Don Giovanni

Mi godo lo spettacolo

Fu Rothbard, in uno dei suoi scritti senili – che a mio parere segnano un’involuzione del suo pensiero – a vedere nel puritanesimo protestante la matrice di quel “politicamente corretto” che ha proliferato negli Stati Uniti diffondendosi come la gramigna e contagiando un po’ tutte le cosiddette democrazie liberali. Quell’atteggiamento, per intenderci, che moltiplica a dismisura i diritti, attribuendoli magari non solo agli animali, ma anche alle piante e alla Terra Madre; che sollecita un intervento pubblico a difesa della nostra salute, magari vietandoci di fumare una sigaretta anche all’aperto o a addirittura in casa nostra, e di magiare certi cibi responsabili del sempre più preoccupante problema dell’obesità; che spinge a esiti grotteschi la sacrosanta battaglia della parità sostenendo la bieca “affirmative action”, ovverossia la discriminazione alla rovescia, con l’obbrobrio delle quote, rosa o nere o gialle o turchine o variopinte che siano; che si batte per l’ uso non sessista della lingua; che esige un intervento capillare dello Stato papà a dirigere con il suo Verbo infallibile ogni nostra scelta individuale. Sarebbe un modo di tradurre in chiave secolare il principio religioso millenaristico tipico di certe sette protestanti radicali, secondo cui il regno di Dio va stabilito su questa terra fin d’ora, senza attendere la seconda venuta del Salvatore alla fine dei tempi. Un errore -dice Rothbard- che invece non è dei cattolici, i quali realisticamente accettano l’imperfezione della vita terrena e rimandano alla fine dei tempi quella che Pietro negli “Atti degli Apostoli” chiama apokatastasis, cioè restaurazione. A me sembra un’opinione bislacca. Ma come? Si è sempre magnificato il capitalismo americano come frutto dell’etica protestante, sulla scia di Max Weber, e adesso ci si viene a dire che il protestantesimo fa guasti, e invece i cattolici bavaresi che vanno a messa e poi a sbronzarsi nelle birrerie sono nel giusto? Quest’idea di far dipendere certe tendenze sociali o, peggio, certi eventi storici, o magari il corso stesso della Storia da un unico fattore determinante, anziché da una serie di cause non sempre e non tutte individuabili, mi sembra semplicistico. Marx mette in cima a tutti il fattore economico, che genera la lotta di classe, Freud il sesso, con tutti i problemi di rimozione e repressione che generano il disagio della civiltà, Max Weber l’etica protestante, che feconda il terreno su cui nasce il capitalismo. Tornando a Rothbard: se il cattolicesimo è davvero così estraneo all’idea del Paradiso in Terra, come la mettiamo con Girolamo Savonarola? Il quale, d’accordo, fece una brutta fine per i maneggi di papa Alessandro VI Borgia, ma fece breccia nel cuore e nella mente di personaggi tutt’altro che sprovveduti, da Lorenzo il Magnifico a Sandro Botticelli allo stesso Niccolò Machiavelli. Uomo del Medio Evo? No, dell’Umanesimo, anche lui, di quell’Umanesimo che cercava proprio di costruire, qui ed ora, una buona società coniugando cristianesimo e valori della riscoperta classicità. E dove sbocciano Umanesimo e Rinascimento? Nella cattolica Italia! Allo stesso modo del capitalismo e del sistema bancario moderno (alla faccia di Max Weber).

Un bell’esempio di millenarismo nel Bel Paese si è avuto col protagonismo del sistema giudiziario italico dopo lo sconquasso provocato dal crollo delle democrazie popolari, URSS in testa. Fino a quel momento vigeva un patto tacito: si sapeva che il PCI riceveva sovvenzioni dalla Russia, la DC dall’America, ma bisognava far finta di niente. Non si potevano scoperchiare le pentole democristiane fingendo di non vedere quelle comuniste. Né si potevano portare alla luce le malversazioni e le tangenti degli uni senza accendere i riflettori su quelle degli altri. Rimasto a secco di contributi dalla madrepatria sovietica il PCI, che si riciclava in chiave vagamente socialdemocratica, mutando anche il nome e preparandosi a una grande rivincita epocale, la magistratura colse il suo grande momento. Aveva ottenuto prestigio e potere grazie alla vittoriosa lotta contro il terrorismo nei primi anni Ottanta, quando la politica, stoltamente, le aveva regalato strumenti di intervento che, in altre circostanze, si sarebbero potuti ritorcere a danno del sistema politico stesso. Forte di questa posizione, la fazione dominante della cricca giudiziaria si diede da fare a sconfiggere per via processuale i partiti che potevano ostacolare la “gioiosa macchina da guerra” dell’ex-PCI nella corsa verso la meta governativa. Fu così che il socialista Bettino Craxi e il suo partito – che avevano largamente approfittato dell’impunità vigente nei decenni precedenti, estesa a tutto l’arco politico- assurse a principale bersaglio delle inchieste giudiziarie per corruzione, insieme alla DC. La sinistra ex-comunista fu appena lambita da questo terremoto; e quei pochi magistrati che volevano vederci chiaro anche da quella parte, come Tiziana Parenti, furono messi ai margini. Grande protagonista dell’epica lotta fu la Procura di Milano, guidata da Francesco Saverio Borrelli, che mandò avanti come un carro armato un sostituto fino a quel momento relegato in un ufficio vicino al cesso, Antonio Di Pietro. La “gioiosa macchina da guerra” sembrava destinata a vincere grazie a una necessità storica, ma arrivò Berlusconi a rompere le uova nel paniere. I cannoni della magistratura furono subito puntati anche contro di lui. Bisognava estirpare il Male, rivoltare l’Italia come un calzino, preparare il terreno perché potesse sorgere il Sol dell’Avvenire. Nel frattempo Di Pietro lasciava la toga e fondava un partito, sognando una palingenesi che ,dopo aver purificato l’Italia, doveva contagiare l’Europa, e forse il mondo e -perché no?- l’Universo intero. Se non è millenarismo questo, sbocciato in un Paese cattolico, che cos’è mai? Girolamo Savonarola al confronto impallidisce: lui pensava a santificare Firenze, le sue ambizioni finivano lì. Anche perché con Papa Borgia c’era poco da fare il cretino. Sappiamo com’è finita. Di Pietro è attualmente presidente della Società Autostradale Lombarda. Un po’ pochino, per chi voleva estirpare il Male dalle radici e fare del mondo un Pantheon, gli uomini in dii mutare, come il Gerard dell”Andrea Chenier”.

La Storia talvolta, diceva Marx, prima si presenta come tragedia e poi si ripete come farsa. La farsa la stiamo vivendo in questi giorni. Crollato miseramente il governo Renzi sotto i colpi del referendum costituzionale, i cannoni della magistratura ricominciano a sparare verso bersagli ben precisi. Nessuno più pensa a palingenesi universali, non sono più quei tempi, ma è il momento di favorire la sinistra dura e pura, da un lato bastonando il Movimento 5 Stelle, possibile e forse probabile vincitore della prossima tornata elettorale, e dall’altro dando il colpo di grazia a un renzismo agonizzante ma intenzionato a riemergere con sforzi sovrumani. Ecco quindi le azioni giudiziarie che stanno mettendo a soqquadro la giunta pentastellata di Roma, capeggiata da Virginia Raggi, e l’avviso di garanzia per il sindaco di Milano Giuseppe Sala, ex-amministratore delegato della S.p.A “Expo 2015” e fervente renziano. Interessante la vicenda milanese. S’era già scoperta un’irregolarità nelle procedure per gli appalti di EXPO: un verbale retrodatato, al fine di poter correggere un’anomalia nella composizione di un organismo decisionale nei tempi utili a consentire la conclusione dei lavori entro il termine prefissato. Peccato veniale, se pensiamo al marciume che insozza tutte le gare per gli appalti pubblici. Avete presente quel che capita di solito? La base d’asta subisce svalutazioni del 30 o 40%, poi si fermano i lavori per varianti in corso d’opera dovute a fantomatici imprevisti; si procede così a trattativa privata, e alla fine risulta che i costi sono raddoppiati, o peggio. Il sostituto procuratore Robledo avrebbe voluto procedere per falso materiale e ideologico, com’era suo dovere in un sistema come quello italico che prescrive l’obbligatorietà dell’azione penale, ma il suo capo Edmondo Bruti Liberati lo bloccò. In quel momento non si poteva toccare Renzi, che per Expo convogliava fiumi di denaro su Milano, facendone un proprio feudo (e poi vi meravigliate se nella capitale morale hanno prevalso i SI al referendum, pur di stretta misura?). Caduto in disgrazia Renzi, si rimette mano alle carte archiviate e si puntano i cannoni contro valvassori e valvassini.

Come finirà? Non lo so e non voglio saperlo. Conclusione a sorpresa. Per ora mi godo lo spettacolo

Giovanni Tenorio

Libertino

Un pensiero su “Mi godo lo spettacolo

  • Alessandro Colla

    C’è ancora qualcuno, dalle mie parti, che sostiene che i finanziamenti ai comunisti italiani non sono mai pervenuti dall’Unione Sovietica ma dalle tasche “dei lavoratori e della classe operaia”. Dulcamara colpisce inesorabilmente, non si intravede il finale dell’elisir.

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