Il fantasma celeste e il virus misterioso: una storia di eroi e di poeti.
Ho deciso di smettere di ricevere notizie relative al virus del raffreddore: ho scelto di mettermi in isolamento da qualsiasi aggiornamento riguardante l’evolversi dell’epidemia virale e di statalismo dirigista e pasticcione. Se la mia ignoranza della “legge” mi costerà una multa o altri fastidi, non sarà colpa mia: la sopportazione di questa messa in scena non può andare oltre.
Non sono un untore, non datemi dell’irresponabile: sono convinto di ogni parola che scriverò e sottoscriverò circa l’approccio scientifico alla nuova pestilenza, meglio diventare un novello Gian Giacomo Mora che l’ennesima pecora, talmente pecora da far sentire qualcuno un bravo pastore.
Per squallide motivazioni di guadagno personale, quotidianamente maneggio equivalenze, algoritmi numerici, sistemi di equazioni differenziali, modelli statistici e, trattandosi di cose che faccio in cambio di denaro, devo farlo con precisione. Non è stato un grande sforzo verificare il comportamento dei più classici modelli matematici di epidemia, assumendo come parametri i numeri dell’epidemia in corso. Il lato divertente di un modello matematico consiste nel poter simulare gli effetti della variazione di uno o più parametri; in questo modo il modello viene stiracchiato, pur restando fedele alla propria formulazione, come una coperta, fino a coprire in modo adeguato tutta la porzione di realtà (nel tempo e nello spazio, in questo caso il territorio della Repubblica Italiana) che vogliamo descrivere. Nel caso di questa recente epidemia, non è possibile giustificare i numeri relativi alla crescita del numero dei contagiati e il rapporto tra test diagnostici e diagnosi positive senza ammettere che (in barba alla ricerca del mitologico “paziente zero”: un classico del ministero della propaganda nazionalstatalista) una diffusione significativa a partire (almeno) da dicembre 2019. Lo stesso modello matematico (per gli esperti, una versione affinata del classico “SIR”) richiede che vengano accettate percentuali di diffusione molto maggiori di quelle dedicibili dai bollettini rilasciati dal Sistema Sanitario Nazionale o (peggio) dagli enti locali.
La mia conclusione personale è che il blocco autoritario (ma autoritario “all’italiana”, ovvero violento e minaccioso come qualsiasi controllo centralizzato, ma pieno di imprecisioni e eccezioni, che lo rendono ancora più insopportabile) sia sotanzialmento inutile: non ci si chiude in casa “per” il virus, ma “con” il virus.
Non mi permetto di biasimare i medici e gli operatori sanitari che lavorano in condizioni di oggettiva emergenza. Mi chiedo tuttavia se le condizioni di emergenza sono solo dovute al virus oppure se lo stato di emergenza è la tendenza costante, anche se in forme e in occasioni diverse. Un sistema in cui, per esempio, la somministrazione (a pagamento sia chiaro) del vaccino contro l’influenza viene boicottata per gli adulti sotto i 65 anni (esperienza personale: nel caso specifico il personale “mancante” era l’addetto al pagamento mediante carta di credito), costretti quindi a auto iniettarsi la preparazione acquistata in farmacia senza ricetta, sentendosi spiritualmente vicini ai tossici della stazione, non è sicuramente un sistema efficiente, previdente, premuroso come quello che vorrebbero dipingere.
Un sistema in cui il vaccino influenzale costa 20€ (mentre al banco della farmacia costa circa la metà), dove si rende necessario un decreto del governo (2017) per limitare il costo delle siringhe, dove un esame banale come una panoramica maxillofacciale (nella regione che spende in sanità eccellente il 75% del bilancio) richiede mesi di attesa è condannata all’emergenza, virus o no.
La disputa dei tamponi di fine Febbraio (in cui le organizzazioni territoriali spingono per un numero di test più elevato possibile e il governo difende il protocollo europeo, ovvero tamponi solo in casi sintomatici) non ha solo motivazioni scientifiche, ma è l’ultimo capitolo di una guerra iniziata, guarda caso proprio in Lombardia, nello scenario post Celestiale, all’inizio di Febbraio del 2019, quando è stato messo in discussione un equilibrio che, negli anni del Governatore Maroni, si era sostanzialmente conservato. La diagnosi compulsiva del virus, se non un pretesto, è un’arma: la bomba atomica che segue un periodo di scontri minori sul piano sindacale e occupazionale (il ricatto di licenziare o la tensione conseguente l’annosa questione del rinnovo del contratto della sanità “privata”, in caso di mancato adeguamento delle tariffe della convenzione).
Fanno da corollario a questa guerra i contrasti tra i pezzi grossi (almeno da un punto di vista mediatico) schierati dalle parti in causa, le organzizazioni della sanità privata (ma in convenzione pubblica): ogni “parrocchia” schiera il proprio campione, nelle vesti di scienziato, in una gara di raccomandazioni, terrorismo psicologico, retorica.
Questo è un periodo di eroi. Posso comprendere l’accostamento di questa parola agli poeratori sanitari di prima linea, anche se, a mio parere sono eroi valorosi ma poco gloriosi: più simili agli Alpini del fronte russo (il cui nemico prima del freddo e dell’artiglieria pesante sovietica, fu la stessa Madre Patria), che agli X-men o agli Avengers. Mi risulta più difficile mantenermi rispettoso nei confronti degli sguardi determinati ed eroici dei rappresentanti del governo oppure del tizio pelato della protezione civile che esorta a stare a casa, reincarnazione del sergente maggiore Hartman.
Non mancano i poeti: insegnati di asili e scuole elementari impegnati (prima e dopo l’esodo verso Sud di molti di loro, mentre gli altri probabilmente erano diretti verso le piste da sci, più a nord) a giustificare la loro permanenza in “servizio”, elaborando l’ennesima nauseante storiella di fantasia per “raccontare ai bambini l’epidemia senza traumi”. Obbligati dalle circostanze che impongono la necessità di divulgare tramite video e audio digitale le attività didattiche, rinunciare alla strategica segretezza della lezione in aula, si sono trovati nudi mostrando l’incosistenza della loro presenza in classe: lezioni frontali inesistenti, dipendenza totale da schede fotocopiate da decenni, lezioni ridotte alla lettura di un libro scritto da un grafico che ha tratto le informazioni da Wikipedia.
Per le scuole private cattoliche (le paritarie), il problema è più serio: anche trascurando il significativo contributo statale, l’agitarsi dei genitori che non vogliono pagare la retta senza ricevere un servizio in cambio (prospettiva che sarebbe interessante applicare anche al concetto di tassazione) mette a disagio il personale che, pur proclamandosi “prontiallamortelitaliachiamò” durante le assidue frequentazioni dei social media in tempo di epidemia, grazie al suggerimento dei sindacati di categoria ha individuato una via percorribile: la cassa integrazione.
Inizio la mia quarantena mediatica, a presto, ma non a breve.
Vi saluto sperando che Don Giovanni possa aiutarmi nel correggere gli errori dovuti alla mia scarsa frequentazione delle scrittura (a parte la compilazione della lista intendo).
https://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMoa2001316
http://maddmaths.simai.eu/divulgazione/focus/epidemie-matematica/
Caro Leporello, quello che tu scrivi mi fa venire un po’ la pelle d’oca. Rischiamo di chiuderci in casa non “contro”, ma “con” il virus? Mi fai venire in mente quel terribile racconto di E.A. Poe, “The Masque of the Red Death”. Nel bel mezzo di una grande pestilenza il principe Prospero, per sfuggire al contagio, decide di chiudersi con i più fidi cortigiani nel proprio splendido palazzo, trascorrendo il tempo fra festini e divertimenti d’ogni genere. A un certo punto, dall’ultima sala, quella dove nessuno osa entrare e uno spettrale orologio a pendolo scandisce il passar delle ore con i suoi lugubri rintocchi, sbuca non si sa come (“He had come like a thief in the night”) uno spaventoso personaggio col volto coperto da una maschera rossa. “And Darkness and Decay and the Red Death held illimitated dominion over all”.
Quanti fantasmi in questa storia! Il fantasma celeste che scuote le catene (domiciliari), il paziente zero (la cui consistenza non è diversa da quella personaggio di E.A. Poe), la Morte Rossa, la didattica online… lo stesso decreto del converno è di una inconsistenza spettrale.