Don Giovanni

Benedetta Anarchia

Che cosa vi avevo detto delle elezioni USA? Che, per quanto Trump facesse fuoco e fiamme per dimostrare, in tutti i modi e in tutte le sedi possibili, che erano state compiute spregiudicate manipolazioni dei dati al fine di ribaltare, a favore del suo avversario, il responso delle urne, il tentativo sarebbe fallito. Se effettivamente si fosse potuto dimostrare che dietro la vittoria di Biden c’era una colossale truffa, il sistema istituzionale americano ne sarebbe uscito distrutto. Non si sarebbe mai potuto permettere un simile evento. Gli USA sono sempre stati additati come un modello di democrazia liberale, dove la cosiddetta “volontà del popolo” è rigorosamente rispettata grazie a una rete di controlli e contrappesi che garantiscono la correttezza del gioco istituzionale. Si sa che i brogli elettorali ci sono sempre stati un po’ dappertutto. Sappiamo come andarono i famosi “plebisciti ” dopo la conquista del Sud Italia da parte del governo sabaudo e dopo la vergognosa conclusione della Terza Guerra d’Indipendenza con la cessione del Veneto all’Italia sconfitta, non direttamente da parte dei vincitori, ma attraverso la mediazione della Francia. Nessuno si sognò di mettere in discussione quei plebisciti (tranne don Ciccio , nel “Gattopardo”, che non sa rassegnarsi a veder “cacato fuori” il suo “no” in un “sì”). Conosciamo le ombre,  non mai del tutto dissipate, che gravano sul referendum per la scelta fra monarchia e repubblica: vinse la repubblica, e forse fu un bene, perché i Savoia non meritavano di rimanere sul trono dopo aver appoggiato il Fascismo e aver condotto l’Italia a una guerra rovinosa; ma vinse di stretta misura, e sul corretto conteggio dei voti si sollevarono subito forti perplessità. Anche in quell’occasione, fu un bene che Umberto II accettasse il responso ufficiale, fosse o non fosse truccato, perché una sua eventuale resistenza avrebbe gettato il Paese in una vera e propria guerra civile, che dopo gli anni della guerra mondiale e quell’altra guerra civile ch’era stata la Resistenza, proprio non poteva permettersi.Quindi anche Trump se ne andrà, con la coda tra le gambe. Se ne andrà per la sua strada anche la bella Melania, che fin dall’inizio, con la di lui figlia Ivanka e il di lui genero Kouchner, aveva sostenuto in modo assai flebile la resistenza del marito, ormai prossimo a diventare “ex” anche sotto l’aspetto coniugale”, ai responsi ufficiali delle urne. A questo punto, come siano andate veramente le cose per la vittoria di Biden conta poco o niente. La Storia parlerà delle elezioni del 2020 come di un momento molto tormentato delle vicende politiche americane. Si cercherà di capire se i brogli ci sono stati oppure no, e in quale misura, ma si tratterà di esercizi puramente accademici, da riservare a qualche dotto dibattito e alle pagine della più austera saggistica, o magari anche a quelle di qualche attardato libello. Il mondo continuerà per la sua strada come se nulla fosse stato.Ha ragione Kent Mc Manigal in un articolo pubblicato qualche giorno fa sul sito di “Everything voluntary”, dal titolo “Election nonsense” I riconteggi dei voti sono fuorvianti e ipocriti. Non importa quante volte riconto i soldi sotto il materasso, se continuo a ricontare le banconote contraffatte insieme a quelle “autentiche”: a ogni nuovo conteggio otterrò sempre il medesimo risultato falso (*). La similitudine del materasso calza a pennello. Pare che, per il conteggio dei voti, sia stato impiegato un dispositivo informatico, “Dominion”, tutt’altro che affidabile, il quale,  grazie ad alcune sue falle, si presta a facili manipolazioni, per esempio “orientando” le schede bianche verso l’uno o l’altro candidato, secondo la volontà dell’operatore. Se anche le cose stessero veramente così, rimane vero che non si troverà mai la prova provata di un’avvenuta manipolazione. Le schede “orientate” non saranno mai distinguibili da quelle autentiche, così come gli euro fasulli stampati da un sopraffino falsario napoletano, maestro dell’arte tipografica, non saranno distinguibili da quelli, altrettanto fasulli, ma per convenzione veraci, prodotti dalla BCE di Draghi, ieri, o della Lagarde, oggi. Ma il discorso – dice Mc Manigal –  va condotto su un altro piano. Provo a riproporlo con parole mie. Al paradigma della democrazia come volontà del popolo va sostituito quello della democrazia come gioco. A questo punto, se uno non intende giocare (cioè non intende partecipare alle elezioni), ma è costretto ad attenersi ai risultati della gara,, poco importa che il gioco sia truccato o no. Ammettiamo pure che i risultati delle urne nelle grandi città siano in gran parte frutto di manipolazione, e invece quelli dell'”America profonda” rispecchino più da vicino la cosiddetta “volontà del popolo”. Rimane vero che chi non vuole giocare si troverà a disagio sia nelle grandi città, dove dovrà sottostare alla dittatura degli amici di Biden, sia nei piccoli centri, dove avrà da vedersela con quelli di Trump. Così stando le cose, neppure una del tutto fantasiosa “secessione” dell’America profonda, radicata nelle città, dall’America conservatrice, radicata nelle campagne, risolverebbe il problema. In teoria, grazie alle tecnologie informatiche, sarebbe anche possibile, ma nessuno mai la approverebbe. E poi, non risolverebbe il problema della “dittatura della maggioranza”, che è il peccato originale dell’ideologia democratica, il “governo dei peggiori”, come già avevano capito nel mondo antico Socrate e Platone (salvo poi proporre, quest’ultimo, un rimedio peggiore del male: il governo dei filosofi, oggi si direbbe il governo degli scienziati: Dio ce ne scampi e liberi). Allora, come uscirne? Mc Manigal si augura che prima o poi il popolo maturi, rendendosi conto che nessuno ha bisogno di un presidente, si chiami Trump o si chiami Biden o si  chiami come vuole. Si aprirebbe la strada a una società anarchica, proprio quella che Platone, per tornare a lui, più che mai aborriva (“Bisogna estirpare dall’intera vita di ciascun individuo lo spirito di indipendenza” –Leggi, 942D- , dove, si noti, il concetto di “spirito di indipendenza” è proprio reso con il termine “anarchia”). Ma che tutto il popolo possa convertirsi a una simile scelta mi sembra improbabile. Troppo diffuso è i lo spirito gregario, e i più preferiscono la sicurezza alla libertà, non redendosi conto che in questo modo non meritano né l’una né l’altra, come diceva Benjamin Franklin. Forse la soluzione potrebbe essere la Panarchia, quella che Gian Piero de Bellis in un suo aureo libretto, rifacendosi al pensiero di Paul Emile de Puydt, ripropone come soluzione del problema di scegliere un regime politico – o, al limite il ripudio di ogni regime politico- senza imporlo a chi non ne vuole sapere. Ognuno deve poter scegliere quello che più gli aggrada, o non sceglierne nessuno: pur rimanendo all’interno di una medesima area territoriale. Nell’età della telematica, che ha annullato le distanze, consentendo la comunicazione in tempo reale a dispetto degli ostacoli geografici, forse è più facile diffondere l’idea dell’antiterritoralismo che quella dell’anarchismo. A questo punto, chi ama il gioco democratico giochi pure a suo talento; e quanto ai brogli, sono fatti suoi, stia attento che nessuno bari. Poi accetti di essere dominato da chi ottiene più voti. Gli altri, sceglieranno altri giochi. Qualcuno sceglierà la repubblica platonica degli scienziati, qualcun altro preferirà giocare da solo, nel nome della libertà individuale, la benedetta “anarchia” tanto esecrata da Platone.

(*) ” Recounts are a distraction and a lie. It doesn’t matter how many times I recount the money under my mattress if I keep counting the counterfeit bills along with the “official” bills with each new count , i’ll get the same false account every time”

Giovanni Tenorio

Libertino

17 pensieri riguardo “Benedetta Anarchia

  • Alessandro Colla

    Non è detto che tutti i riconteggi siano fuorvianti. Il problema non è ricontare le banconote autentiche “insieme” a quelle false ma distinguere le une dalle altre. Che poi non si possa fare perché si rischia la guerra civile o perché la tecnologia non lo consente, è tutto un altro paio di maniche. La soluzione contro i brogli è la vigilanza ma tra gli elettori repubblicani il volontariato è scarso rispetto a quello degli avversari democratici. Un po’ come qui. Nel 1983 ero ai seggi per le parlamentari quando i rappresentanti di lista dell’allora Partito Comunista Italiano pretendevano che fosse considerata valida una scheda votata sul loro simbolo ma con l’aggiunta della frase “siete tutti buffoni”. Un evidente simbolo di riconoscimento che ledeva la segretezza del voto ma per loro era “chiara la volontà dell’elettore”. La scheda passò grazie all’accondiscendenza del presidente del seggio; né aiutò ad annullarla il mio all’epoca ardore giovanile di ventiquattrenne che produceva frasi del tipo “visto il contenuto della frase, l’autentica scelta dell’elettore è solo stata quella di affermare inconsapevolmente la verità su di voi e i vostri dirigenti”. Eroicamente muti o assenti i rappresentanti delle liste diverse da quella coinvolta nella scheda solo dal sottoscritto contestata. Un’operazione così per ogni seggio può provocare un paio di parlamentari in più per una lista e altrettanti in meno per un’altra. In tempi come quelli simili al responso del 2006, cioè senza maggioranze reali, può significare un colore governativo al posto di un altro. I gramsciani in sevizio permanente lo sanno, le belle addormentate “moderate” proseguono nei loro onirici sonni di Aligi. Ma senza un D’Annunzio a loro conforto.

  • La spiegazone più semplice è sempre la migliore, rasoio di Occam.
    Trump è un sacco di merda che ha disgustato gran parte di quel terzo di elettori che tendono a votare rep o dem a seconda delle personali simpatie/aspettative.

    Chi è Trump in 30 secondi: youtube.com/watch?v=WLuwf00Sg2U

    • Trump o Biden per me pari sono. Che ci siano stati o no brogli nelle elezioni americane mi può importare meno di zero. Che l’elettorato degli USA, nel suo complesso, abbia premiato Biden perché disgustato, anche in un ampio settore della sua componente repubblicana, dalle smargiassate di Trump può essere vero. Ma per uno che – a differenza di quanto io penso – crede nel gioco democratico e accetta di prenderne parte, sapere se ci sono stati brogli o no dovrebbe essere di capitale importanza. Non vedo che abbia che fare con questo problema il rasoio di Ockham (“non sunt multiplicanda entia sine necessitate”). Se qualcuno ha barato, il gioco va rifatto. Almeno, così dovrebbe essere; ma non sarà mai, per le ragioni che ho cercato di spiegare. D’altra parte, il gioco è marcio per la sua intrinseca natura, che è quella di voler gabellare come “volontà popolare” una maggioranza numerica, magari esilissima. Spesso, poi, le grandi maggioranze sono espressione della volontà dei peggiori. Hitler e Mussolini erano sostenuti da un consenso robusto. Crizia, se è lui l’autore della Costituzione degli Ateniesi pseudo-senofontea, vedeva giusto quando deprecava i difetti del governo democratico, salvo poi, con il regime dei Trenta Tiranni, di cui fu a capo, instaurarne uno di gran lunga peggiore. Aveva ragione, quindi, Churchill a dire che la democrazia è il peggiore dei governi, tranne gli altri. La soluzione, però, non è di rassegnarsi a conservare il meno peggio, ma di eliminare tutti i governi, o, per meglio dire, tutte le strutture gerarchiche, o almeno renderle da coercitive volontarie. Chi vuol rimanere schiavo si accomodi, scegliendo il padrone che preferisce, fermo restando il suo diritto di emanciparsi, quando lo desideri. Chi vuol essere libero, sia lasciato in pace.

      • Sissì, ma a me è chiarissimo il pensiero di Don Juan che è non è molto differente dal mio.
        Quello che non concepisco è il fatto di stabilire che i voti in piu’ conquistati dall’avversario siano non validi a priori, solo perchè magari arrivati per posta. Trump è un paranoico che ha cominciato a parlare di brogli molti mesi prima delle elezioni, come a voler mettere le mani avanti per la gran magra che si stava preparando per lui. L’unica cosa che manca e’ uno straccio di prova di quanto lui e il suo compare Giuliani continuano a blaterare. Se pure i suoi legulei ben pagati lo hanno abbandonato, qualcosa vorrà pur dire.

  • Alessandro Colla

    Trump non ha mai detto che i voti dell’avversario siano non validi a priori, tanto meno perché arrivati per posta. Altrimenti sarebbero non validi anche quelli trasmessi nello stesso modo con preferenza repubblicana. Gli stracci di prova si riferiscono a situazioni anomale di vantaggio inizialmente repubblicano subito ribaltato da voti giunti successivamente sui quali ci si rifiuta di effettuare il controllo. Non è sufficiente per dire che avrebbe vinto lui ma è istintivo il sospetto, specialmente se è vero che vi sia stato impedimento di accesso ai rappresentanti di lista repubblicani. Su diverse testate, compresa Il Miglio Verde, sono pubblicate le ragioni per rivedere le schede. Gore, il paranoico dell’ambiente, chiese la stessa cosa quando perse lui. Giuliani è il leguleio ufficiale del presidente uscente e non lo ha abbandonato. E’ Trump ad aver autoabbandonato la partita e sicuramente ha perso voti per le smargiassate personali, per incoerenza sul libero mercato gestita attraverso dazi e protezionismi, per aver strumentalizzato in modo ignobile i guai personali del figlio di Biden; e soprattutto per aver bloccato l’economia gestendo alla socialista la paventata influenza virale. Ma sospettare brogli diversi mesi prima è perfettamente normale quando si tratta di partiti politici, specie quelli con manie partecipazioniste. Quando da giovane istruivo gli scrutatori, iniziavo proprio diversi mesi prima parlando loro dei possibili brogli provenienti da ben identificabili ambienti. Paranoici sono quegli elettori che ritengono assurdo che possano vincere gli avversari non accreditati da loro stessi e questo è sicuramente un sinistrissimo vizio, qui come in America. Prove definitive del broglio non le abbiamo, di certo non le avremo mai se si continua a rifiutare l’idea di possibili verifiche. Non sono opportune per non creare un clima da guerra civile? Può darsi. Ma allora evitiamo di esaltare la democrazie e le sue regole pseudomaggioritarie che insieme alle fobie pandemiche costituiscono la vera paranoia dei nostri miserabili tempi.

  • Le fonti sui brogli contro Trump sono essenzialmente tre:
    – Trump e la sua psicopatia;
    – Giuliani che continua a dire di avere numerose prove di brogli, ma non le mostra;
    – everylegalvote.com un sito di Trump Boys che sostiene e diffonde dati non suffragati da evidenze. nè prove, nè altro. Fuffa e basta. Però merita un excursus a volo di uccello che magari farò a parte.

    (Lasciamo pedere please il “becchime-per-canarini-color-speranza” gestito dal leopardo. Pare un viatico per il paese di acchiappacitrulli e la desolazione che vi regna è imbarazzante. Per fortuna i contenuti sono “locked” così mi si risparmia la noia della lettura).

  • Alessandro Colla

    La libertà può essere noiosa, questione di gusti. I citrulli veri infatti non la amano e si lasciano più facilmente acchiappare dalla comunicazione ufficiale che non ha mai detto la verità sui virus, sulle votazioni statunitensi, sull’economia in generale, su tutto. Vedere desolazione dove c’è anticonformismo autentico e non manierato è molto più imbarazzante di assistere a critiche non suffragate da lettura perché riservate ai paganti. Le fonti sui brogli non sono solo due, basta girare su internet per trovarle. Non me ne occupo più di tanto perché anche per me “questo o quello pari sono” e non ricordo a memoria i nomi di tutti i siti ma i dati statistici su un ribaltamento immediato in stile plebisciti risorgimentali italiani non è stato confutato dai filobideniani. Ho detto due fonti e non tre perché “la prima” è un trucchetto in salsa sovietica che punta a squalificare l’avversario attraverso presunte patologie mentali. Trump se lo meriterà pure per i suoi atteggiamenti scioccamente spavaldi ma sulle psicopatie sarebbe meglio osservare quelle dei politici e degli “scienziati” mengelianfauciani di casa nostra e non solo nostra, facilmente rilevabili nel contenuto delle scelte “antipandemia” oltre che nel modo in cui rispondono alle critiche. Loro sì che hanno un sistema mediatico pronto a distribuire becchime, in realtà mangime manipolato con antibiotici per provocare assuefazione nei manipolabilissimi cervelli dei sempre più numerosi semianalfabeti.

    • Come aperitivo si può ascoltare questo resoconto di ieri (minuto 24-28)
      America Sociale a cura di Ada Pagliarulo con Giovanna Pajetta ore 23:02
      radioradicale.it/riascolta?data=2020-12-03

      Poi, per le menate altrui proposte a pagamento del leopardo, basta svegliarsi e darsi da fare; si trovano gratis già belle sbugiardate.

      su Jim Hoft – proposto dal leopardo come sacerdote dell’impossibilità in natura di certi fenomeni elettorali – un fact checking dimostra la sua totale disonestà intellettuale.

      translate.google.com/translate?hl=it&sl=en&u=https://www.statesman.com/news/20201130/fact-check-were-thousands-of-rsquofake-votesrsquo-found-during-wisconsin-recount&prev=search&pto=aue

  • Alessandro Colla

    Tra ipotizzare e “dimostrare” la presunta disonestà intellettuale altrui, corre la stessa differenza che c’è in diritto tra accusa e giudizio. Le procure italiane non conoscono questa differenza, i giuristi autentici sì. In ogni caso può anche essere ininfluente, ai fini del risultato finale, la presenza o meno di brogli. Né escludo che ci siano state scorrettezze a vantaggio dei repubblicani. Difficile non sospettare quando si impedisce la presenza ai rappresentanti di lista di questi ultimi o quando un candidato passa dal 49, 5% di vantaggio a un crollo repentino. Se dei voti giungono in ritardo rispetto all’orario previsto, perché devono essere ritenuti validi? Se arrivo al seggio dopo le ventidue di domenica o dopo le 15 di lunedì, giustamente non mi fanno votare. Dovrei stare zitto se invece vedo che entra un altro elettore? Strano, poi, che tutti questi voti fuori orario siano a vantaggio di un solo candidato. Se si è sicuri di aver vinto non si dovrebbe avere timore di riconteggi. Può darsi che qualcuno sia contento che abbia vinto Biden, così nessun dimostrante si stancherà in proteste qualora ci sia un intervento armato contro la Cina o il Venezuela. Ma vincere con trasparenza non sarebbe poi così tanto disdicevole.

  • Bello sto Colla che pare un sofista pedante peggio di Caifa (non scrivere “Il re dei giudei”, ma che costui ha detto: “Io sono il re dei giudei”). Poi però il suo caro lepoardo titola “Cosa ci sarebbe di sbagliato nell’indagare sulla truffa elettorale” (un “presunta” no? ) dando per scontato che truffa vi sia stata a prescindere e va tutto bene. Come poi se gli Usa fossero uno staterello delle banane dove l’hidalgo di turno fa ciò che vuole.

    Se comunque ci sono fossero stati brogli postali con retrodatazione dei timbri, la colpa sarebbe solo di Trump, è lui che ha messo Louis DeJoy a capo delle poste, è (o dovrebbe essere) un suo uomo.

    La differenza poi di senatori e deputati repubblicani non e’ affatto proporzionale al voto per il presidente, strano questo sistema Dominion “quarzato” per danneggiare solo Trump e non i repubblicani.

    Ah, dimenticavo, il riconteggio non dà affatti risultati scontati, differenze ne emergono perchè qualche errore c’è sempre. Da notizie da controllare e approfondire sembra che nel ricalcolo in alcune contee del Wisconsin pagato dal comitato Trump sono state trovate circa 130 voti in più per Biden e nel Michigan dopo il riconteggio, Biden ne ha recuperati 1300.

    Conviene che quindi Trump continui a martellarsi i coglioni da solo, i Dem possono solo guadagnarci e dormono sonni tranquilli.

  • Alessandro Colla

    Mi vedo costretto ad abusare dello spazio che immeritatamente mi viene concesso e addirittura proposto. Non potrò essere breve in quanto l’apparente sintesi delle critiche, in realtà occupa in modo dissimulato un’ampia prateria di argomenti. E dovrò cominciare dalla fine per ragioni che si comprenderanno al termine del commento.

    1) Se chiedere una verifica significa automartellarsi, diamo pure spazio al broglio garantito e magari obbligatorio; purché valga anche per Gore quando contestò l’elezione di Bush. E’ possibile che l’azione sia controproducente ma in questo caso il voto diventa un rituale pagano. Se poi i democratici ci guadagnano buon per loro, la cosa conferma che il loro elettorato è più stolto di quello repubblicano; nel quale pure non mancano gli sciocchi di stampo nazionalistico, teocratico e protezionistico.

    2) Nessuno ha mai parlato di risultati scontati. ho anzi personalmente scritto che i brogli non avvengono da una parte sola. Anche nei risultati italiani del 2006, contestati dal cosiddetto centrodestra, risultarono quattro schede indebitamente attribuite a detto schieramento. Ma tra quattro unità e decine di migliaia, la differenza si dovrebbe notare. Il recupero di Biden da centotrenta a milletrecento sembra più un errore di trascrizione di uno zero in più o in meno da parte della segreteria del seggio.

    3) I brogli dei partiti che a chiacchiere si definiscono alternativi alla sinistra costituiscono sempre un tentativo di avvantaggiare un proprio candidato interno a svantaggio di un altro candidato interno che appartiene a una diversa corrente. Quelli della sinistra ufficiale hanno dietro la motivazione ideologica. I militanti di quest’area politica sono convinti che lo schieramento avversario vada danneggiato anche illecitamente perché l’azione è comunque rivolta alla giustizia nei confronti del “collettivo”, dei ceti meno abbienti e della classe operaia. Loro si sentono i migliori a prescindere e la libertà è importante solo nel nome a fini propagandistici, perché ciò che conta è il “sociale”.

    4) Contro Trump ci sono anche diversi candidati repubblicani, quelli interventisti in economia e che in quanto tali dovrebbero militare nello schieramento opposto dove però non hanno trovato spazio e allora cercano di essere eletti con un’altra sigla. Ma i motivi del “quarzo” potrebbero anche essere più semplici: il voto presidenziale è separato da quello per Congresso e Senato, il broglio diventerebbe quindi più faticoso e più facile da scoprire oltre che maggiormente contestabile. La motivazione dell’elezione di Biden è di carattere internazionale, non si può escludere che ci sia un’alleanza per proteggere i prodotti occidentali dalla concorrenza cinese. Dal momento che è la vecchia Europa a soffrire di più questa concorrenza, è possibile che il continente antico non si senta garantito da Trump in un confronto diretto con la Cina. E se questo confronto dovesse poi essere gestito con le armi da fuoco, quale migliore garanzia di un presidente espressione del partito delle forze armate e della continuità politica con la linea di Hillary Clinton?

    5) Louis Dejoy ce lo ha messo Trump? Anche Fauci ce lo ha messo lui, il Mengele che mai avremmo voluto vedere operativo negli Stati Uniti o in Israele; l’individuo che comunque gli ha causato una perdita di voti. Chi è causa del suo mal… con quel che segue. Ma questo non vuol dire certezza di un’elezione pulita.

    6) Tutti gli stati, ormai, sono di fatto staterelli delle banane. Nel Nord America un po’ meno ma i veri eredi degli hidalgos, nobilastri figli di qualcuno, sono proprio quelli che vogliono maggiore presenza pubblica nell’economia e nelle vicende umane in generale. Saranno più furbastri, si atteggiano a doppiopettisti mentre quelli come Trump o Salvini sbruffoneggiano. Ma la loro tendenza parassitaria ce l’hanno del DNA ideologico. E anche questo non depone a loro favore in termini di sospetti sui brogli. Né si eliminano i sospetti con gli aperitivi di Giovanna Pajetta. Le ipotesi che l’elezione di Biden sia cristallina non vanno sottovalutate al pari di quelle contrarie.

    7) I titoli sono spesso sbagliati e sono personalmente il primo a contestarli proprio per non offrire il fianco a critiche di incoerenza ma i contenuti sono evidentemente ipotetici. Le certezze vengono affermate solo dai dati specifici come quello dei voti arrivati in ritardo e stranamente tutti assegnati al candidato democratico. Non si chiede subito l’annullamento dell’elezione ma il riconteggio; quindi si adombra l’ipotesi, non la certezza che sicuramente non appartiene a chi crede nella libertà in modo autentico. Meglio il garantismo anche nei titoli, certo, ma siamo in buona compagnia leggendo ben altri titoli e soprattutto contenuti nel ciarpame stampaiolo di diametralmente opposta tendenza. Lo ricorderò ai “miei cari” di riferimento, che rimangono tali anche quando dissento da loro nelle forme. Del resto, non sono io quello che nel linguaggio è “poco libertario”? Non avrei difficoltà a dissociarmi anche nei meriti come in fondo è avvenuto in un momento in cui alcuni di loro, soprattutto dal Friuli, giustificavano in qualche modo il terrorismo mediatico – sanitario di questi ultimi mesi. Le contraddizioni non piacciono neanche a me. Solo che vedo un’acredine particolare nei confronti di alcuni felini, specie se di area libertaria. Sarebbe il caso allora di uscire allo scoperto e spiegare le motivazioni reali e probabilmente del tutto personali di questa forte avversione per la non protetta specie del Felix Pardus.

    8) Caifa con i sofisti c’entra come Marx con il libero mercato. Non riesco a trovare, invece, alcun elemento in comune tra quanto da me precedentemente scritto e la frase biblica citata. Dal punto di vista del Sinedrio sarebbe anche giusto non riconoscere un re che si autoproclama tale. Ma trovo estrema difficoltà a vedere, causa la mia nota ed evidente pochezza intellettiva, la similitudine così eruditamente esposta. Mi limitavo a contestare che a un’accusa di disonestà intellettuale non corrisponde automaticamente un giudizio finale di oggettiva dimostrazione di tale disonestà. E portare argomenti a favore di possibili brogli non significa ergere a sommità sacerdotale chi effettua inchieste di un certo tipo ma solo cercare, per quanto possibile, di accertare l’effettivo avvenimento di un episodio. Lo stesso diritto hanno coloro che ritengono pulito il voto al loro candidato o non influenti gli eventuali brogli o gli altrettanto eventuali errori materiali. Il voler tacciare di inaffidabilità la controparte senza i dovuti accertamenti, dimostra che la disonestà intellettuale traspare maggiormente nei soggetti tipicamente votati all’autoreferenzialità. Non mi risulta che Caifa fosse interessato alle differenze tra accusa e dimostrazione ma rispondere “ciò che ho scritto ho scritto” sembra un voler lavarsene le mani nei confronti di un aspetto fondamentale della civiltà umana. Chissà come andò veramente la votazione all’epoca? Siamo sicuri che solo Giuseppe di Arimatea votò contro la condanna dell’accusato? Neanche un astenuto? Non chiedo di ricontare i voti per evidente avvenuta prescrizione.

    • A me la storia di Caifa che va a chiedere a Pilato di modificare la motivazione della sentenza per cui cui Gesù è stato condannato a morte sa tanto di bella invenzione. A che pro, visto che il Sinedrio aveva raggiunto lo scopo che si era prefisso, quello di eliminare un personaggio ritenuto pericoloso? Ammesso che,invece, le cose siano proprio andate così, Caifa riceve da Pilato la risposta che si merita. Quando mai s’è visto qualcuno chiedere la riscrittura di una motivazione di condanna quando la sanzione è già stata eseguita? Capisco che sono domande oziose. Sono problemi di cui non verremo mai a capo. Tra l’altro, del tutto estranei alle ragioni del nostro contendere.

      • Per me invece è credibilissima, tipico di di persone massimaliste che non si accontentano di vincere, vogliono stravincere (non si inalberi Colla, nessun riferimento, parlo solo di Caifa e del suo entourage di fanatici). Hanno strarotto i coglioni a Pilato, probabilmente lo hanno fatto litigare con la moglie filocristiana che gliela avrà negata per sei mesi e da qui la risposta stizzita del poveraccio Ponzio.

        Comunque, signori, notizie di oggi: ricorsi di Trump tutti respinti checchè blateri Giuliani che vuole portare ora il caso alla corte distrettuale. Ma il ridicolo non ha mai spaventato, nè lui, nè il suo amico.

        youtube.com/watch?v=HTFv8Sr08V8

  • Alessandro Colla

    No saprei, forse Caifa potrebbe aver avuto timore della vanificazione dello scopo. I seguaci del condannato avrebbero potuto affermare che si trattò di regicidio. Eticamente Caifa avrà anche meritato quella risposta ma secondo me il personaggio che l’ha pronunciata (se l’ha veramente pronunciata) non era altrettanto eticamente qualificato a esprimerla. Aveva la legge con la “elle” minuscola dalla sua parte, è vero. Ma in caso di rivolta, neanche gli esponenti dell’allora neonato movimento si sarebbero messi a distinguere tra mandante e boia. Una Norimberga per Pilato e Tiberio non c’è stata, neanche per la soldataglia romana ai loro ordini o per quella parte di popolazione della Giudea ostile al nazareno che fanaticamente si inginocchiava al potere costituito. Ma non ci sarà nemmeno per i governanti italiani e non italiani della nostra epoca covidiana, come non ci sarà per gli aderenti volontari all’opera di massificazione in atto. I fanatici dei giorni nostri, secondo il CENSIS, si trovano maggiormente nella fascia giovanile. Spero sia un errore di rilevazione statistica ma temo che non lo sia affatto. Farmaco e moschetto, cretino perfetto. La gioventù virologolittoria, formata nelle statalissime madrasse pseudolaiche, indossa basco rossastro e maschera nera. Quello che oltretevere la indossa bianca sostiene che si debba obbedire alle autorità civili. Quindi i martiri dell’epoca dei fondatori erano deficienti! Loro rischiavano la morte, lui oggi rischia al massimo delle critiche. Una bella differenza ma “quel che ha detto, ha detto”.

  • Alessandro Colla

    Può darsi che la moglie di Pilato, più che filocristiana fosse democristiana. Attenzione, però, a non cadere nel massimalismo caifiano in campo giuridico. Ricorrere alla corte distrettuale è un diritto, altrimenti diventa ridicolo chiedere l’appello per ogni soggetto che perde in prima istanza. In Italia, ed è solo un esempio, siamo pieni di sconfitti presso i Tribunali Amministrativi Regionali che poi escono vittoriosi con le sentenze del Consiglio di Stato.

  • Purtroppo fu San Paolo a raccomandare l’obbedienza alle leggi dello Stato perché, a suo dire, il potere politico deriva da Dio. Almeno in questo il pontefice regnante è, per una volta tanto, in linea con i testi sacri: “Ogni persona si sottometta alle autorità che le sono superiori. Non esiste infatti autorità se non proviene da Dio; ora le autorità attuali sono state stabilite e ordinate da Dio. Di modo che, chi si ribella all’autorità, si contrappone a un ordine stabilito da Dio. Coloro poi che si contrappongono, si attireranno da se stessi la condanna che avranno. I magistrati, infatti, non fanno paura a chi opera il bene, ma a chi opera il male(…) Se fai il male, temi, poiché essa non porta invano la spada…”(Rom.13,1-4). Peccato che quella spada tanto glorificata dall’Apostolo delle Genti qualche anno dopo fosse per spiccargli il capo (sempre che sia vera la tradizione del martirio di Pietro e Paolo al tempo della persecuzione neroniana).

  • Alessandro Colla

    Vero, lo stesso personaggio che diceva alle mogli di sottomettersi ai mariti. Peccato che il fondatore delle sua religione fosse invece venuto per liberare l’umanità dalla schiavitù. Venendo dalle file dei persecutori dei cristiani, finì per essere troppo zelante quando passò dai democratici ai repubblicani. Lo stesso problema che ebbe Ronald Reagan. Le polemiche tra Saulo e Cefa sono documentate ne Gli Atti Degli Apostoli. I primi “cefiani” e quindi antipaolini sono stati i martiri che si sono rifiutati di obbedire a Cesare. Se l’attuale successore di Cefa, ai martiri preferisce il tarsiano che vuole le donne sottomesse non ha che da dirlo apertamente. Per coerenza dovrebbe condannare quei testimoni della fede che non hanno obbedito all’autorità affrontandola morte; dovrebbe condannarli per suicidio. Veniva dal Dio dei monoteisti anche l’autorità degli imperatori pagani? Se Bergoglio risolve questo dilemma passerà alla storia come grande teologo.

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