Don Giovanni

Demagogia proibizionista

Non ho dati alla mano e ripeto quello che mi è capitato di leggere qualche tempo fa: in Italia ogni anno muore più gente per cirrosi epatica che per abuso di sostanze psicotrope (dovrei dire di sostanze psicotrope diverse dall’alcool, per essere più preciso). Se questa non è una bufala e corrisponde a verità, i paladini della guerra alla droga dovrebbero drizzare le orecchie: la prima guerra dovrebbe essere quella contro le bevande alcoliche. Invece abbiamo visto che i responsabili del bel governo in carica, a cominciare dal presidente del Consiglio, erano presenti alla rassegna di “Vinitaly”. Tutti con il bicchiere in mano, a magnificare gli ottimi vini italici. Il presidente è apparso in TV piuttosto allegrotto, dopo aver tracannato, evidentemente, parecchi calici di diversa qualità; e il suo cervello era talmente annebbiato, che ha avuto la sfrontatezza di affermare che in Italia tutto va per il meglio, verso un roseo futuro. Più sostanza psicotropa di così…

Sono il primo a dire: viva il vino! Quest’anno si celebrano i cinquecento anni dalla morte di Leonardo, che era un grande amatore e intenditore di vini. Diceva che i territori dove si produce vino buono sono abitati da gente gioviale e di buon carattere. Come ricompensa per i suoi servigi presso la corte di Ludovico il Moro (e in particolare per il “Cenacolo”) ebbe in dono dal signore di Milano una vigna, che purtroppo non poté godere perché finì nelle mani del suo amante Gian Giacomo Caprotti detto Salaì. In alcune lettere dà consigli preziosi sui più sottili accorgimenti da adottare per una vinificazione di qualità. Molto bene: l’ho sempre detto che dagli astemi non si è mai ricavato nulla di buono; e non credo sia un caso che il più grande genio italiano sia stato anche un valente discepolo di Bacco. Per quanto mi riguarda, sapete quanto io ami il Marzemino, un vino che anche i miei due genitori apprezzavano sopra ogni altro. Purtroppo, durante la cena che precede la visita della statua del Commendatore in casa mia, a guastarmi il piacere delle libagioni con quell’ottimo nettare degli dei è arrivata la solita Donna Elvira, quella che giunge sempre sul più bello a rompermi le uova nel paniere (come quando ha spezzato l’incanto del mio idillio con Zerlina…) Anche Salvini era presente a “Vinitaly”. Anche lui a tracannare calici. Anche lui a magnificare l’enologia italica. Il che gli farebbe onore, se poi non si contraddicesse dichiarando guerra alla libera vendita della cosiddetta “cannabis light”. E’ una droga, fa male, deve essere vietata, tutti i negozi che la vendono devono essere chiusi! Proibizionismo bello e buono, che potrebbe anche essere rispettabile se non fosse incoerente. Il proibizionismo statunitense degli anni 1919-33, regolato dal Volstead Act,  colpiva innanzitutto le bevande alcoliche. Fu un fallimento clamoroso: non diminuì affatto il consumo di alcool, con tutte le sue conseguenze, e in compenso alimentò a dismisura la criminalità organizzata. Ci sono fior di studi che lo dimostrano; anche il Nobel Milton Friedman – notoriamente nemico di ogni proibizionismo, come, in Italia, il suo discepolo Antonio Martino – ne ha messo ben in evidenza i guasti.Chi insiste nel voler proibire certe droghe (salvandone altre) è così ignorante da non conoscere questi studi? Può darsi; ma le vere ragioni che inducono a proporre certe politiche di contrasto alla libera vendita di sostanze psicotrope sono d’altra natura. Oggi in Italia nessuno si azzarderebbe a metter fuori legge le bevande alcoliche, pur sapendo che l’alcool è la sostanza psicotropa più comune. Significherebbe dare una mazzata terribile all’economia, che si salva grazie alle esportazioni (fra cui quelle delle eccellenze agricole e alimentari hanno un peso non indifferente), con un preoccupante calo del PIL. Se è vero infatti che, tra i giovani, il consumo di vino è in calo (in compenso aumenta quello dei superalcolici), è anche vero che le esportazioni del prezioso nettare scoperto dal grande patriarca Noè vanno alla grande. Proprio così: in Italia ci si fa un vanto, come segno di distinzione, di frequentare i McDonald’s, dove si servono cibi e bevande-spazzatura; negli Stati Uniti quella dei McDonald’s è la ristorazione dei poveracci; la gente del ceto medio-alto frequenta i ristoranti italiani, pasteggiando col Chianti in compagnia delle belle donne. La sento fraterna.

E allora, perché prendersela con la “cannabis light”? Anche questo tipo di proibizionismo selettivo ha le sue controindicazioni economiche, come ha ben dimostrato un recente articolo pubblicato sul sito dell’Istituto Bruno Leoni. I negozi che  vendono tale sostanza sono già tanti, il fenomeno è in espansione. Perché fermarlo, in un momento in cui l’economia italiana ha più che mai bisogno di una boccata d’ossigeno, con un aumento dei consumi interni? Già il ventilare l’dea di proibire la vendita di “cannabis” scoraggia chi aveva già programmato di entrare in questo tipo di attività commerciale, aprendo nuovi esercizi. La risposta è molto semplice: quel che conta per i politici al governo, almeno in questo momento, non è la ripresa economica. Non credo proprio siano così ottusi da pensare che il reddito di cittadinanza, “quota 100” e il moncone di “flat tax” che si vorrebbe approvare riaccenderanno il motore dello sviluppo. Forse sperano in un effetto di trascinamento: all’estero la ripresa è in atto da tempo e l’Italia potrebbe beneficiarne, puntando ancora una volta sulle esportazioni. Per il momento, l’importante è fare il pieno di voti alle elezioni europee. Per non essere schiacciati dal successo che finora ha arriso a Salvini, i Cinquestelle si stanno spostando a sinistra, rispolverando alcune idee che avevano messo in sordina, così da riconquistare un elettorato in gran parte deluso e intenzionato a cambiar partito. Da parte sua Salvini, danneggiato dal caso Siri e preoccupato dai sondaggi che rilevano qualche perdita di consenso alla sua politica, trova nella guerra alla droga una bandiera intorno a cui coagulare il consenso d’una larga fetta dell’opinione pubblica più reazionaria e bigotta. Aveva ragione Thomas Szasz, il teorico dell’ antipsichiatria fautore del libero mercato e amico dei libertari (quelli veri): la guerra alla droga è una guerra che i politici non  vogliono vincere. Va tenuta sempre aperta, per sviare l’attenzione dei cittadini da problemi più importanti. E’ ormai sicuro, per rimanere all’orticello italico, che con la prossima Finanziaria non sarà più possibile rimandare l’aumento dell’IVA. Tria lo conferma, la Santissima Trinità Conte-Di Maio-Salvini lo nega, ma rimane vero che se alle elezioni europee prevarranno le forze “sovraniste” non saranno certo personaggi come Orbàn a tollerare che l’Italia si indebiti ancor di più. Ecco quindi la necessità, per ora, di parlare d’altro, sollevando problemi che non esistono. Poi si vedrà.Ma la droga fa male! Fatte le debite differenze, sicuramente. Ognuno però – era ancora Szasz a dirlo – deve essere libero di curare il “mal di vivere” come vuole. C’è chi lo cura facendosi le canne. Chi con le penitenze e i digiuni, imposti dalle nuove religioni, dopo che Santa Romana Chiesa li ha da tempo aboliti: il culto della magrezza femminile, il salutismo, e altre malinconie del genere. Io lo curo con il Marzemino e con le belle donne. Chiamatemi stupido!

Giovanni Tenorio

Libertino