Don Giovanni

Thatcher, Reagan, il liberismo (selvaggio) e altre creature mitologiche.

Mauro Magatti è un sociologo che scrive bene e sa farsi capire da tutti. Non è un pregio da poco, in un mondo in cui chi scrive male va per la maggiore, acquistandosi per giunta la fama di persona colta e intelligente, che scrive difficile perché esprime concetti difficili. Si potrebbero far tanti nomi, ma visto che siamo nel periodo delle feste natalizie voglio essere buono ed esercitare anch’io, epicureo qual sono, un po’di carità cristiana: una virtù che ammiro, anche se spesso mi riesce ostico praticarla con certi individui. Oltre a scrivere bene, Magatti dice spesso anche cose sensate, quel che molte volte i sociologi non fanno: altro pregio non da poco. Dispiace quindi dover trovar molto da obiettare in un suo recente articolo nel quale, prendendo nota del fallimento economico-istituzionale del mondo “libero” in cui viviamo – un fallimento che solo uno stolto potrebbe negare – attribuisce anche lui la causa di tutto al “capitalismo selvaggio” che si sarebbe imposto dappertutto, quale pensiero unico, fin dai tempi della Thatcher e di Reagan, acquistando smalto dopo il crollo del sistema sovietico e di tutti i sistemi improntati ai dogmi del “socialismo reale”. Perché ripetere un così trito luogo comune? Un sociologo, se vuol essere uomo di scienza e non di chiacchiere, dovrebbe usare i termini con molta attenzione, per non ingenerare equivoci scambiando lucciole per lanterne e confondendo le idee del suo pubblico. “Capitalismo selvaggio” è espressione da propaganda politica, non da analisi sociologica. Vediamo allora di far chiarezza. Cominciamo dall’aggettivo, “selvaggio”. Qui è usato nel senso di “anarchico” secondo l’accezione deteriore che di solito viene affibbiata dagli incolti a questo nobile termine. Noi diremmo “anomico”, cioè senza regole. Ma l’anomia non è il nostro modello libertino. Passiamo al sostantivo. “Capitalismo” è parola ambigua. Ogni economia che non sia di pura sussistenza è in qualche modo capitalistica, in quanto presuppone un investimento di capitale in vista di qualche profitto: nessuno è disposto a lavorare in perdita. Era capitalistica l’economia dell’antica Atene e dell’antica Roma, come pure quella dell’età bassomedievale in molte parti d’Europa, non ultima l’Italia dei liberi comuni. Era capitalistica l’economia sovietica, che provvide all'”accumulazione originaria” di capitale sterminando ,ad esempio, i kulaki, allo stesso modo -ma con brutalità di gran lunga maggiore- in cui nel mondo anglosassone l’esporoprio illegittimo degli antichi diritti dei contadini e dei pastori nullatenenti  innescò, almeno in parte, il sistema di investimenti che avrebbe prodotto la cosiddetta “rivoluzione industriale”. Noi diremmo, invece, “economia di mercato”, dotata di regole intrinseche, le stesse regole indispensabili a ogni umana convivenza (“honeste facere, neminem laedere, suum cuique tribuere”) e aliena da ogni interferenza statale, tanto di freno quanto di stimolo. Ed è il nostro modello. Chiarito questo, come si può affermare che la crisi attuale dipende dall’economia di mercato, che in quanto tale deve essere capitalistica (considerato che senza capitalismo, come detto sopra, si cade nella pura sussistenza dell’economia curtense) ma non può essere selvaggia (perché dotata, appunto, di regole intrinseche)? Caro professor Magatti, per dirla con le parole di Renzo Tramaglino  all’avvocato Azzeccagarbugli nell’immortale capolavoro manzoniano: “Ma dottore, come l’ha intesa? l’è proprio tutta a rovescio!” La Thatcher e Reagan, con buona pace dei libertari che ne fanno una bandiera, rimangono statalisti, anche se bisogna riconoscere che qualcosa di buono hanno fatto. Le economie di Regno Unito e degli USA sono rimaste, nonostante tutto, “economie miste”, in cui lo Stato interferisce con controilli, incentivi, prelievi, regolamentazioni d’ogni genere, non esclusi dazi e dogane. La Thatcher  affrontò con decisione gli scioperi dei minatori, impiegando, per domare i disordini da loro fomentati,  anche le truppe a cavallo? Che poteva fare? Tener aperte miniere in perdita, dissanguando il bilancio pubblico per salvare l’occupazione in un comparto obsoleto, a danno di un sano sviluppo economico in altri comparti? Nulla di selvaggio, solo prudenza “da buon padre di famiglia”. Apprezzabili alcune liberalizzazioni e privatizzazioni che hanno ridato slancio ed efficienza ad aziende erogatrici di servizi divenute obsolete. Per il resto, ha mantenuto quasi del tutto intatti il cosiddetto “welfare”, l’apparato militare (ricordate la guerra delle Falkland?), i dazi, le tariffe, l’ imposizione fiscale. Proprio sulle tasse è scivolata, perdendo il consenso, non solo dei “ricchi”, che fino a quel momento l’aveva sostenuta. Reagan licenziò i controllori di volo che si astenevano dal lavoro violando le norme sullo sciopero? Fu un atto di coraggio a beneficio d’una maggioranza che veniva duramente danneggiata da una minoranza di privilegiati. Per il resto, Reagan, dopo aver dato un certo impulso benefico all’economia applicando misure ispirate alle allora di moda “supply side economics” di Arthur Laffer,  lasciò un debito pubblico assai consistente, per finanziare un apparato militare mastodontico, meritandosi le rampogne di un vero “liberista selvaggio” come Rothbard. Uno statalista anche lui, quindi, sostenitore dell’apparato militare-industriale, che è politica da “selvaggio” solo nel senso in cui può e deve dirsi tale chi incoraggia, con tanto di pianificazioni economiche, la corsa agli armamenti, atteggiandosi a gendarme del mondo.   Che cos’ha invece di “selvaggio”, nel senso inteso da Magatti e da chi ragiona come lui, una realtà mondiale in cui la moneta è monopolio di Stato e il sistema bancario va a braccetto dei governi? Che cos’ha di selvaggio un sistema industriale che dappertutto, ove più, ove meno- piatisce sovvenzioni e tresca con il potere politico? Non dimentichiamoci che la crisi in cui siamo ancora immersi, e che forse è ben lungi dall’esser giunta al termine, è cominciata con il “conservatorismo compassionevole ” di Bush figlio, il quale indusse istituzioni finanziarie parastatali a concedere mutui fondiari privi di copertura a chi non aveva i mezzi per sobbarcarseli; ed è anche nipotina di quell’Alan Greespan che largheggiò nella stampa di moneta assecondando uno sviluppo industriale avviato ad un’ascesa apparentemente inarrestabile, ma anche favorendo -suo malgrado- una speculazione finanziaria destinata a risolversi in catastrofe: com’è stato. La trottola, com’era da prevedersi, a un certo punto ha cominciato a rallentare, fino a fermarsi e a piegare miseramente da un lato. Oggi, dopo il periodo infausto di Ben Bernanke, che ha cercato di rimettere insieme i cocci d’un sistema fallimentare con mezzi fallimentari, siamo in mano alle Befane Yellen e ai Babbi Natale Draghi e Kuroda. Dirigismo puro, altro che capitalismo selvaggio, accompagnato da politiche governative che hanno riscoperto il deficit di bilancio d’infausta memoria come medicina per la ripresa di investimenti e consumi. Keynes ritorna sugli altari, qualche nostalgico come La Malfa figlio gli dedica un panegirico. E, per continuare con gli esempi, si può aver il coraggio di dire che è “selvaggia” l’economia dell’Unione Europea, dove tutto è regolato in modo addirittura asfissiante? C’è qualcosa di “selvaggio” nella politica agricola, ad esempio nelle famigerate “quote latte”? O nelle mille remore che impediscono la diffusione di colture OGM? Io parlerei piuttosto di “dirigismo demenziale”!
Caro professor Magatti, lei ammette onestamente che da questa situazione in cui ci dibattiamo dobbiamo uscire, ma per ora è difficile dire come. Glielo dico io come: facendo piazza pulita di governi e banche centrali. Anarchia ed economia di mercato, quelle vere. Con le loro regole intrinseche. Nulla di selvaggio, nulla di anomico. Lo so che per ora è utopia un mondo libertino dove ci sia spazio e rispetto anche per chi voglia compiere altre scelte, magari quella della schiavitù volontaria. Per ora mi accontenterei di un mondo di schiavi dove ci sia spazio e rispetto per i libertini. Alla lunga, molto alla lunga si vedrà chi ha avuto ragione.

Giovanni Tenorio

Libertino

Un pensiero su “Thatcher, Reagan, il liberismo (selvaggio) e altre creature mitologiche.

  • Alessandro Colla

    Mi sembra che i mutui concessi senza coperture iniziarono con Clinton. L’errore di Bush figlio è stato di mantenerli, malgrado il suo elettorato si aspettasse che li avrebbe aboliti.

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