Don Giovanni

Cui prodest?

Com’è possibile che servizi segreti agguerritissimi come quelli israeliani si siano lasciati aggirare dai terroristi di Hamas, così da consentire un attacco inaspettato contro la popolazione inerme? Eppure, i confini della striscia di Gaza, una vera e propria “enclave” nel territorio di Israele  – la quale, in quanto ne dipende per i rifornimenti alimentari, idrici ed energetici, gli deve la propria sopravvivenza quotidiana – sono sorvegliati non soltanto da presidi militari in perenne stato di allerta, ma anche da sistemi di controllo elettronici di prim’ordine? Qualcuno ha detto: la colpa è dell’intelligenza artificiale! I servizi segreti si sono fidati troppo degli algoritmi, che, evidentemente, non avendo la medesima versatilità della mente umana, sono stati messi fuori gioco da chi ha saputo astutamente coglierne i punti deboli. Davvero? Ma chi può credere che gli agenti del sistema di spionaggio forse più efficiente del mondo abbiano lasciato ogni controllo dei disegni sovversivi in balia degli algoritmi, senza un’attenta supervisione? La spiegazione, fin dall’inizio risibile, si è del tutto afflosciata quando s’è avuta notizia che, poche ore prima dell’attentato, il governo israeliano aveva ricevuto dall’Egitto la segnalazione di un possibile attacco che si stava scatenando. Perché non s’è dato peso a una simile informazione, che avrebbe dovuto invece mobilitare tutti gli apparati di sicurezza per evitare l’aggressione? Semplice negligenza? Impossibile crederlo, visto che Israele è un Paese che si sente perennemente in pericolo di subire attentati da parte di formazioni terroristiche (con basi anche in Paesi vicini) che proclamano di battersi per annientarlo e liberare la Palestina. Non resta che pensare che si sia lasciato fare. Un po’ come fecero gli USA per avere il pretesto di entrare nel secondo conflitto mondiale. Sapevano che il Giappone stava sferrando un attacco contro le loro basi navali di Pearl Harbour, ma non mossero un dito per prevenirlo. 

Ma perché mai una voluta negligenza da parte del governo israeliano? Anche in questo caso è opportuno chiedersi: cui prodest  un focolaio di guerra nel  Vicino Oriente? Quel bel tomo di Zelensky, subito dopo l’attacco, ha perso l’occasione di stare per una volta tanto abbottonato, dichiarando che l’aggressione di Hamas a Israele ha la stessa natura di quella di Putin all’Ucraina: passi pure, anche se è una grade sciocchezza. Ma ha poi aggiunto che il disegno criminale è stato fomentato da Putin stesso, in combutta con l’Iran. In base a quale ragionamento? A una connessione molto semplice che, facendo piazza pulita di tutti i “se” e di tutti i “ma” (quello che l’ineffabile Aldo Grasso chiama sconsideratamente “rasoio di Occam”, forse per aver studiato Filosofia su bigini di quart’ordine), si configura in questo modo: Putin è amico dell’ Iran, l’Iran è amico di Hamas, quindi la colpa è di Putin, che in questo modo vuole distrarre gli Stati Uniti dall’impegno pro Ucraina, così da far pendere le sorti di quella guerra a proprio vantaggio. Ma Putin la sua guerra l’ha già vinta! La famosa controffensiva di primavera, che avrebbe dovuto ricacciare le truppe dell’invasore di là dal confine, si è risolta in un nulla di fatto. Gli ucraini hanno riconquistato qualche metro di terra, per poi essere subito ricacciati indietro. A Putin non resta che attendere, ancora una volta, il Generale Inverno. Il fronte favorevole al continuo invio di aiuti militari all’Ucraina si sta sgretolando. In molti Paesi europei cominciano a manifestarsi, in proposito, forti perplessità. Anche negli Stati Uniti l’opinione pubblica è in gran parte contraria alla politica estera di Biden. Il Partito Repubblicano è spaccato. Il nuovo pacchetto di aiuti militari all’Ucraina è stato boccato dal Congresso. Ormai il destino di Zelensky è segnato. Dovrà rassegnarsi a trattare. L’Ucraina non potrà riavere la Crimea, e anche gli “oblast” conquistati dalle truppe russe difficilmente potranno tornare sotto la sovranità dell’Ucraina, alla quale neppure sarà concesso di entrare nella NATO. Un successo, però, gli Stati Uniti (solo loro) l’hanno avuto: l’ingresso nella NATO di Svezia e Finlandia. Bel colpo, che completa l’assedio alla Russia lungo la frontiera europea. Rimangono fuori Bielorussia e Ucraina.

Alla nostra domanda rimane una sola risposta. Conviene a Israele, o, meglio, a Netanyhau. Perché qui è doveroso fare una distinzione. Un conto è lo Stato di Israele, che ha tutto il diritto di difendersi da chi lo vorrebbe annientare, e un conto è il governo di Netanyhau, inviso a gran parte degli stessi israeliani. Da mesi è in atto un conflitto tra il governo in carica e non solo l’opposizione parlamentare, ma anche la marea di manifestanti che, in gran numero, riempiono le piazze, dando luogo anche a scontri violenti con le forze dell’ordine, per protestare contro una riforma che pretende di limitare i poteri della Corte Suprema, sottoponendo le sue sentenze al vaglio del Parlamento: un disegno del tutto antitetico ai principi di quella democrazia liberale, fiore all’occhiello dell’Occidente, di cui molti vorrebbero vedere in Israele uno strenuo paladino, in mezzo a Stati immersi in una medievale barbarie. Un disegno, tra l’altro, favorito dal fatto che l’ordinamento politico israeliano non possiede una vera e propria costituzione, ma è regolato, al vertice, da un insieme di leggi fondamentali che possono facilmente essere modificate, senza particolari procedure di garanzia  Ma c’è di più. Il governo è inviso a gran parte dell’opinione pubblica anche per le efferatezze compiute nei confronti di persone innocenti per la sola colpa di essere palestinesi che cercano in qualche modo di resistere all’occupazione abusiva delle loro terre da parte di coloni  spalleggiati dai fondamentalisti, quelli che inneggiano a Eretz Israel, e vorrebbero uno Stato di Israele compreso fra il Mediterraneo e il Giordano, senza spazi per il popolo palestinese. Il popolo palestinese – dicono costoro, e purtroppo qualcuno anche da noi lo ripete – non è mai esistito, è stato inventato. Certo, ma è stato inventato anche il popolo ebraico, come ha dimostrato in un suo saggio proprio uno studioso israeliano, Shlomo Sand, professore di Storia all’Università di Tel Aviv. Chi oggi si professa ebreo, ashkenazita o sefardita che sia, non è necessariamente il rampollo di una stirpe vissuta in Palestina millenni fa. Anche fra gli ebrei ci sono molti convertiti, appartenenti ad altre stirpi. Anche il mitico regno di Salomone, al quale i fondamentalisti di oggi si ispirano idealmente, è pura leggenda.  Gli scavi archeologici hanno dimostrato che, nel sec. X a.C., in quei luoghi c’erano soltanto comunità sedentarie che abitavano in modestissime abitazioni, più simili a capanne e a tende che a vere e proprie case. L’identità ebraica sorge e si sviluppa dopo la cosiddetta cattività babilonese E’ quello il momento in cui si redigono i testi biblici nella forma in cui più o meno oggi li leggiamo (sto semplificando molto, e me ne scuso con gli esperti).

E allora? Netanyhau ha bisogno di legittimarsi presentandosi come il difensore del suo popolo, messo sotto attacco da una sanguinaria organizzazione terroristica. Peccato che Hamas sia nato con il beneplacito dello Shin Bet, i servizi segreti di Israele, gli stessi che tramarono l’assassinio di Rabin, l’uomo politico che aveva firmato con Arafat il trattato di Oslo, lasciando sperare in una pacificazione fra israeliani e palestinesi con il riconoscimento, per questi ultimi, di territori che gradualmente si sarebbero dovuti configurare come uno Stato indipendente.                                                                                                                                                                                                                    

Sembrava allora che finalmente l’auspicio contenuto nella formula “Due popoli, due Stati” potesse diventare realtà. Così non è stato. Netanyhau ha sempre spalleggiato sotto sotto Hamas, consentendo che fosse finanziato dal ricchissimo Qatar, legato, per molti versi, all”Occidente, allo scopo di tener divisi i palestinesi della Cisgiordania, sottoposti all’ amministrazione del presidente Mahud Abbas detto Abu Mazen, da quelli della striscia di Gaza, controllati da Hamas, in modo tale da rimandare all’infinito, fino a liquidarla una volta per tutte, la formazione di uno Stato palestinese libero e indipendente. L’attacco subìto gli offre  ora il destro per compiere una vera e propria pulizia etnica. Forti sono, d’altra parte, gli interessi di chi vorrebbe che il Vicino Oriente, rimanendo aperto il problema palestinese, continui a  essere una polveriera. Avete presente la politica di Trump? Con i cosiddetti “Accordi di Abramo” ha blindato Israele grazie a intese sottoscritte con  gli Emirati Arabi Uniti e il Bahrein, nel quadro di rapporti sempre più amichevoli con altri Stati arabi già ben disposti verso lo Stato ebraico, come Egitto e Giordania. Ma non ha mosso un dito a favore dei palestinesi. Anzi, trasferendo l’ambasciata USA da Tel Aviv a Gerusalemme, senza che nessuno glielo avesse mai chiesto, ha riattizzato il rancore dei palestinesi e offerto l’occasione a chi li sostiene di riaffilare le armi.

Situazione complessa, forse insolubile. Altro che rasoio di Occam! E smettiamola di vedere tutto il bene da una parte e tutto il male dall’altra. Io ho sempre difeso Israele, giungendo addirittura ad affermare che, da anarchico qual sono, vorrei fosse l’ultimo Stato a scomparire dalla faccia della terra, dopo tutti gli altri.  Ma – ferma restando la condanna del barbaro attentato perpetrato da Hamas – devo riconoscere che, oggi, le vere vittime sono i palestinesi, destinati a rimanere senza patria e forse a finire in ghetti più infami di quelli in cui sono stati finora confinati. 

Giovanni Tenorio

Libertino

3 pensieri riguardo “Cui prodest?

  • Dino Sgura

    Eppure basterebbe il rilascio degli ostaggi… e tutto finirebbe.

    • Toh, guarda, tu sei filo israeliano? Del resto è il bello di avere un esercito di cloni.
      La tua controfigura Guidobono on the shitty Barbadillo’s website invece mi pare assai diversa.

  • L’articolo è (cosa rara) condivisibile; aggiungo qualche pensiero in ordine sparso.
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    Dei palestinesi non frega nulla a nessuno. Egitto e Giordania li odiano anche peggio di Israele e le cose non vanno molto meglio in Libano e Siria. Qatar e Iran li finanziano per odio verso Israele, non certo per amore verso di loro.
    L’OLP è tramontata, l’ANP conta come il due di picche, gli unici veri padroni sono le merde di Hamas, i quali, perfetti discepoli di Adolfo, preso il potere con le elezioni, le hanno poi di fatto abolite.
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    Le colpe degli oltranzisti israeliani sono note: Netanyhau vuole lo scontro duro, ma i mentecatti di Hamas vanno ad uccidere proprio i partecipanti di un rave facendo in fondo un duplice favore al loro nemico premier. Perchè è potuto accadere?
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    Per difendere gli insediamenti dei coloni Israele usa il 60% dell’esercito, lasciando sguarnite ampie zone. E poi francamente stanziare militari nel deserto in attesa dell’invasione… il tempo dei Drogo è finito. Non dovevano saperlo i partecipanti al rave (illegale e clandestino come tutti) che sono notoriamente sinistroidi pacifisti e contro l’attuale premier? Non sapevano che Israele è in stato di guerra di fatto da sempre? Anarchici e senza regole, poi frignano sull’accaduto. Mah…

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