Don Giovanni

La zappa sui piedi

Quanto sia deprecabile e pericolosa la riforma costituzionale testé conclusasi con il suggello di una votazione unanime che la rende inespugnabile, è stato chiarito, con un articolo pubblicato nel blog di Nicola Porro, da Fabio Massimo Nicosia. Lo condivido fino all’ultima virgola, e invito tutti gli amici che già non l’abbiano fatto ad andare a leggerlo. Come sempre, Nicosia sfoggia una dottrina giuridica di prim’ordine, unita a una limpidezza argomentativa davvero encomiabile. Non ho nulla da aggiungere, e mi guardo bene dal tentare una riesposizione del suo assunto, che risulterebbe povera e sciatta. Ho sempre pensato che, quando si può disporre dell’originale, non è proprio il caso di ricorrere alle periochae, che rischiano di snaturarlo; soprattutto se si tratta di testi agili, stringati, di facile reperimento, com’è nel nostro caso.Io qui invece vorrei prendere spunto dal medesimo argomento per un’altra riflessione. Ricordo innanzitutto qual è il contenuto della riforma:  sono stati modificati l’art.9 e l’art. 41 della Costituzione, introducendo, tra i valori tutelati dalla Legge fondativa della Repubblica, accanto alla conservazione del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della Nazione, anche la salvaguardia dell’ambiente, degli ecosistemi, della biodiversità, per il bene delle generazioni presenti e future; nonché, ciliegina sulla torta, la protezione degli animali. Tralascio tutto il resto e mi soffermo sulla tutela degli animali. Nessuno più di me aborre le sevizie compiute, a qualsiasi titolo, su tutte le specie viventi. Ho sempre avuto in uggia i giardini zoologici (anche se, con poca coerenza, mi hanno sempre affascinato gli acquari). Gli animali ammaestrati impiegati negli spettacoli circensi mi hanno sempre fatto pena e procurato tristezza. Vedo la corrida come il fumo negli occhi. Non ho mai apprezzato il Palio di Siena et similia. Non amo i cacciatori, perché non ritengo bello divertirsi uccidendo bestiole inermi, anche se riconosco che la caccia, se ben regolata, può essere utile all’equilibrio dell’ecosistema. Se fossi una donna, mi guarderei bene dallo sfoggiare pellicce confezionate con pelli di animali allevati all’uopo (anche se, ancora una volta con poca coerenza, non ho nulla contro le scarpe e le cinture di cuoio). Non sono vegetariano e tanto meno vegano. Ciò detto, continuo a credere che parlare di “diritti degli animali” sia insensato. Quali sono i diritti degli animali? Vanno specificati, altrimenti arriviamo al paradosso. Chiamiamoli pure diritti, visto che i nomi sono puri, purissimi accidenti, ma distinguiamoli da quelli degli uomini. Altrimenti, se difendiamo, per esempio, in astratto, il diritto alla vita, allora un leone, che è per natura carnivoro, se mi sbrana per saziare il suo appetito, esercita il suo diritto. Quando un cane, spruzzando pipì, marchia un territorio, ne diviene proprietario secondo i principi di homesteading?  Se, per coltivare un campo, distruggo un formicaio, commetto un reato penale come se avessi invaso e distrutto un domicilio altrui? Credo che sia molto più corretto parlare, sul piano morale, di doveri dell’uomo nei confronti degli animali (primo fra tutti quello di non farli soffrire inutilmente); doveri che possono essere introdotti in un sistema giuridico con norme ordinarie, in sintonia con la sensibilità che, in un particolare momento storico, la società nel suo complesso dimostra nei confronti di siffatte problematiche.Oggi sulle sofferenze degli animali si è molto più sensibili di un tempo. Giusto che la legge ne tenga conto. Introdurre il tema nel dettato costituzionale mi sembra invece pericoloso, proprio perché si corre il rischio di trasformare la giusta tutela in una serie di diritti, ponendo il legislatore davanti a dilemmi di difficile soluzione, che potrebbero causare controversie a non finire.Qualcuno, fra gli amici degli animali (non credo solo fra vegetariani o vegani) ha esultato per la modifica dell’art.9, pensando che possa diventare un grimaldello per scardinare l’obbligovaccinale imposto dal governo fascista e criminale di Mario Draghi. Basterebbe usarlo, in combinato disposto, con la Legge 413 /93, che riconosce il diritto all’obiezione di coscienza riguardo alla sperimentazione su animali da laboratorio.  Che andrebbe invocata – rafforzata com’è dal nuovo dettato costituzionale – in un ricorso davanti al Giudice per vedersi riconosciuta la facoltà di non ottemperare all’infame imposizione.Ingenuo e pericoloso. Ingenuo. Se si va a vedere bene la Legge 413/93, si evince che l’obiezione di coscienza è riconosciuta ai tecnici e ai medici che lavorano in laboratori sperimentali, nonché agli studenti universitari delle facoltà che per il loro indirizzo hanno che fare con quel tipo di sperimentazione. Pretendere che uno possa rifiutare un vaccino perché si presume che sia stato sperimentato anche attraverso l’inoculazione in animali da laboratorio mi sembra un’illusione, perché comporterebbe una forzatura della legge del tutto inammissibile, anche a volerla interpretare in senso evolutivo alla luce del rinnovato art.9 Cost.  Anche fingendo che ciò sia possibile, il Giudice potrebbe chiedere al ricorrente se è vegano o almeno vegetariano, e solo in questo caso concedere il diritto all’obiezione. E’ chiaro che, in caso di dichiarazione falsa, si rischierebbe un’incriminazione  ai sensi dell’art 495 C.P.   Solo vegani e vegetariani potrebbero averla vinta. Buon per loro, ma la cosuccia finisce lì, e il problema, per tutti gli altri, resta.Pericoloso. Se tiriamo in ballo la sperimentazione su animali per opporci all’obbligatorietà dei vaccini, indeboliamo la nostra causa invece di rafforzarla, Una delle ragioni più forti che si possono sostenere davanti alla Corte Costituzionale in seguito a ricorso per eccezione di incostituzionalità riconosciuta dal giudice ordinario per negare la liceità di un obbligo vaccinale è quella secondo cui i vaccini anti-Covid sono stati sperimentati in tempi eccezionalmente brevi, sovrapponendo le varie fasi di sperimentazione e riducendo al minimo i test su animali che la normativa vigente richiede. Vogliamo proprio tirarci la zappa sui piedi?

Giovanni Tenorio

Libertino

Un pensiero su “La zappa sui piedi

  • Alessandro Colla

    Un aspetto non sono riuscito a capire, anzi due. Una non lontanissima sentenza della Corte Costituzionale, stabilì che i primi dodici articoli non erano mutabili in quanto fondamentali. Per manometterli occorreva una nuova Costituzione e all’epoca esultarono i confessionalisti per la conseguente irrevocabilità del settimo articolo. Ricordo che Berlusconi ironizzò sostenendo che ina base alla sentenza per il suo preciso enunciato nel contenuto, anche l’articolo 139 non potesse essere modificato. Pensava di essere spiritoso come al solito e invece i suoi avversari gli diedero ragione, a mio avviso in modo pertinente. Come hanno potuto, oggi, ignorare un ben preciso dettato giurisprudenziale senza che la stessa Alta Corte si sia messa di traverso? L’altra cosa che non ho capito è relativa alla legislazione ordinaria. La Legge 1 del 2018 è in claris: lo stato d’emergenza non può oltrepassare i ventiquattro mesi; ragion per cui non poteva oltrepassare la soglia del trenta gennaio dell”anno solare in corso. Nessuno ha fiatato, neanche l’opposizione ufficiale. Ma è un quesito che ho rivolto direttamente di recente all’avvocato Nicosia tramite il cosiddetto “altro sito” dove lui è recentemente intervenuto. Spero che tramite queste pagine si possa ottenere una risposta.

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