Don Giovanni

Dal politicamente corretto al politicamente scemetto

Amici miei, la cosiddetta “correttezza politica” non è un’invenzione di questi stupidi tempi, è sempre esistita. Ha cambiato semplicemente colore. Un tempo era reazionaria, oggi è progressista, per quel che possono valere queste qualificazioni, cioè poco o niente. Avete presente il motto che campeggia sulla facciata del mio palazzo, di cui in questo momento siete i più graditi ospiti (presto, Leporello, cioccolata, caffè, vini prosciutti, Marzemino e buona musica!): “E’ aperto a tutti quanti, viva la libertà!”. Ebbene, in passato, quando si rappresentava il capolavoro mozartiano che celebra le mie gesta, si aveva cura di censurare quel “viva la libertà”, sostituendolo con goffaggini d’ogni genere. Anche il povero Beethoven, che non mi amava troppo, non se la passò troppo liscia. E’ risaputo che l'”Inno alla Gioia” della Nona Sinfonia doveva essere un inno alla Libertà: Freiheit divenne Freude, perché la gioia è innocua, mentre la libertà è pericolosa. E fin qui siamo al politicamente corretto (reazionario) dello Stato. Poi c’era il politicamente corretto dei preti. Non voglio rifarmi all’Inquisizione e all’Indice del libri proibiti, sono cose risapute. Forse qualche persona anziana ricorderà invece che, negli anni Cinquanta del secolo scorso, ma anche un po’ dopo, i bollettini parrocchiali e le bacheche di chiese e oratori segnalavano la buona stampa e la cattiva stampa. Quella buona era la stampa degli stessi preti, dall”Osserevatpore Romano” all'”Avvenire” alle gazzette delle diocesi, tutto il resto era cattiva stampa. Il “Corriere della Sera” cominciò a essere sdoganato, ma molto più tardi, quando aprì le sue pagine a interventi di illustri prelati. Lo stesso succedeva per i film. Buoni quelli edificanti, tipo il melenso “Marcellino pane e vino”, da buttare gli altri. Un bigottone divenuto più tardi il peggior presidente della repubblica (a pari merito con Gronchi) definì ” sconcia vita” la famosa pellicola di Fellini, che naturalmente rimaneva vietata al buon cattolico, se non voleva meritarsi le pene dell’inferno.
Sembrano passati non decenni, ma millenni, perché oggi la va proprio tutta a rovescio. Un elogio della libertà non lo censurerebbe nessuno ( altra cosa sarebbe un elogio del libertinismo, ma questo è un altro discorso); sul giornale della Confindustria, accanto ad articoli di scienziati dichiaratamente atei o agnostici scrive senza troppi problemi anche un illustre monsignore inviso a Comunione e Liberazione per le sue posizioni di modernista in ritardo. Nei cineforum parrocchiali si programmano anche film audaci, quando sono ritenuti validi sotto l’aspetto dell’arte e del pensiero. Rimane un reato insultare lo Stato e parlare di repubblica escrementizia. Ma il vero politicamente corretto, di stampo ormai soltanto progressista, si è ormai spostato dal livello religioso e giuridico-istituzionale a quello sociale. Avete mai provato a parlare di “negri” fra persone che si ritengono istruite, perbene, antirazziste, ecc. ecc.? Una dura rampogna non ve la risparmierà nessuno. Avrete un bel dimostrare di essere più colti dei vostri critici, citando le “negre chiome” di Silvia nella celebre ode di Leopardi, che non stanno certo a significare capelli unti e pidocchiosi! Al centro dell’Impero “nigger” è parolaccia, e allora dev’esser tale anche “negro” in periferia, dove nessuno è mai stato costretto a lavorare da schiavo nelle piantagioni di cotone… E a proposito di centro dell’Impero, volete sapere l’ultima? La Disney ha deciso che nei suoi film nessun personaggio fumerà più, per non indurre i giovani al vizio (la povera Carmen ,di cui ho già parlato, si consoli, mal comune mezzo gaudio!). Ve la immaginate Crudelia De Mon senza più il suoi sigaro? Perderebbe metà del suo aspetto perverso! Siamo sicuri che fare di Crudelia una persona morigerata e aliena dai piaceri delle sostanze psicotrope sia educativo per gli spettatori? Non è più educativo associare il fumo alla malvagità, come deterrente psicologico? Tra l’altro, pare che la stessa Disney sia intenzionata, nelle sue pellicole, a rappresentare come fumatori personaggi storici che notoriamente fumavano, ad esempio Abraham Lincoln: questo in omaggio alla verità. Siamo addirittura al grottesco! Il fumo associato a un personaggio perfido, no, associato a un personaggio positivo, sì. A questo punto, uno nel proprio inconscio potrà elaborare la seguente giustificazione: “Se Lincoln, che era un grand’uomo, fumava, lo voglio imitare, fumerò anch’io”. Capite che finezza psicologica vantano i dirigenti della Disney? Ma non c’è da stupirsene: è la stessa casa cinematografica che da sempre sconcia le fiabe tradizionali purgandole degli aspetti ritenuti orridi e crudeli, quindi diseducativi. Avessero letto la “Poetica” di Aristotele, quei signori, saprebbero che la rappresentazione della paura e dell’orrore ha un effetto liberatorio sull’anima dello spettatore. Aristotele, chi era costui? Ma anche Bruno Bettelheim e Rudolf Steiner, da due angolazioni diverse, o addirittura opposte, hanno detto che le fiabe non vanno toccate, perché sono altamente educative solo se rimangono così come sono. Bettelheim? Steiner? Boh! Dal politicamente corretto al politicamente scemetto.

Giovanni Tenorio

Libertino