentato di porre un rimedio all’incresciosa situazione, da cui derivavano danni economici rilevanti, con l'”Industial Relations Act” , una legge che regolava il diritto di sciopero attraverso una serie di limitazioni e di meccanismi arbitrali volti a regolare i rapporti di laoro in maniera pacifica. Non fu un grande successo. Quando arrivò al potere Margareth Thatcher l’atteggiamento cambiò. Fu uno scontro duro. Gli scioperi contro la chiusura di alcune miniere ormai diventate improduttive durò mesi. Per domare la ribellione dei minatori, che assumeva spesso connotazioni violente, non si esitò a ricorrere alle cariche della polizia a cavallo (guardate che non sto facendo l’elogio della Thatcher: oggi, un po’ in tutto il mondo occidentale, i sindacati degli operai hanno perso smalto, allineandosi spesso alle politiche governative e padronali: il che non è affatto un bene, se è vero, come diceva Einaudi,che le lotte del lavoro sono motore di progresso. Capovolgendo il detto di Keynes,un tempo gli oppressori, oggi gli oppressi).
Seconda considerazione: tranne qualche belato, non mi risulta che i governi schierati dalla parte di Zelenski abbiano avuto nulla da ridire. Eppure la dichiarazione della Truss è grave. Impiegare le armi nucleari (non importa se strategiche o, come in questo caso sembrerebbe sottinteso, soltanto tattiche) significherebbe alzare il livello dello scontro. La Russia sarebbe indotta ad agire di conseguenza. Quella che ipocritamente è stata finora qualificata come un’operazione di denazificazione dell’Ucraina diventerebbe una guerra a tutti gli effetti. Putin non esiterebbe a impiegare tutto il suo potenziale militare, ora impiegato a ranghi ridotti, e si correrebbe il pericolo di trovarsi nel bel mezzo della Terza Guerra Mondiale. Quando invece è Lavrov a sostenere che, sulla base dei suoi regolamenti di guerra, la Russia potrà far ricorso alle armi nucleari tattiche nel caso che subisca attacchi sul proprio territorio, Biden rimbecca immediatamente Putin consigliandogli di non farlo, perché sarebbe la catastrofe. Due pesi e due misure. La Truss è un’amica dei patrioti ucraini, Putin è un criminale (il che può essere vero, non meno però di altri criminali che sono stati a suo tempo e sono ancora blanditi perché fa comodo alle “democrazie”, a dispetto dei loro sacri principi).
Qualcuno teme davvero che, dopo gli ultimi millantati successi della controffensiva ucraina, grazie alla quale sono stati riconquistati alcuni territori occupati, costringendo le truppe russe a una precipitosa ritirata, Putin possa pensare sul serio all’uso di armi atomiche tattiche? Il pretesto non mancherebbe: ha sempre considerato la Crimea e il Donbass parte integrante della Russia; quindi una riconquista di quei territori, anche soltanto parziale, potrebbe da lui essere portata a sostegno di una decisione di tale gravità.
Chi la pensa così, però, dimentica che, nella sua storia, la Russia ha sempre avuto uno stratega imbattibile: il Generale Inverno. Fu così con Napoleone e con Hitler. Al tempo di Napoleone, dopo la battaglia di Borodino, la Russia sembrava spacciata. Contravvenendo a tutte le regole dottrinarie e opponendosi alla maggior parte dei suoi colleghi, il comandante supremo Kutuzov lasciò che le truppe francesi arrivassero fino a Mosca, e fece terra bruciata davanti a loro. All’arrivo dei rigori invernali, furono costrette a ritirarsi, perdendo molti uomini per la fame, il freddo e gli stenti. Per Bonaparte fu l’inizio della fine. Nella seconda Guerra Mondiale capitò qualcosa di simile. Furono le truppe di Hitler e di Mussolini a finire nella trappola del terribile inverno russo, ridotte alla fame, al congelamento, alle malattie, con i mezzi militari impantanati nel fango. Per sapere quale fu la sorte dei contingenti alpini italiani impegnati nella disastrosa campagna di Russia basta leggere “Centomila gavette di ghiaccio” di Bedeschi.
Oggi la situazione è ben diversa. Nessuno ,almeno finora, ha invaso la Russia, semmai è la Russia ad aver invaso un Paese sovrano. Ma il Generale Inverno può escogitare ancora qualche stratagemma: basterà, ad esempio, che Putin blocchi davvero ogni rifornimento di gas all’Europa. Allora non basterà abbassare di qualche grado la temperatura degli impianti di riscaldamento, risparmiare energia elettrica nelle ore di punta, spegnere l’illuminazione stradale, rinunciare alle luci nelle vetrine dei negozi, pagare bollette stratosferiche. Si resterà al freddo e al buio, punto e basta. Forse a questo punto i governi dovranno fare i conti con i loro popoli, che già ora, a parte qualche fanatico, sono piuttosto riluttanti a far sacrifici per una guerra che non li riguarda. Quando fu imposto l’obbligo vaccinale, una sparuta minoranza scese in piazza, la maggioranza pecorona si adeguò. Quando si morirà di freddo e di fame (sì, anche di fame) c’è poco da adeguarsi.
Staremo a vedere se si potrà continuare con l’invio di armi e con le sanzioni, o se non sarà il caso di far pressioni su Zelenski perché accetti una soluzione di compromesso. Come sarebbe stato opportuno fare fin da principio. Putin è un criminale? Può darsi. Anche Zelenski però non è un angelo. Di certo è un burattino. I fili di tutta la faccenda sono nelle mani di qualcun altro , che risiedendo di là dall’ Atlantico ha ben poco da perdere. Anzi, da un’Europa stremata ha tutto da guadagnare.
Michail Illarionovic Kutuzov. Ricordo la richiesta di una mia amica per aiutarla nel suo primo esame universitario di letteratura moderna. Il suo docente le disse che il personaggio era una figura immaginaria del romanzo “Guerra e Pace” di Lev Tolstoj. Rilessi il romanzo all’epoca, non trovai alcun personaggio omonimo. Forse avrò letto male; ma se invece ho letto bene, l’episodio è tipico della situazione accademica odierna. Eravamo nei primi anni novanta del ventesimo secolo, non credo sia cambiato molto. Comunque non in meglio.