Don Giovanni

Note di biasimo

Questa volta voglio proprio divertirmi a imitare quella vecchia professoressa della scuola media che, quando qualche suo alunno si comportava male, gli segnava sul registro una “nota di biasimo”, senza guardate in faccia a nessuno, fosse anche il figlio del cittadino più ragguardevole.

Allora, cominciamo proprio dai vertici.

1) NOBLESSE OBLIGE
Grandi panegirici per il quinquennale del pontificato di Bergoglio, il papa venuto dall’altro mondo a portare nella Chiesa una ventata ďaria nuova. Dono della Provvidenza. Sarà. Ma un papa deve comportarsi da papa.Una volta i preti più rozzi venivano mandati in montagna o nelle parrocchie più scalcinate. Potevano anche imbastire prediche del tipo:”E così i Re Magi arrivarono alla capanna…E non si arriva a messa in ritardo…”Non si sarebbero mai permessi, però, di usare espressioni triviali o irriverenti. Adesso può essere eletto al soglio di Pietro uno che dice :” Non bisogna far figli come conigli”, oppure che Gesù nell’episodio dell’ adultera “fa un po’ lo scemo”. Ha ragione Giuliano Ferrara. Prima o poi arriverà a dire:” Li mortacci tua!”
Nota di biasimo.

2) FIORE CHE PUZZA
Le panzane (che oggi le persone raffinate chiamano “fake news”) sono dure a morire. Ad esempio, si continua a ripetere la leggenda che Galileo avrebbe scoperto la legge dell’ isocronismo del pendolo studiando le oscillazioni di un lampadario nel duomo di Pisa. Peccato che negli anni Sessanta dello scorso secolo si sia scoperto che quel lampadario fu collocato dov’è qualche anno dopo la scoperta. Allo stesso modo, in occasione della Festa della Donna si è ripetuta la fanfaluca secondo cui tale giornata vorrebbe ricordare un incendio del 1908 in una fabbrica di New York, dove morirono molte lavoratrici lì rinchiuse a chiave da uno spietato padrone. Pura invenzione, che Lenin fece propria per imprimere alla festa, da lui promossa, il sigillo della Rivoluzione Proletaria. Invece di ripetere sciocchezze, le nostre femministe farebbero bene a battersi contro la barbarie dell’ infibulazione e l’ obbligo del velo, che perdurano in certi Paesi e purtroppo sono stati importati anche da noi.” È la loro cultura!”dice qualche oca. Era cultura italica anche il delitto ďonore, rimasto nel Codice Rocco fino al 1980. Bisognava conservare anche quello?
Si proclama uno sciopero che, interessando anche i trasporti, colpisce prima di tutto le donne lavoratrici e le mamme che devono accompagnare i figli a scuola(dove purtroppo invece di far lezone si tengono assemblee d’ istituto contro la discriminazione, il femminicidio e la violenza sessuale maschilista). Si proclama l’astensione da ogni attività “produttiva e riproduttiva”. Riproduttiva? Avrebbero fatto bene a dire “sessuale”. Confondono, come i preti, genitalità e sessualità. Ai maschietti interessa la fica, della genitalità se ne fanno un baffo. Imparino dalla grande Lisistrata di Aristofane, che esortava le compagne ad astenersi dall’uccello, non dalla riproduzione.
Io abolirei la festa delle donne. Le donne vanno rispettate e amate ogni giorno. A me sono necessarie come l’ aria che spiro. Sono loro a sedurmi.
Io non regalerei mai una mimosa a una donna. È un fiore brutto che puzza di cacca. Fossi una donna, me ne sentirei offeso.
Nota di biasimo

3) MERITO E DEMERITO

Un altro intoccabile che in questi ultimi tempi è stato celebrato è Don Milani. E invece io lo tocco. Rispetto il suo ardore missionario e il suo prodigarsi in difesa dei deboli e dei poveri. Le sue critiche alla scuola di Stato sono per molti aspetti condivisibili. Ma il suo discorso sulla meritocrazia proprio non mi piace. Se per meritocrazia intendiamo riconoscimento di un’ eccellenza raggiunta grazie al talento e allo studio, nessuna società può prescinderne. Finché si vuol mantenere il valore legale dei titoli di studio, la scuola deve valutare e, se il caso, bocciare. Se si abolisce, il momento dell’ esame deve prima o poi arrivare per intraprendere qualsiasi professione.
Se invece per meritocrazia si intende un sistema che cerchi di cancellare i capricci della sorte, quelli per cui uno nasce intelligente e uno scemo, uno ha genitori ricchi e uno poveri, uno eredita patrimoni e uno debiti e così via, al fine di rendere tutti uguali al punto di partenza, non ci siamo più. Lo so che l’idea è stata fatta propria anche da alcuni liberali, ma è un’ utopia che può soltanto portare a un sistema totalitario. La proposta di tassare ferocemente i cespiti ereditari, che piace tanto ai Gates e ai Soros, obbedisce alla stessa logica: non è giusto diventare ricchi senza meritarlo.
Quel che dispiace in don Milani è la malcelata avversione per gli alunni bravi appartenenti a famiglie facoltose. Come a voler dire: bella forza, con alle spalle genitori istruiti e grande disponibilità di mezzi finanziari! E allora che dobbiamo fare? Discriminarli con votazioni risicate solo perché sono ricchi? Riservare la bocciatura soltanto a loro e infliggergliela spesso e volentieri? Introdurre anche a scuola un sistema di “quote di merito” a favore di chi dispone di un reddito inferiore a una certa soglia?
Ricordiamoci piuttosto che la scuola severa, quella che boccia senza guardare in faccia a nessuno(come quella vecchia racchietta che appioppava biasimi anche ai rampolli di prestigiosi professionisti) ha fatto spesso il bene dei poveri. Un esempio per tutti: Sergio Ricossa, l’economista che raccolse l’eredità ideale di Luigi Einaudi, era figlio di un operaio della Fiat. I genitori dovevano tirare la cinghia per farlo studiare. Frequentò il severo Liceo classico dei suoi tempi. Arrivò a essere nominato Accademico dei Lincei. Senza bisogno di “quote di merito”.
Nota di biasimo.

4) IL SESSANTOTTO? FASCISMO
Altro mito da vecchietti nostalgici, che quest’ anno ci si appresta a celebrare: il Sessantotto. Un movimento che nasceva da ragioni in parte condivisibili
ma ben presto, soffocando la generosa e purtroppo sparuta presenza liberale nella rivolta giovanile, degenerò in atteggiamenti violenti, distruttivi, opportunistici, vagheggisndo modelli di società del tutto illiberali. Mi piace smontarlo raccontando un aneddoto.
Milano, Università Cattolica, Facoltà di Lettere e Filosofia, anno accademico 1967- 68. Il prof. Albino Garzetti, illustre studioso e grande gantuomo, si appresta a tenere la sua consueta lezione di Storia Greca nell’ Aula Sant’Agostino. Ha appena incominciato, e subito viene interrotto da uno studente:”Professore, vorrei porle una domanda” .E il professore:”Sarò lieto di ascoltarLa nel mio studio, subito dopo la lezione”. Altri ripetono la richiesta, in toni sempre più concitati, ottenendo sempre la medesima, garbata risposta. L’atmosfera in breve si surriscalda. La lezione viene impedita,tra urla e
invettive d’ogni genere. A un certo punto il professore perde la calma: “Sapete come si chiama questo? Fascismo! Ve lo dice uno che per il Fascismo ha sofferto”.
Ben detto, fascismo.
Nota di biasimo.

5) L’AFFAIRE MORO.
16 marzo 1978. Alla vigilia del giorno in cui il quarto governo Andreotti deve presentarsi alle Camere per la fiducia, il presidente della DC Aldo Moro viene rapito da un commando delle Brigate Rosse, dopo uno scontro a fuoco in cui perdono la vita cinque agenti. La triste vicenda si concluderà poco meno di due mesi dopo con la morte dell’ illustre uomo politico.
Sono già cominciate le celebrazioni, nel quarantennale di quei luttuosi avvenimenti. Ne sentiremo tante, di chiacchiere. Pochi ricorderanno un’ amara verità:Moro si sarebbe potuto salvare con una trattativa. Furono i suoi compagni di partito a non volerla. Si disse che le lettere dal carcere in cui Moro chiedeva di trattare erano frutto di una mente ormai alterata. I più intransigenti però furono i comunisti, proprio quelli che si stavano avvicinando all’ area di governo grazie al “compromesso storico” di cui il politico democristiano era stato il paziente tessitore. Come mai? Dovevano dimostrare al cosiddetto mondo libero, e in particolare ai sospettosi Stati Uniti, che ormai si erano convertiti alle ragioni della democrazia liberale, ed erano disposti a sacrificare una vita umana per il bene di quello che un tempo esecravano come Stato borghese.
Machiavellismo puro, che le anime candide chiamano”senso dello Stato”. In questo i comunisti non.avevano cambiato pelle: quello che prima facevano per il bene della causa proletaria, sacrificare vittime umane, erano pronti a rifarlo per lo Stato borghese di cui stavano diventando complici. Ma proprio con l’ operazione Moro i servizi segreti dell’URSS, in combutta con le Brigate Rosse, cancellavano l’illusione dei compagni italici di approdare nelle stanze del potere borghese.
Nota di biasimo.

Giovanni Tenorio

Libertino