Don Giovanni

In malam crucem

Amici miei, la sapete la storiella (vera, lo giuro sul mio onore) di quella vecchietta sorda e orba che doveva andare, in un pomeriggio d’estate, a far visita a una sua cara amica? Da mezz’ora s’era scatenato un violento nubifragio, ma lei, placidamente rintanata nel suo accogliente appartamento, non s’era accorta di nulla. Uscì di casa senza ombrello e, varcato il portone, non s’ avvide che il cortile era completamente sommerso, perché il tombino che s’apriva al centro, per carenza di di manutenzione, s’era ingorgato a tal punto da non consentire il deflusso delle acque meteoriche attraverso i canali di scarico. Si incamminò verso il cancello che dava sulla strada, e solo quando l’acqua le giunse fino al ginocchio, come folgorata da un’improvvisa rivelazione, esclamò: “Ma guarda, piove! Siamo in piena estate, non l’avrei mai immaginato!” E prosegui imperterrita.

Non scherzo, amici miei. La storiella (vera, ve lo ripeto!) mi è ritornata in mente in questi giorni, perdendo ogni sapore di comicità, all’apprendere l’incredibile notizia del cavalcavia crollato sulla Strada Statale 36 in prossimità di Annone Brianza, causando un morto e parecchi feriti. Com’è possibile? Un cantoniere dell’ANAS rileva, quasi per caso, nella struttura, una caduta di calcinacci che dovrebbe suscitare grave allarme, con sospensione immediata della circolazione, visto che sopra il cavalcavia transitano di continuo automezzi pesanti con carichi eccezionali, diretti a una vicina impresa siderurgica. Invece si tergiversa: viene data la notizia all’ufficio competente, che la comunica alla Provincia (ma le province non erano state abolite?), la quale a sua volta prima di intervenire pretende una richiesta formale. Tra l’altro non è ben chiaro di chi sia il cavalcavia e di chi sia la strada che ci passa sopra: pare che il primo sia dell’ANAS e la seconda della Provincia (ma non le avevano abolite, le Province?), che è tenuta soltanto alla manutenzione del manto d’asfalto. Ragione di più per tergiversare. Qualcuno alla fine decide di mandare i tecnici per un sopralluogo; ma mentre i tecnici stanno arrivando gli automobilisti ignari continuano a circolare sopra e sotto, finché un automezzo pesante, gravato di un carico eccezionale, passando sul cavalcavia ne provoca il crollo, con le conseguenze che abbiamo detto. Ma guarda, crolla! Chi l’avrebbe mai detto? Eppure progetto e costruzione erano perfettamente in regola. Siamo in piena estate, e piove!

Se ne parla molto, anche se i fatti ben più gravi delle nuove scosse sismiche che hanno funestato il Centro Italia occupano, com’è giusto, tutto il proscenio. Contro il terremoto, c’è poco da recriminare. E’ il volere imperscrutabile  di Dio, se ci si crede, è la crudeltà della Natura matrigna, come invece avrebbe detto il grande poeta e pensatore figlio di quelle terre che tanto stanno soffrendo. E’ vero, qualche idiota, dopo il terremoto dell’Aquila di qualche anno fa, ha incriminato i tecnici degli osservatòri sismici di non aver dato l’allarme. Come se i terremoti fossero prevedibili! Purtroppo, almeno finora, non è così. Per fortuna gli imputati sono stati assolti con formula piena. Il procedimento neppure sarebbe dovuto cominciare. Un’accusa così folle dovrebbe essere immediatamente archiviata. Se c’è una responsabilità, è tutta politica. Se invece di gettar denaro per opere pubbliche inutili si fosse provveduto per tempo a mettere in sicurezza le abitazioni delle zone più esposte ai fenomeni sismici e il patrimonio artistico, forse non si avrebbero conseguenze così catastrofiche quando arrivano scosse improvvise di elevata magnitudo. Ma la responsabilità politica non è materia di tribunali. Sono gli elettori – dicono i teorici della democrazia – a esprimere col voto il loro giudizio sui governanti, bocciando chi ha mal amministrato la Cosa Pubblica. Davvero? A chi vogliono raccontare queste fanfaluche? Fosse come dicono loro, com’è possibile che in settant’anni e più di regime democratico nessuno s’è mai preso la briga di bocciare chi ha fatto scempio del territorio? Cosa Pubblica? Diciamo piuttosto Cosa Nostra, visto chi manovra gli appalti delle opere pubbliche, a dispetto delle Commissioni Antimafia, delle Commissioni Anticorruzione e di tutti quei Custodi che dovrebbero custodire i Custodi mentre sarebbero a loro volta da custodire.

Tornando all’incidente della Statale 36: è evidente che qui non c’è da incolpare né Dio né la Natura matrigna né il Destino cinico e baro. Qui era tutto prevedibile. Se la manutenzione fosse effettiva, certe cose non potrebbero capitare. Se le competenze fossero ben definite, le responsabilità sarebbero immediatamente individuabili. Se non ci fosse lo Stato – dicono i bempensanti – chi si occuperebbe delle strade e della loro sicurezza? Molto semplice: le strade sarebbero di qualcuno, magari di una società per azioni i cui dirigenti sarebbero responsabili di ogni decisione relativa ai loro ambiti di competenza, nonché di ogni negligenza e di ogni crimine colposo o doloso in materia. Se crolla un ponte causando vittime, sarebbe un istituto arbitrale privato a tutelare gli interessi delle parti lese, secondo principi di diritto consuetudinario. Nessuno in una società anarchica costruirebbe opere inutili, perché non darebbero reddito. Nessuno aprirebbe strade laddove non ce n’è bisogno. Nessuno edificherebbe immobili destinati a crollare al primo refolo, perché sarebbe chiamato a risponderne fino all’ultimo centesimo. Si avrebbero, in complesso, meno processi (perché molti crimini non sarebbero più considerati tali), ma probabilmente anche pene più severe. Come dice Michael Huemer, non si escluderebbe, in casi estremi, la pena di morte (il che non vuol dire che la cosa in sé mi piaccia)*.
E in questo Bel Paese, dove crollano per scosse sismiche interi centri abitati, provocando lutti e trascinando con sé insigni opere d ‘arte; in questo Bel Paese dove chi dovrebbe controllare non controlla e le responsabilità sono sempre di qualcun altro, cosicché alla fine non sono di nessuno e nessuno paga (vedrete, andrà così anche questa volta), c’è un balordo a capo del governo che ripropone un’opera pubblica da far venire i brividi: il Ponte sullo Stretto, collocato in una delle aree sismiche più pericolose in assoluto. Vi immaginate che meraviglia, se proprio lì la terra comincerà a ballare? E se qualche funzionario competente dovesse un giorno rilevare una piccola crepa, che succederà? Avviserà i suoi superiori, che daranno comunicazione ad altri uffici competenti, che pretenderanno richiesta formale… finché arriveranno Scilla e Cariddi a far piazza pulita.
Per fortuna non se ne farà niente, né ora né mai: è solo propaganda elettorale di quel manigoldo che, all’inizio del suo mandato, promise di mettere in sicurezza tutto il patrimonio edilizio pubblico, con particolare riguardo alle scuole. Si vede che fine hanno fatto le scuole nelle aree funestate dal terremoto. Speriamo che questa volta il demos gliela faccia pagare davvero, bocciando clamorosamente la rabberciata riforma costituzionale scritta a quattro mani con quella signorina che un anno or sono si proclamò bionda ma non scema, dimostrando con questa infelice sortita di essere tanto l’una cosa quanto l’altra. Una riforma che rafforzerebbe l’esecutivo, dice lui. Sì, per consentirgli di continuare a mal governare? Se ne vada in malam crucem, avrebbe detto Plauto, un altro grande figlio, se non delle zone terremotate, di aree molto vicine (a fare in culo, traduce il grande Ettore Paratore).

* MICHAEL HUEMER, Il problema dell’autorità politica, Macerata, Liberilibri, 2015, cap. 11, “La giustizia penale e la risoluzione dei conflitti”, pagg.429-439. Il saggio è stato da noi qui recensito in data 19 maggio 2016.

Giovanni Tenorio

Libertino