Restituire Roma al Papa?
Cari amici, sapete che le donne da me conquistate (o meglio, dalle quali mi sono lasciato conquistare, perché è sempre il loro fascino il motore delle mie seduzioni) in Italia sono 640, come risulta dal catalogo redatto dal mio fido Leporello. Nessuna di queste però è romana, perché, come diceva anche Giacomo Leopardi, le donne di Roma non la danno. Era così ai miei tempi, era così all’epoca del sommo Recanatese, credo sia così anche adesso. Smorfiose! Il mondo è grande, se lo tengano pur caro il loro fornelletto, altrove se ne trovano in abbondanza, senza troppo penare … Questo è il motivo primo per cui a Roma ci sono andato raramente , e solo di sfuggita. Città di grande bellezza, senza dubbio, anche dopo gli orrendi scempi che ha patito dall’unità d’Italia in poi, tra palazzacci ministeriali, speculazioni edilizie ai danni di parchi splendidi, costruzione di monumenti obbrobriosi, asfaltature di siti archeologici, sventramenti di borghi vetusti, periferie da terzo mondo. Nel lontano passato, subì almeno quattro invasioni: ad opera dei Galli nel 390 a. C.,quando Brenno la prese d’assedio, penetrò fra le sue mura, la saccheggiò ben bene e se ne andò a patto che gli si pagasse una bella sommetta in oro (altro che “non con l’oro ma col ferro si salva Roma”, come avrebbe detto Furio Camillo, trascinandosi dietro un drappello di giovani eroi che avrebbero messo in fuga gli invasori: baggianate consolatorie!); un’altra nel 410 d.C. ad opera dei Goti, che fecero razzie ma ebbero il buon gusto di lasciare intatte le chiese; un’altra ancora, qualche decennio dopo, da parte dei Vandali, che ingiustamente si sono attirati una brutta nomea, pur avendo fatto , in complesso, pochi danni. Nel 1527 fu la volta delle truppe dell’imperatore Carlo V, i terribili lanzichenecchi, che erano in gran parte luterani e non vedevano l’ora di dare una bella bastonata all’odiato pontefice Clemente VII. Per fortuna il papato non fu spazzato via. Vi immaginate che cosa sarebbe diventata una Roma luterana? Chiese spoglie e lugubri, senza un quadro, senza un minimo orpello. Forse buona musica, ma il papato ci ha dato Giovanni Pierluigi da Palestrina, Bach sarebbe arrivato dopo, in terra tedesca… Nei tempi moderni arrivarono prima i giacobini di Francia con la loro repubblica e la manfrina di liberté fraternité egalité, poi quegli scamiciati del 1849, Garibaldi in testa, che fondarono l’effimero regime di Mazzini Armellini e Saffi, ben presto spazzato via dalle truppe francesi del generale Oudinot, inviate dal novello presidente della Republique Luigi Napoleone. Infine, i bersaglieri dell’Italietta di Vittorio Emanuele II, ii sovrano, che mal parlava l’italiano, d’una dinastia ciabattona. Entrarono attraverso una breccia a Porta Pia, e con loro entrò la disgrazia, anzi la Disgrazia con la lettera maiuscola. Il vero vandalo, il vero barbaro, è lo Stato italiano. La Roma del popolo, come la voleva Mazzini, è diventata una delle città più repellenti che esistano. A dispetto dei sogni di Cavour e delle velleità di Quintino Sella, che voleva farne la città della Scienza, da contrappore all’oscurantismo papalino, aveva ragione il grande storiografo delle antichità romane Teodoro Mommsen: la città eterna da centro della cristianità mondiale si sarebbe degradata a capitale d’uno staterello di basso rango. Quando Roma fu presa dalle truppe italiche, Francesco De Sanctis stava scrivendo la sua Storia della Letteratura Italiana. Aveva tra le mani il capitolo su Machiavelli. Sentì sonare le campane che annunciavano l’evento della “liberazione”. “Il potere temporale crolla! Sia lode al Machiavelli!” Così scrisse. Povero illuso! Il potere temporale è rimasto, cambiando forma e mantenendo la sostanza. In compenso, Roma è diventata il pattume che vediamo. Stendiamo un velo pietoso sulla Roma “imperiale” di Mussolini, che delle antiche glorie fece una risibile caricatura , simile a quegli sfigati che oggi, vicino al Colosseo, si vestono da antichi prefetti del pretorio, con scudi e spade di tolla, dando spettacolo per pochi soldi a qualche turista più sfigato di loro. Le vicende del sindaco Marino sono la degna conclusione d’un immondo degrado, la ciliegina su una torta schifosa. Che fare di questa Roma? Sarebbe bello ridarla al papa. Ma questo papa è troppo ignorante e troppo furbo per accettarne la restituzione. Riprendersi Roma? E poi chi le paga le spese per l’imminente Giubileo? Meglio lasciarle sul gobbo del governo italiano, che attingerà dalle tasche dei suoi sudditi, in maggioranza buoni cattolici, tutti battezzati, anche se in gran parte atei. E chi sono Michelangelo, Raffaello, Cellini, Borromini, Bernini, Caravaggio, e compagnia bella? Mai sentiti nominare! Forse erano manutengoli delle corti rinascimentali. E Francesco Primo non vuol essere un principe rinascimentale: per questo lasciò vuota la sua augusta poltrona quando, da poco eletto, fu invitato a un concerto in cui si eseguiva la Nona di Beethoven. Beethoven? E chi era costui? E che me ne importa a me della sua nonna? No, temo proprio che dovremo tenerci, per nostra disgrazia, questa Roma stracciona, con le sue donne che non la danno…