Sacrifici umani
Recentemente mi sono trovato, nel mezzo della notte, a cercare qualche diversivo per rallentare il rincorrersi dei pensieri, che insistevano intorno a domande senza risposta, quasi tutte legate all’incertezza di condurre una piccola attività economica nel contesto della variabilità normativa attuale. Ho trovato distrazione ascoltando uno di quei documentari che si sforzano di rendere i soliti argomenti più accattivanti, spettacolarizzandoli, spesso trattandoli con superficialità. Tuttavia ho realizzato lo scopo di distrarmi e sono soddisfatto della scelta del canale: si parlava di sacrifici umani.
Il sacrificio umano nel corso della storia ebbe diverse finalità (alcuni studiosi, riferiva il narratore, attribuiscono ai sacrifici dei popoli centro amercani precolombiani motivazioni dietetiche, essendo la loro dieta povera di proteine: forse questa teoria singolare era parte della spettacolarizzazione attuata dal documentario da quattro soldi), ma, più spesso, l’obiettivo è assicurarsi il favore degli dei, prima di una guerra, durante un periodo di carestia o (eccoci) in occasione di epidemie.
Nella leggenda omerica la principessa Ifigenia doveva essere sacrificata dal padre Agamennone in vista della guerra di Troia, ma anche ai nostri giorni l’idea di indurre gli dei alla benevolenza attraverso un sacrificio non è del tutto tramontata. Una notizia recente: Sansari Ojha, prete indù, ha ucciso Saroj Kumar Pradhan, a Cuttack, in India, decapitandolo e affermando di avere seguito gli ordini di una dea per porre fine alla pandemia di coronavirus. Restando in tema di epidemie, rileggendo la “Storia della Colonna Infame” di Alessandro Manzoni, ho provato valutare in ottica “sacrificale” la vicenda raccontata, mettendo per un momento in secondo piano il suggerimento dello stesso autore, che individua nell’ignoranza la motivazione della tragica evoluzione dei fatti, e concentrandomi sulla possibilità che la ricerca di un capro espiatorio (in senso stretto) sia stata un percorso consapevole e che abbia molto a che fare con una ignoranza (o meglio una insensibilità alla compassione umana) non “innata” ma in realtà coltivata, quasi in una “fede” purificatoria attraverso il sangue e la violenza.
Assistiamo a intenti purificatori anche in occasione della odierna epidemia di raffreddore forte-fortissimo, ma non solo, anche a lampanti atti di fede.
Un atto di fede, per esempio, è quella “certezza dogmatica” per cui solo attraverso “l’obbedienza alle regole” si possa porre fine all’epidemia: l’idea che l’epidemia sia inarrestabile e non gestibile (soprattutto alla luce degli ultimi dati che ne dimostrano una diffusione capillare e omogenea) e che sarà la natura a fare il proprio corso, autolimitandola dopo 8-12 settimane, è vista come inaccettabile, sconveniente, pericolosa, innominabile. Questa prospettiva comporta la sopravvalutazione del ruolo dell’amministrazione politica (che quasi sempre coincide con il ruolo delllo Stato), come se tutto dipendesse dalle scelte normative e dai regolamenti. Traslascio di approfondire il fatto che, cosi facendo, l’Autorità trae dall’epidemia un rafforzamento (non voglio indurre qualcuno a pensare male) e colgo l’occasione per far notare che proprio i provvedimenti realtivi al tentativo di determinare il corso dell’epidemia hanno dimostrato che altri provvedimenti (quelli relativi all’inquinamento, che condannano alla rottamazione le auto non in linea con le ultime restrizioni sulle emisisoni) si sono dimostrati inutili (l’inquinamento dell’aria delle città è diminuito in modo molto inferiore alle speranze, pur con un crollo dei trasferimenti automobilistici).
Torniamo ai sacrifici, umani. Come non chiamare “vittima sacrificale” il ristoratore (a cui già era impedito di allestire la sala da pranzo) a cui viene vietata la consegna dei pasti presso le aziende, per un dettaglio burocratico relativo al codice Ateco, oppure l’impresario teatrale a cui è negata la appossibilità di rappresentare uno spettacolo distanziando gli spettatori (per il quale ha già affrontato i costi di produzione), o il micro imprenditore a cui viene, nella pratica, impedito di viaggiare (lo può fare, ma correndo il rischio di essere bloccato nel caso in cui venisse a contatto con un “positivo”) oppure il parrucchiere di un comune di 200 abitanti a cui è impedito di rivolgersi ai clienti fuori dal comune stesso ? Gli esempi sono molti: in tutti i casi non è evidente, al contrario, si fatica a immaginare, la logica che lega l’uccisione (economica, per ora) a un vantaggio tangibile ai fini del contenimento dell’epidemia (ammesso che sia contenibile da qualche normativa, ma quello, come scritto in precedenza, è un atto di fede). Illustri esperti hanno ammesso che l’uso della mascherina all’aperto serve “per educare”, cosi come l’ostilità nei confronti delle vacanze sulla neve o degli aperitivi.
Esistono esempi di sacrifici ancora più angoscianti e mi fanno ricordare miti classici e racconti biblici drammaticamente violenti. Penso a Crono che divora i propri figli oppure a Isacco, che il padre Abramo era ormai deciso a sacrificare, per compiacere la necessità di fiducia della divinità. Sono molto diversi i bambini delle elementari costretti all’uso della mascherina per 8 ore, senza potersi lamentare per il mal di testa perché in quel caso sono a rischio “procedura anti covid”? Non sono vittime quando gli viene vietato il gioco e il contatto reciproco oppure quando si sentono sporchi e pericolosi, essendo trattati come infetti da maestre e personale in assetto da guerra batteriologica? Ma soprattutto, non è una generazione divorata (più ancora delle precedente, le cui ambizioni di crescita erano già significativamente spolpate) quella che erediterà un sistema economico in cui il rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo è salito in sei mesi dal 130% al 160%?
Oh, Angelo del Signore, a tale punto è arrivata la follia degli uomini per cui, la sola speranza è che Tu possa intervenire, come con Abramo, dicendo “Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli alcun male!”. Tu o qualcun’altro, con ogni mezzo.
Lo so: Don Giovanni ha promesso di non parlare di epidemie… ma Leporello no!
Parliamone, invece, parliamone. L’idea che un’epidemia termini grazie al rispetto delle regole è identica a quella dei sacerdoti Maya che spacciavano i sacrifici umani come inevitabili affinché terminasse l’eclissi solare. Identica anche a quella che in Germania prevedeva l’obbligo di denunciare gli ebrei per combattere la crisi economica o la possibile “invasione” polacca. Questa volta l’angelo del Signore lascerà uccidere Isacco. Come nell’epoca postweimariana lasciò uccidere tanti membri della sua discendenza.
Esattamente, infatti alla fine mi sono posto il dubbio di una alternativa.
Leporello, si sa, continua a rampognarmi perché la vita che io meno è da briccone, ma poi non manca occasione per imitarmi. Non è mai andato all’osteria a cercar padron migliore, come pur proclama di voler fare. Quando io ho esibito la mia protezione a Zerlina, anche lui ha cercato, sia pure in modo grossolano, di esibire la sua a una ragazzotta che partecipava alla festa. Visto che io ho trasgredito il mio giuramento di non andare in collera con lui a patto che non parlasse più del Commendatore – è bastato un suo rimprovero (“la vita che menate è da briccone”) per mandarmi in bestia – adesso si diverte a trasgredire la promessa di non parlare più della pandemia fin dopo le feste. Era implicito che la mia promessa garantisse anche per lui! Ma che volete farci? Bisogna compatirlo. Lo perdonerò per l’ennesima volta. Io di solito vengo meno alle mie promesse solo con le donne, quando le seduco; ma vi assicuro che nel momento in cui pronuncio quelle parole lusinghiere sono il primo a crederci. Vi sembra che il “Là ci darem la mano” sia la finzione di un ingannatore? Neanche per idea! Ditemi dove la divina musica del mio papà Mozart suggerisce che si tratti di una subdola menzogna. Io in quel momento amo e desidero. Anche quel principotto un po’ dozzinale che è il Duca di Mantova (dozzinale perché lui a puttane ci va, io no, ammesso che il puttanesimo esista, in base a quel che abbiamo sostenuto qualche giorno fa) quando proclama di essere disposto a rinunciare al suo serto per consolare Gilda è più che mai sincero. In ogni caso, io non verrò mai meno alle promesse che faccio ai miei lettori, come non sono venuto meno a quella di andare a cena dal Commendatore, anche se ben sapevo che la sua cena era stata preparata per me all’inferno.
Fatta questa premessa, devo riconoscere che quello di Leporello è proprio un bell’intervento. Oggi si fanno sacrifici in nome della Scienza come un tempo si facevano in nome degli Dèi. Ha ragione Giorgio Agamben quando dice che oggi le religioni dell’Occidente sono tre, il Cristianesimo, il Capitalismo e la Scienza. Però io aggiungerei che il Cristianesimo è diventato altra cosa da quel che era all’origine, il Capitalismo è la contraffazione dell’economia di mercato e quel che oggi si chiama Scienza in realtà è scientismo, cioè dogmatismo pseudo-scientifico. Ne volete una prova? Vi cito il finale di un articolo dell’ineffabile Severgnini, cui da qualche tempo pare abbia dato volta il cervello: “Il dubbio, in Italia, confina spesso con la superstizione” . Io ho sempre saputo che è la Scienza, quella vera, a coltivare dubbi, mentre la superstizione, proprio per la sua irrazionalità, è più che mai dogmatica. Chi crede che, se un gatto nero gli attraversa la strada, gli capiterà qualche disgrazia, dubbi non ne ha. Tocca subito ferro. Come chi andrà a vaccinarsi subito, senza voler controllare che quel che gli inoculano non sia acqua di fogna (l’articolo critica Crisanti per aver manifestato qualche perplessità su vaccini che sono stati garantiti dai produttori ancor prima che siano stati pubblicati studi indipendenti sulla loro efficacia e sulla loro sicurezza; come se si fosse mai visto un oste che non parla bene del suo vino).
Povero Severgnini. Non solo ignora che è il dogma, non il dubbio, a confinare con la superstizione; non solo evita di dire che la liceità del dubbio è stata alla base del pensiero di Giovanni Battista Montini; non si accorge neanche di quanta superstizione vi sia nell’attendersi il miracolo dall’antidoto pronto in pochi mesi, magari per ogni patologia. Comprate il mio vaccifico, per poco io ve lo do. Altro campione di coerenza è Gianfranco Rotondi. Milita nel gruppo parlamentare di quella forza politica che diceva di volere la rivoluzione liberale ma vuole i trattamenti sanitari obbligatori, proprio un bell’esempio di liberalismo. Non so dove Agamben veda questa religiosità nei confronti del capitalismo dal momento che quasi tutti ne parlano male. Ma devo riconoscere, con rammarico, che ha recentemente difeso i diritti di base delle persone molto di più e molto meglio dei sedicenti rivoluzionari liberali. Ha ricordato, lui laico e forse ateo, che i sacramenti non in presenza hanno poco senso. I vescovi tacciono in merito, quello di Roma finge di parlare. Se non potranno celebrare la natalizia missa in noctis non protesteranno, officeranno a distanza televisiva. L’essenziale è che sia garantito qualche finanziamento per gli ospedali cattolici “in modo da gestire l’emergenza”. E l’asse Berlino – Parigi val bene una messa; o anche una Merkel che tanto è democristiana come lo è rimasto di fatto Rotondi. Pecunia non olet lo affermava un imperatore pagano ma il mio ex parroco sostiene che oggi il ruolo dell’impero lo svolga la chiesa. Se lo dice lui, ci credo. Dopo il 2033, con probabile anno santo straordinario per celebrare il bimillenario della prima Pentecoste, dovranno studiare qualche nuova strategia se veramente vogliono fedeli convinti e non solamente abitudinari.
Toti: “Premiati i sacrifici”
Sembra il nome di una divinità azteca.
Sì, un Totimalteco. Sull’altro fronte (altro per modo di dire) abbiamo in compenso un attore notoriamente figlio d’arte e un parlamentare che chiedono cose interessanti. Il primo pretende che a chi non segue determinati protocolli medici debbano essere interdette una serie di attività professionali e consumatorie; il secondo vuole negata la libertà di parola a chi si oppone all’obbligatorietà dei trattamenti sanitari. L’uno prepara le camere a Gassman, l’altro l’obbligatorietà del saluto… Romano. Poi ci sono ancora quelli che, commentando le vicende tedesche degli scorsi anni trenta e quaranta, si chiedono ipocritamente “come è potuto accadere?” Eccolo come, miserabili deficienti! Come adesso: il regime ha il suo consenso, senza di esso MussoConte i danni li compierebbe solo in cattedra. E non sarebbe comunque poco.
Esatto, sono assonanze evidenti solo per pochi, ma sgradevolssime
Tra saluto Romano e camere a Gassman mi era sfuggito l’editto del Faraone della dinastia Renzete. Tutti questi cialtroni dimenticano che la costituzione italiana vieta l’assunzione di sostanze mediche senza il consenso della persona, pratica che la corte di Norimberga considera come crimine contro l’umanità. Per loro le sentenze non si commentano, si eseguono. Eseguano allora la sentenza di Norimberga e una volta tanto siano coerenti. Tra l’altro che cosa temono se uno non si vaccina? Chi deciderà di vaccinarsi sarà immunizzato, cosa importa loro di quelli che decidono il contrario? Come faccio a infettare o contagiare un già vaccinato? Gli serve di vendere più dosi a ogni costo? Sono sul libro paga Pfizer? A quando la nicotina obbligatoria da parte di lor proibizionisti?