Falsari, truffatori e rapinatori
Il sistema bancario mondiale è fondato su una grande truffa. Una volta si fingeva che dietro ogni numerazione monetaria (da non confondere con le banconote, che sono certificazioni cartacee, corrispondenti nel loro complesso solo a una quota della numerazione totale) ci fosse un corrispondente in oro. Vero fino a un certo punto: le riserve auree non erano sufficienti a coprire tutto il valore nominale numerato e certificato, però, visto che a chiedere la conversione a vista era un’infima minoranza degli utenti privati e i rapporti internazionali tra le monete a livello di banche centrali erano effettuati con operazioni puramente contabili, mentre i trasferimenti reali di metallo prezioso avvenivano solo in via eccezionale, il gioco più o meno stava in piedi. Erano le banche ordinarie a emettere moneta, per un multiplo dei depositi di cui disponevano, mantenendo una riserva obbligatoria, per evitare crisi di liquidità, nel caso che le uscite superassero le entrate: crisi che però ogni tanto capitavano (si vada a rileggere come Edmond Dantés, nel “Conte di Montecristo” di Dumas, manda in malora il ricco banchiere Danglars). Le banche centrali, come regolatori di tutta la rete e prestatori di ultima istanza, furono istituite proprio per impedire le crisi sistemiche. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, con gli accordi di Bretton Woods al sistema aureo fino a quel momento vigente venne sostituito il “dollar standard”, in base al quale tutte le monete erano convertibili in dollari, i quali a loro volta erano convertibili in oro.Un baraccone che durò fino all’inizio degli anni Settanta, quando Nixon, di fronte all’impossibilità di soddisfare tutte le richieste di conversione in un mercato monetario in cui le emissioni di dollari, in quanto mezzi di pagamento internazionalmente accettati, avevano raggiunto livelli stratosferici, abolì la convertibilità del dollaro in oro. Il sistema di Bretton Woods si afflosciò e la truffa bancaria fece un ulteriore salto di qualità. Riepilogando: le banche incassano depositi, che però depositi non sono, perché quel denaro viene reinvestito addirittura per un multiplo del suo valore nominale. In realtà sono prestiti, che quindi diventano proprietà della banca. In questo modo le banche emettono moneta, dal nulla. Quando entrano in crisi di liquidità, ricevono prestiti dalla banca centrale, che in questo modo contribuisce anch’essa all’emissione di moneta. Un altro modo è l’acquisto di titoli di debito pubblico, sia da parte delle banche ordinarie sia da parte della banca centrale. Dietro tutti questi numeri che cosa c’è? Il Nulla. La moneta così emessa viene accettata perché lo impone la legge.Le diverse monete acquistano più o meno prestigio, e quindi valore, in base alle transazioni sul mercato internazionale, il cui esito, in teoria, dovrebbe riflettere il peso economico, in termini di PIL, delle diverse Nazioni. Un bel castello di carte, vero? Che, come tutti i castelli di carta, rischia sempre di crollare.
Se il sistema bancario è fondato su una truffa, o forse sarebbe meglio dire su un insieme di truffe, il sistema politico è fondato su una rapina, resa possibile dal monopolio della violenza esercitato dallo Stato, che si autolegittima superiorem non recognoscens” (io sono io e voi non siete un cazzo, come diceva il Marchese del Grillo). La tassazione è una rapina, per nulla dissimile dalle tangenti mafiose. Che cosa fa la Mafia? Pretende una tangente in cambio di protezione, anche da chi non l’ha mai richiesta. I proventi dell’imposizione fiscale servono a finanziare servizi che dovrebbero essere a vantaggio del cittadino. Molto spesso servono a sovvenzionare chi è più forte e chi grida di più (quante volte in questo modo è stata salvata la FIAT? Ricordate quando quel brutto ceffo di Bruno Visentini riuscì a fare un bel regalo all’Olivetti, proponendo l’acquisto, da parte degli uffici pubblici e delle scuole, di materiale elettronico e dattilografico obsoleto, destinato a finire in cantina a prendere la ruggine?). I servizi pubblici spesso lasciano a desiderare. Gli ospedali hanno liste d’attesa spaventose, la scuola è quel carrozzone che è, dei Tribunali e della Magistratura non parliamo, le Forze dell’Ordine sono spesso Forze del Disordine e quando serve il loro intervento “hanno le mani legate”. Davanti a tutto questo il cittadino-suddito che cosa può fare? Passare ad altra amministrazione, come quando si cambia società telefonica o assicurazione? Non è possibile. L’iscrizione all’anagrafe è una condanna a vita.
SI sente dire, e qualche penna rinomata lo scrive: “Benissimo la tassazione dei superprofitti bancari! Se le banche hanno lucrato sull’aumento dei tassi di interessi, concedendo prestiti a condizioni usurarie e remunerando con compensi irrisori i depositi, è giusto che restituiscano, in qualche modo, il maltolto, grazie alla mano del fisco”. Ragionamento fallace quant’altri mai. Il fisco non è Robin Hood, che toglie ai ricchi per dare ai poveri. Nessuna redistribuzione. Chi è stato rapinato dalle banche non riceve indietro il frutto della rapina. Se lo pappa lo Stato. E’ una rapina meno odiosa di quella perpetrata da un manigoldo come Giuliano Amato, quello che una notte mise le mani nei conti correnti di tutti gli italiani, rapinando una quota uguale per tutti, a danno dei più poveri e offrendo scappatoie ai furbastri che, avvertiti per vie sotterranee della tempesta in arrivo, erano riusciti a far sparire gran parte della loro liquidità. Quando sono le banche a essere colpite, sono i banchieri a protestare, non certo i loro clienti sistematicamente spennati. Ma, ragioniamo un momento: è una truffa quella delle banche ai danni dei clienti e una rapina quella del fisco ai danni delle banche. Due canagliate sono peggio di una. Non è che una cancelli l’altra. Tanto più che, come si diceva, il denaro sottratto alle banche non viene restituito ai truffati. Serve a tappare i buchi del bilancio pubblico. Serve a migliorare il sistema sanitario, la scuola, la Giustizia, la pubblica sicurezza? Fosse vero! Potrebbe andare a finanziare il Ponte sullo Stretto, uno dei progetti più demenziali che siano mai stati concepiti.
Stato e sistema bancario sono due istituzioni delinquenziali che qualche volta fingono di litigare, ma si sostengono a vicenda.Andrebbero distrutti tutt’e due a colpi di randello. Via il monopolio della violenza e via il monopolio della moneta. Una rendita di cittadinanza per tutti, non finanziata dall’imposizione fiscale, ma da un “common trust” che metta a frutto i beni demaniali,attualmente non computati nei bilanci pubblici, ma dotati di un valore patrimoniale enorme, che può essere certificato attraverso i consueti criteri di estimo (è la proposta di Fabio Massimo Nicosia, eccellente e semplicissima, come l’uovo di Colombo).Ognuno avrà così i mezzi per scegliere i fornitori di servizi che preferisce, in un libero mercato. Quanto alla moneta, via le banche centrali. Ogni banca, in un sistema concorrenziale, può emettere la sua moneta, ancorandola al retrostante che preferisce: può essere oro, può essere petrolio, può essere un paniere di beni, può essere anche solo il prestigio dell’istituzione emittente. Portando alle estreme conseguenze il modello, si può addirittura ipotizzare un sistema di “libero conio”, in cui ciascun soggetto può emettere la sua moneta. Sarà il mercato a decidere quali sono le monete migliori. Una cosa è certa: se io emettessi una mia moneta, con banconote che hanno come simbolo il catalogo di Leporello, andrei in fallimento il giorno dopo. Che retrostante può avere? Il mio prestigio? Già, spendaccione come sono… Le donne costano. Leporello continua a rimproverarmelo.