Don Giovanni

Animalisti abortisti e coerenza

A dispetto di chi dice che “la cultura non si mangia”, io continuo a pensare che valga la pena leggere Dante, anche in pieno XXI secolo. Forse ci insegnerebbe a mettere un po’ di ordine nei nostri pensieri. Non so se oggi a scuola si legga ancora il Purgatorio. Se anche così fosse, sono pronto a scommettere l’osso del collo che nessuno fa leggere il canto XXV (sarei lietissimo di essere smentito: non penso che qualcuno dei miei venticinque lettori possa farlo, ma le vie del Signore sono infinite). Eppure Edoardo Boncinelli, ch’è un fior di scienziato, un genetista di fama mondiale, non un parruccone che si perde dietro quisquilie filologiche da topi di biblioteca (però ama il mondo classico, al punto di aver tradotto, in modo impeccabile, i Lirici greci) ha affermato, in un suo articolo di qualche tempo fa*, che il canto suddetto contiene una descrizione dello sviluppo fetale di sorprendente modernità. Naturalmente, la nomenclatura non è quella d’oggi, ma il concetto sì. In particolare, è vero che il momento cruciale dell’evoluzione ontogenetica si colloca nel punto in cui nel feto si forma il sistema nervoso centrale. Dante parla di infusione dell’anima spirituale, ma il significato, una volta tolta di mezzo la metafisica, è il medesimo: è in quel punto che il feto d’ “animal diventa fante”, ovverossia compie quel passo che lo porta dalla pura animalità, che condivide con altri esseri viventi, all’umanità, ch’è soltanto sua.

Questo potrebbe essere un buon motivo per ritenere che l’aborto, nei primi tre mesi, non può essere considerato omicidio, in quanto il feto, fino a quel momento, è soltanto un animale, non ancora un essere umano. Oggi la Chiesa non la pensa più così, contraddicendo sia Dante sia Tommaso d’Aquino e Alberto Magno. Intendiamoci bene: non intendo dire che la Chiesa un tempo sia stata abortista. Dico solo che, mentre al tempo di Dante si considerava l’infusione dell’anima immortale come successiva allo sviluppo dell’anima vegetativa e dell’anima sensitiva (quelle che l’uomo ha in comune rispettivamente con le piante e con gli animali), oggi le idee dei teologi sono assai più confuse: al punto che Gianfranco Ravasi, nella sua “Breve storia dell’anima” arriva a dichiarare che una distinzione di anima e corpo non è ammissibile (e allora, dopo la morte e in attesa del Giudizio Finale, che si fa? Boh…). Il che significa che l’uomo è uomo fin dal concepimento. Non entro nel merito. Vorrei soltanto che si fosse un po’ più coerenti. Niente “manica larga” con gli abortisti. Giusta la scomunica (per chi crede; il non credente fa bene a farsene un baffo:è già fuori della Chiesa, la scomunica non gli fa né caldo né freddo. Io appartengo a questa schiera).

Paradossalmente, sono le legislazioni civili in fatto di aborto, laddove ne consentono la pratica, a essere più in sintonia col pensiero di Dante, e quindi, sulla linea di quanto afferma Boncinelli, con la scienza moderna. L’aborto non è reato se praticato entro il terzo mese. I conti tornano. Si uccide un animale, non un uomo.
Per coerenza, chi si dichiara animalista, cioè sostenitore dei diritti degli animali, dovrebbe essere anche antiabortista. Se gli animali hanno diritti, in primis il diritto alla vita, allora anche il feto nei primi tre mesi, essendo un animale, non può essere ucciso. Non so quanti animalisti siano disposti ad accettare questa conclusione. A me sembra rispondere a una logica inoppugnabile. Sarei lieto se qualcuno mi potesse smentire, mostrandomi dov’è l’eventuale mia fallacia argomentativa. Accetto la sfida, e sarò pronto a render merito a chi sarà stato in grado di confutare il mio ragionamento.

Se le cose stanno così, anche da parte degli animalisti vorrei un po’ più di coerenza. Si è fatto tanto baccano perché in una località del Trentino è stata abbattuta un’orsa che metteva in pericolo l’incolumità di residenti e turisti. Si è parlato con orrore di “animalicidio” – e fin qui niente da obiettare sul termine, etimologicamente ineccepibile. Qualcuno ha parlato addirittura di “omicidio”, equiparando un’orsa a un essere umano: qui siamo nel delirio più completo. Dante sobbalzerebbe. Mi piacerebbe conoscere la reazione di Boncinelli. Ma lasciamo perdere, il punto è un altro. Se l’uccisione di un’orsa accende a tal punto lo sdegno delle anime candide che qualcuno arriva addirittura a chiedere una sorta di “embargo” contro il Trentino (come se delle decisioni d’un’autorità pubblica fossero responsabili tutti gli abitanti della regione, tutti gli albergatori, tutti i ristoratori, tutti gli operatori turistici; come se in Trentino non ci fossero gruppi combattivi di animalisti che deplorano l’accaduto: la stessa logica per cui, al fine di punire un dittatore -ad esempio, a suo tempo, Saddam Hussein- si riduce alla fame il suo popolo, aggiungendo vessazioni a vessazioni), considerati tutti gli aborti che annualmente vengono praticati a norma di legge nell’arco di un anno, gli animalisti dovrebbero mettere a ferro e fuoco l’Italia intera.

Un’orsa vale di più di un embrione umano? Discriminazione: tutti gli animali sono uguali, senza distinzione di razza e di sesso. Potrebbe essere così formulato l’articolo che Michela Vittoria Brambilla intende introdurre nella costituzione più bella del mondo: che in questo modo diventerebbe la costituzione più bella di due, tre ,quattro, cinque o sei mondi. Come ai tempi dell’antica Roma, l’Italia tornerebbe a essere un faro di civiltà. Da far impallidire il Corpus Iuris Civilis di Giustiniano.

Permettetemi di concludere ricordando un vecchio elzeviro di quel gentiluomo, oggi del tutto dimenticato, che fu Giovanni Mosca. Racconta di essersi trovato in una trattoria ligure, dove alcuni avventori deprecavano con orrore che si osasse mangiare piatti di “gianchetti”, ossia il novellame del pesce azzurro, la cui pesca, praticata con reti particolari, è sottoposta a limitazioni di legge molto severe. Il Nostro, che intendeva proprio ordinarne una bella porzione, si sentì venir meno dalla vergogna, e fu lì lì per rinunciare. Quando però gli stessi avventori, caduto il discorso sulle proposte di legge relative all’aborto (che in quei tempi suscitavano aspri dibattiti), se ne dichiararono ferventi paladini, prese il coraggio a due mani e ordinò ad alta voce i suoi amati “gianchetti”, divorandoli a due palmenti, tra lo sconcerto di quei bei tomi.
Caro, ineffabile Giovanni Mosca! Scrittore limpido, mente lucida. Un conservatore, coerente, del buon tempo antico…

Giovanni Tenorio

Libertino