Mese: Novembre 2017

Don Giovanni

Capitalstatismo, capitalismo e mercato

In realtà il mercato è sempre innocente, se è mercato vero. E’ il Capitalismo spesso, quasi sempre, a non esserlo. Troppo ammanicato con il potere dello Stato, per ottenerne protezione e favori. Troppo incline a trattenere i profitti per sé e a scaricare le perdite sulla collettività. Troppo bramoso di posizioni monopolistiche favorite dalla legislazione positiva. Troppo avvinghiato alle rendite della proprietà intellettuale, dominante in tutti i campi attraverso il sistema dei brevetti e del copyright. In questo hanno ragione i “left libertarians” quando distinguono puntigliosamente Capitalismo e Mercato, respingendo il primo e accogliendo il secondo. Forse è solo una questione di significati da attribuire alle parole. Anche i filocapitalisti alla Rothbart quando parlano di Capitalismo non intendono il brutto sistema oggi dominante -aggravato, tra l’altro, dal monopolio statale della moneta, amministrata dalle banche centrali – ma intendono riferirsi al mercato puro.
Discorsi troppo sottili non solo per l’incolto Tremonti, ma anche per gli intrepidi sostenitori del secessionismo; i quali, come amano gli staterelli piccini piccini, chiusi entro le loro barriere, disprezzando le aggregazioni politiche più ampie e magari sputando sulla libera circolazione delle persone nell’area di Schengen , così amano le botteghe artigiane (di cui anch’io, sia ben chiaro, nutro nostalgia) e le fabbrichette dei padroncini (a molti dei quali anch’io tolgo tanto di cappello), aborrendo come il demonio le spaventose Multinazionali. Maledetto mercatismo e liberismo! Va bene il Capitalismo nostrano, magari protetto da dogane, ma gli stranieri se ne stiano fuori. E guai a delocalizzare, dando lavoro a chi non è della nostra razza e affamando i nostri fratelli.
Autentici no-global. Fossero meno rozzi, saprebbero che l’economista indiano Jagdish Bhagvati ha dimostrato come la globalizzazione, pur con tutte le sue ombre che nessuno vuol negare, ha portato ricchezza laddove prima c’era la fame e nel complesso ha fatto bene a tutto il mondo. Ha anche dimostrato che le Multinazionali – le cui malefatte, quando documentate, nessuno vuol disconoscere – di solito pagano i dipendenti meglio delle industrie indigene e rispettano più di queste le normative riguardanti la tutela del lavoro. Senza andare nei Paesi sottosviluppati, anche da noi è più facile trovare lavoro nero e operai sottopagati in una fabbrichetta che in una Multinazionale (sia detto a chiare lettere: se l’alternativa al lavoro nero è la chiusura della fabbrica e la disoccupazione, ben venga il lavoro nero).

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Don Giovanni

Viva i terroni

L’identità è un sentimento puramente individuale. Nessuno la può imporre dall’alto. Chi è nato in uno stesso territorio tenderà a sentirsi affratellato ai suoi compaesani, senza che nessuno glielo imponga. Potrà anche non sopportarli, come Leopardi non sopportava i recanatesi e Verdi i bussetani, ma non per questo bisognerà fargliene una colpa. Volta e Gioeni, nati e vissuti a più di mille chilometri di distanza, si sentivano fratelli. Erano entrambi scienziati, scrivevano entrambi in un bellissimo italiano, si riconoscevano entrambi in una cultura che aveva come suo centro territoriale un’Italia politicamente inesistente, “espressione geografica”, eppur fervida di ingegni. Sarebbe arrivata la politica, più di mezzo secolo dopo, a inventare i terroni e i polentoni. Prima dello Stato unitario tutti gli abitanti dello stivale, compresi i montanari a ridosso delle Alpi, erano terroni. La lettera di Volta a Gioeni è una piena conferma di quanto stiamo dicendo.
Ma attenzione: per il resto dell’Europa è ancora così. Al di qua delle Alpi, tutti terroni. Lo dimostra l’attuale vicenda della sede EMA, negata a Milano. D’accordo, il meccanismo per la scelta è demenziale, è ridicolo che l’assegnazione sia stata affidata alla fin fine a un “testa o croce”. Però Madrid, che fa parte dei terroni, non ha votato per Milano, ha preferito votare per il Nord, scegliendo il piano nobile invece del seminterrato. La Germania, in crisi per la difficoltà a formare un governo di coalizione dopo le elezioni, s’è vista sgraffignare l’EBA da Parigi; ma i francesi non sono terroni, anche se sono cugini degli italiani, e hanno visto riconosciuta la loro eccellenza. In compenso, la Germania, che pur dell’italia si dice amica, s’è ben guardata dal dimostrarle benevolenza, puntando invece su Amsterdam. In somma, il Nord da una parte e il Sud dall’altra, con la complicità di qualche rinnegato (si sa che i più accaniti denigratori dei terroni sono i terroni diventati nordici; ce n’erano anche nella Lega di Bossi).

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Don Giovanni

Ogni bigottismo ha il suo catechismo.

Ogni bigottismo ha il suo catechismo. Fra i bigottismi più radicati occupa un posto d’onore il Politicamente Corretto. Certo, non è un bigottismo da gente dozzinale. E’ un pensiero di persone d’alto rango. Una volta era considerato riprovevole assumere atteggiamenti irridenti nei confronti della religione. Scherza coi fanti e lascia stare i Santi! Oggi non più. La bestemmia è piuttosto diffusa, e non solo tra la gente triviale. L’importante è non parlar male della religione musulmana: ed ecco una forma di bigottismo politicamente corretto. Guardate che anche il papa regnante si adegua all’andazzo: può dire impunemente che Gesù fa un po’ lo scemo (bestemmia pura!), ma si sente in dovere di dichiarare che nella dottrina di Maometto non c’è traccia di violenza (o non ha letto il Corano o gliene hanno affibbiata una versione ad usum delphini).

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