Cari amici, ricordate quella volta che il mio papà Mozart la fece in barba al governo pontificio allorché, dopo aver ascoltato in una esecuzione pubblica il celebre Miserere dell’Allegri, che era vietatissimo trascrivere sotto pena di gravi sanzioni penali e di scomunica, mandatolo tutto a memoria dalla prima all’ultima nota (e non era cosa da poco, perché non è una canzonetta, ma una complessa composizione polifonica) lo mise in in bella copia su carta da musica, una volta giunto al suo alloggio? Quale sberleffo all’umana stupidità! E quale dileggio a quella che qualche secolo dopo sarebbe stata chiamata “proprietà intellettuale”! Oggi per un atto del genere bisognerebbe pagare i diritti d’autore? Forse sì, se è vero che devo pagare una tangente alla SIAE qualora io lasci accesa la radio, per semplice mio diletto, in un esercizio pubblico di cui sono titolare. A questa stregua dovrebbe pagare i diritti anche chi fischietta per strada una canzonetta, o quel ragazzotto che – lo udii con le mie orecchie – dopo aver assistito alle “Nozze di Figaro” dal loggione della Scala, bazzicava nei pressi della stazione centrale di Milano, forse in attesa del treno, canticchiando l’aria di Cherubino “Voi che sapete che cos’è amor/donne vedete s’io l’ho nel cor”. Mozart sarebbe il primo a scompisciarsi dalle risa, a quest’idea bislacca. Io, Don Giovanni, sono una sua creatura, ma ormai appartengo al mondo, non più a lui. Proprio come i figli veri, i nati di donna, che non sono proprietà dei genitori, ma appartengono solo a se stessi e, raggiunta la maggiore età, vanno con chi vogliono e si danno a chi vogliono. Una volta uscito dalla testa dell’Allegri, il Miserere rimane dell’Allegri finché viene tenuto sotto chiave in uno scrigno (la minore età), ma dal momento in cui si consente che venga eseguito in pubblico (la maggiore età), non è più un bene scarso, anzi, diventa potenzialmente inesauribile, tutti se lo possono appropriare senza rubar niente a nessuno. Chi compra una partitura del Miserere è padrone solo di quella copia della partitura, non delle note che ci sono stampate. Anche se a comprarla è stato il papa persona, o chi per esso.
Se qualcuno vuol copiare e ristampare gli articoli che qui scrivo, per quel nulla che possono valere, faccia pure. Una volta usciti dalla mia capoccia, sono di tutti. E se uno vuole sputarci sopra, faccia pure. E’ aperto a tutti quanti, viva la libertà.
Nel mondo folle in cui viviamo, dove la parola “libertà” viene usata più che mai a sproposito, può invece capitare che uno vieti di eseguire la musica da lui composta, anche se ormai diventata di pubblico dominio, perché chi ne finanzia l’esecuzione gli è antipatico. Sembra una barzelletta, ma è cronaca di questi giorni. Conoscete Brian Eno? Pare sia un compositore celebre, autore di “musica d’ambiente”. Che diavolo è? Musica d’atmosfera, dicono. Come la Vecchia Romagna Riserva con Etichetta Nera d’una pubblicità del tempo che fu (chi non è più giovincello, e ha un po’ di primavere sul groppone, forse ne ha qualche vago ricordo). Giochi timbrici, macchie di colore, come in certa pittura informale. Nulla da dire, ognuno ha i suoi gusti, e io sotto questo aspetto sono antiquato: mi piacciono le belle architetture, non le matasse senza capo né coda. Però mi sento di dire qualcosa, e ad alta voce, se questo signore vieta, come ha fatto, di utilizzare la sua musica per un balletto in programma al MiTo presso il Teatro Regio di Torino allestito dalla compagnia isrlaeliana Batsheva e finanziato dall’ambasciata di Israele. Questo perché il nostro Eno è un acceso fautore della causa palestinese e fa parte di un movimento che promuove il boicottaggio di tutto quanto proviene dall’infame Stato Sionista, dai preservativi alla carta igienica ai prodotti alimentari alle riviste scientifiche e alle creazioni dell’ingegno. Antisemitismo della più bell’acqua, altro che antisionismo. Gli ebrei sono brutti perché ebrei. Poco importa che Israele sia l’unico Stato del Vicino Oriente dove si può esprimere liberamente la propria opinione, anche contro il governo, dove si possono pubblicare libri che mettono in dubbio l’idea di un “popolo di Israele” conservatosi integro nei secoli, dove si può addirittura negare legittimità politica e morale al principio stesso del sionismo, dove cristiani e musulmani possono professare liberamente il proprio credo, dove l’omosessualità non è penalmente condannata. Eno – fermo restando l’abisso che separa le sue nenie soporifere dai capolavori supremi del Tedesco – si pone sullo stesso piano di Wagner, che nel suo Giudaismo in musica ha scritto pagine non meno esecrabili del futuro Mein Kampf. Hitler proibì l’esecuzione delle partiture di Mendelssohn perché ebreo, Eno vieta l’esecuzione di partiture proprie da parte di compagnie ebraiche finanziate da istituzioni ebraiche. Cambia qualcosa, nella sostanza? Proprio no. Hitler odiava gli ebrei perché demo-pluto-massonici-capitalisti, Brian e quelli della sua combriccola odiano lo Stato d’Israele per motivi non molto dissimili. Al posto degli “operai sfruttati” ci mettono i palestinesi “cacciati dalla loro terra”. Il terrorismo islamico-palestinese che insanguina quel martoriato Paese per questi signori non esiste; neppure Francesco della Pampa, d’altra parte, si degna di ricordarlo.
Signor Brian, mi permetta di manifestarle tutto il mio disprezzo. Lei fa molto peggio dei milanesi che, nell’Ottocento, per manifestare il loro dissenso nei confronti del governo austriaco, fischiavano alla Scala la bravissima ballerina Fanny Essler, che aveva l’unico torto di essere nata dalle parti di Vienna. Se lei in occasione della ripresa al MiTo delle sue musiche si fosse limitato a diffondere un comunicato in cui ribadiva la sua posizione filopalestinese e antiisraeliana, magari aggiungendo: “Danzano sulle mie musiche, e sono anche bravissimi, ma io li aborro”, si sarebbe comportato da gentiluomo. Così, invece, si è comportato da canaglia, come i milanesi che fischiavano la Essler non perché fosse una ballerina da quattro soldi, ma perché era austriaca. Bravissimi! Poi sono arrivati i Savoia, e a fine secolo si sono beccati le cannonate di Bava Beccaris. E bravissimo chi vuol distruggere nel Vicino Oriente l’unico baluardo di libertà. Quando arriveranno i tagliagole, faremo festa.
Quanto sarebbe bello infischiarsene della “proprietà intellettuale” ed eseguire al MiTo le musiche di Brian. Andrei a vedere lo spettacolo, e anche se la colonna sonora fosse, come sempre, soporifera, mi guarderei bene dal fischiare, al massimo resterei a braccia conserte. Sempre distinguere l’arte dall’ideologia! Altrimenti dovremmo subissare sempre di fischi il finale dei Meistersinger , dove Wagner per bocca di Hans Sachs ne dice di cotte e di crude contro la frivolezza dei popoli latini. Ci si fa una risata, si scuote la testa, e si applaude. Perché Wagner era una canaglia, ma i Meistersinger sono un capolavoro. E se anche durano sei ore e più, non fanno dormire come due soli minuti delle nenie di Brian Eno.