Pensierini natalizi
Ma questo papa che non conosce il latino e parla un italiano smozzicato, non riuscendo a spiccicare due parole senza tener squadernato davanti un foglio dove qualche anima pia gli ha scritto quello che deve recitare davanti al popolo dei fedeli, l’ha letto qualche volta il Vangelo, in particolare quello di Luca, almeno in una buona traduzione nella sua lingua materna? Quando mi hanno detto che, in una sua omelia (sua o scritta da qualcuno per lui) ha chiamato “profughi” Gesù Giuseppe e Maria, lì per lì gli ho dato ragione. E come no? Non è forse vero che sono dovuti fuggire in Egitto per sottrarsi a quel manigoldo di Erode, il quale aveva ordinato di uccidere tutti gli infanti di Betlemme perché i Magi gli avevano confidato che tra loro c’era il futuro Messia, re dei Giudei? E invece poi ho scoperto che non si riferiva a quell’episodio (narrato, tra l’altro, come tutta la storia dei Magi, solo nel Vangelo di Matteo), ma al viaggio di Giuseppe e Maria da Nazareth a Betlemme, in occasione del censimento indetto da Augusto “quando Quirinio era governatore della Siria”. Ma allora i conti non tornano più. In quell’occasione, i due (con il terzo in arrivo) mica scappavano dalla loro terra, semplicemente andavano a farsi registrare nel luogo d’origine delle loro famiglie. Né risulta che abbiano trovato rifugio in una stalla perché nessuno li voleva accogliere, bensì perché “non c’era posto nella locanda”. Con tutto quel viavai di gente, era difficile trovare alloggio. Tra l’altro, la stalla sarà stata pur di qualcuno, che gliel’ha benevolmente messa a disposizione: magari fu il padrone stesso della locanda, le cui camere erano tutte occupate (mica poteva gettare sulla strada i clienti ai quali le aveva regolarmente affittate dietro pagamento, o ospitare una partoriente in promiscuità con altri avventori…) Dove ha la testa il Gesuita vestito di bianco? Avrebbe fatto meglio a parlare della fuga in Egitto. Allora sì Gesù Giuseppe e Maria diventarono profughi e, a quanto pare, furono accolti. Ma un conto è accoglierne tre, un conto decine di migliaia… In ogni caso, se proprio vuole, veda di parlarne dopo l’Epifania. Per ora, i Re Magi non sono ancora arrivati, e il re Erode dorme sonni tranquilli.
Da quando Salvini si incaponisce a sostenere l’opportunità di allestire il presepio in occasione del Natale, perché è un forte segno identitario della nostra civiltà giudaico-cristiana, molti preti hanno cominciato a storcere il naso: se il presepio piace a Salvini, meglio non farlo. Forse non hanno tutti i torti, a patto che chiariscano meglio il loro pensiero, se ben lo interpreto: “Il presepio lascialo fare a noi, nelle chiese, come abbiamo sempre fatto. Ogni buon cristiano lo allestisca nella sua casa. Anzi, ogni buon cattolico, perché l’albero è roba da protestanti. La politica se ne stia alla larga. In chiesa coi santi e in taverna coi ghiottoni. L’identità con la nascita di Cristo ha poco o niente che fare, a meno che non si tratti dell’identità di tutto il genere umano, se è vero che Cristo si è incarnato ed è morto per tutti”. Questo sarebbe davvero un bel discorso. Però poi quando si legge che, per non offendere i musulmani, anche negli asili e nelle scuole il presepio viene allestito con tanti accorgimenti che ne snaturano il significato, e nelle canzoncine di Natale insegnate dalle maestre ai bimbi il nome di Gesù viene cancellato o sostituito con i più insulsi arzigogoli, cadono le braccia. Se si tratta di scuole religiose, non si vede per quale motivo si debba rinunciare al proprio credo in omaggio a un credo altrui. Se si tratta di scuole statali, si abbia il coraggio di bandire del tutto il presepio, invece di snaturarlo. Qualcuno non vuole forse bandire anche il crocifisso dalle aule scolastiche, da quelle dei tribunali e da tutti gli uffici pubblici? Io non sono d’accordo. Sono epicureo, credo che gli dèi, se esistono, se ne stanno beati nel loro regno, impipandosene dell’umanità (altrimenti come spiegare tutte le brutture che insozzano la vita di questo povero, sperduto pianeta?), ma il bambinello che nasce in una mangiatoia mi fa tenerezza e l’immagine del Rabbi ingiustamente condannato a morte atroce dopo un processo sommario sotto accusa di lesa maestà rafforza il mio odio per la giustizia di Stato. Ma se proprio si vuol fare come i laici francesi, si elimini ogni segno religioso dai luoghi pubblici, presepi e crocifissi in primis, e al loro posto si esponga la bandiera. Purché mi si lasci la libertà di prenderla a spernacchiate.
I preti di oggi, come il loro capo, sono furbi, ma poco intelligenti. Annacquano il credo cristiano, riducono la Chiesa a un “ospedale da campo”, una sorta di grande Onlus, per accattivarsi la sempre più larga schiera di miscredenti e indifferenti. Per non inimicarsi i musulmani, sostengono che il Dio-amore predicato da Cristo è lo stesso Dio antico-testamentario predicato da Maometto, quello che invita a uccidere i suoi nemici, anziché a convertirli con la parola. Per mostrarsi aggiornati con i risultati delle neuroscienze, che pretendono di aver dimostrato l’insostenibilità del dualismo cartesiano, negano la distinzione fra anima e corpo, facendone un tutt’uno: quando uno crepa, non sopravvive un bel nulla; rimane in attesa della resurrezione alla fine dei tempi (ammesso e non concesso che il Cristo sia risorto: qualche teologo lo nega). E’ una furbizia che per ora riscuote consensi. Ma a medio termine? Che ce ne facciamo di una Chiesa che non ha più nulla di spirituale da dire? Anche chi fino a questo momento si è dichiarato credente finirà col dire: “Sì, vogliamo andarcene anche noi; non avete parole di vita eterna”. Furbizia, appunto, non intelligenza. Furbi, ma anche molto intelligenti, i capi dei primi cristiani. Sapevano che la loro dottrina era ostica per il mondo pagano (San Paolo, quando aveva parlato all’Areopago di Atene, sulle prime aveva suscitato l’interesse degli ascoltatori, ma quando aveva parlato di resurrezione, l’avevano preso per matto…), ma si guardarono bene dall’edulcorarla. Ebbero invece l’astuzia di reinterpretare i miti e le immagini del paganesimo in chiave cristiana, Così Dioniso, il dio del vino, diventa figura di Cristo, il cui sangue nel rito dell’ agàpe è vino transustanziato; la dea Iside che tiene in braccio Horus si trasforma nella Madonna col Bambino; il Moscoforo della statuaria classica diventa il Buon Pastore; sui templi dedicati alla Vergine Athena, come il Partenone, sorgono chiese cristiane dedicate alla Vergine Maria. Per finire, nel III secolo, quando ad opera degli imperatori Severi, primo fra tutti Eliogabalo, il culto solare di Mitra, venuto dall’Oriente, mette a rischio la diffusione della dottrina cristiana facendole una tenace concorrenza, si pensa bene di far coincidere il giorno della nascita di Gesù con il mitraico Dies natalis invicti solis, che cade il 25 dicembre, subito dopo il solstizio d’inverno. Non per niente le chiese di un tempo avevano tutte l’abside a Oriente, e il prete all’altare celebrava col volto rivolto a Oriente, dando la schiena ai fedeli. Mi viene un’idea. Visto che a celebrare la nascita di Cristo si ha paura di offendere chi professa altre religioni, in particolare i musulmani (che pur credono in Gesù come profeta, se non come figlio di Dio), perché non ritornare al Dies natalis invicti solis? In cuor loro, i cristiani continueranno a identificare il Sole con Cristo, i seguaci delle altre religioni non avranno difficoltà a fare lo stesso con il loro dio, e gli atei saranno ben contenti di celebrare l’astro che ci dà la vita, irradiando la sua energia grazie al processo di fusione nucleare che trasforma l’idrogeno prima in deuterio e poi in elio. Questo sì sarebbe ecumenismo vero! Tutti contenti, ciascuno a suo modo. Poi, quando la Chiesa avrà cessato di esistere per l’insipienza dei suoi pastori, il Dies natalis invicti solis continuerà a essere celebrato, come un fossile del tempo che fu…
Per l’italiano smozzicato, pazienza. E’ di origini piemontesi ma la sua lingua madre è un’altra. Sarebbe interessante sapere come si esprime in spagnolo.
Trova anche il tempo di scrivere libri, come il suo illustre predecessore, che aveva altra cultura, non soltanto biblica e teologica, e altro stile. Chissà se sono tutti farina del suo sacco. Avrà qualcuno che gliene corregge gli strafalcioni di lingua e di pensiero, immagino. E i diritti d’autore a chi andranno? Ai poveri, naturalmente. Perché purtroppo la Santa Sede, sempre così pronta a condannare le brutture del capitalismo – con qualche buona ragione, a patto di non confonderlo con il sistema di mercato- accetta le regole di quella proprietà intellettuale che del capitalismo è una delle macchie peggiori: l’unica forma di proprietà che può essere definita senz’altro un furto. La Tipografia Editrice Vaticana detiene i diritti di pubblicazione della “Nova vulgata”, che dal 1979 ha sostituito la “Vulgata clementina” come testo ufficiale, filologicamente aggiornato, del Nuovo testamento nella versione di San Gerolamo. Con il bel risultato che una casa editrice cattolica come la San Paolo, per la sua pubblicazione del Nuovo Testamento con traduzione interlineare dal greco, deve adottare per il testo latino la vecchia “Clementina”: difetto non da poco, per un’opera sotto molti altri aspetti eccellente. Uno scherzetto da preti giocato ai confratelli…