Don Giovanni

Come in cielo così in terra

Forse sbaglio, ma io ho sempre pensato che a essere buoni o cattivi sono i singoli individui, non le istituzioni. Le istituzioni non esistono senza le persone che ne fanno parte e le governano.

Prendiamo lo Stato, qualsiasi Stato. Togliamo di mezzo tutti quelli che lo compongono, da chi siede ai vertici giù giù fino al piantone della più sperduta caserma dei Carabinieri. Rimane forse qualche cosa? Anche se rimangono in piedi le sedi dove quei personaggi si incontravano e prendevano le loro decisioni, anche se si conservano gli scartafacci dove tali decisioni sono state messe per iscritto, anche se rimangono le prigioni dove spesso sono stati gettati cittadini innocenti (mentre i delinquenti erano fuori), e i tribunali dove i giudici li hanno condannati,  lo Stato non esiste più. Lo stesso vale per le Chiese. Prendiamo, ad esempio la Chiesa Cattolica. Si dice che è santa, perché guidata dallo Spirito Santo, anche se nel corso della sua storia bimillenaria coloro che ne hanno fatto parte – dai Papi guerrafondai, all’ultimo prete pedofilo, buon discepolo di Sisto IV, puerorum amator, hanno compiuto molto spesso crimini orrendi. Anche tante belle cose, intendiamoci bene. Chi mi segue sa quanto grande è la mia gratitudine per quei Papi del Rinascimiento che hanno finanziato opere d’arte meravigliose, facendo di Roma la città più bella del mondo (ahimé, oggi quanto mutata ab illa!), magari vendendo indulgenze ai gonzi che ci credevano. Simoniaci? Se la vedano loro col Padreterno. A noi hanno lasciato tesori, e questo mi basta per augurarmi che siano premiati nell’Aldilà (  una capatina all’inferno, come sapete, l’ho fatta, ma non ne ho visto nessuno, almeno di quelli che dico io. Dante ne aveva visto qualcuno, ma erano Papi d’altri tempi, che della grande Arte non si curavano). Detto questo, sarà pur vero che l’istituzione è santa, anche quando chi la regge indice la Crociata degli Albigesi, che distrugge la raffinatissima civiltà dei trovatori, nella dolce terra di Provenza, ma io rimango della mia idea: santi o canaglie sono i preti, non la Chiesa di cui fanno parte, la quale senza di loro semplicemente non esisterebbe.So già quel che qualcuno mi obietterà. La Chiesa non sono i preti, quella è la gerarchia. La Chiesa è tutto il popolo dei credenti. D’accordo. Per un momento voglio fingere che sia proprio così. Voglio anche fingere che la Chiesa, nonostante tutto, in ogni momento sia santa. Vado addirittura oltre: ci sono momenti in cui rispecchia, nella composizione dei suoi vertici, la realtà divina, configurandosi come una sorta di immagine terrena della realtà celeste. Vediamo di leggere in questo senso gli avvenimenti che l’hanno segnata in questi ultimi anni.

Ricordate lo sgomento del buon popolo cristiano quando Benedetto XVI dichiarò di voler abdicare? Dovette essere una scelta tremenda, se un Papa coltissimo come lui, teologo profondo, amante della musica (e dei gatti, il che non è cosa da poco) nel documento scritto in latino in cui rendeva nota la sua decisione si lasciava sfuggire un errore di concordanza (di cui mi risulta che solo Luciano Canfora abbia preso nota). Ebbene, proprio in quel momento la Divina Provvidenza imprimeva alla Storia della sua Chiesa Santa una svolta memorabile. Pensate un po’: due Papi, uno emerito e uno effettivo. Com’è possibile? Potremmo dire che la “papità” (se mi si consente il termine, che non vuol essere irriverente, tutt’altro) è una, ma i Papi sono due. Come nella Trinità il Padre e il Figlio, due persone che però sono della stessa sostanza. Ario pensava di no, ma era un eretico, e Costantino nel Concilio di Nicea l’ha messo fuori gioco. Della stessa sostanza, proprio la stessa, non una sostanza simile (omousios, non omoiousios) . E lo Spirito Santo, come si rispecchia nel  vertice della gerarchia? Lassù nell’alto dei cieli procede dal Padre e dal Figlio. Anche a questo proposito, quante lotte! Qualcuno diceva che procede solo dal Padre: sulla questione del Filioque ci si è scannati per secoli, finché la dottrina di Santa Chiesa ha ancora una volta trionfato. Vi confesso che non ho mai ben capito che cosa significa “procedere”, ma mi attengo a quello che dicono i preti: lo Spirito santo procede dal Padre e dal Figlio, e quindi anche Lui è della stessa sostanza. Benissimo. E quale ne è l’immagine sulla terra in questo gaudioso momento? Ma è evidente: padre Georg Gaenswein, il porporato che era stato segretario di Papa Ratzinger e Papa Bergoglio ha voluto mantenere come suo segretario. Eccolo lo Spirito Santo che procede dal Padre e dal Figlio, da Benedetto XVI  e da Francesco I ! Far da tramite fra l’uno e l’altro non significa partecipare della medesima sostanza? In un certo senso anche lui è immerso nella “papità”, anche lui omousios, non omoiousios. E come lo Spirito Santo è l’amore che spira fra il Padre e il Figlio, così Padre Georg è la gioiosa concordia nella fede e nelle opere che unisce i due Papi e si diffonde come una benedizione su tutto il gregge dei fedeli… Ahimè, era troppo bello questo quadretto perché potesse durare. Ancora una volta il diavolo ci ha messo la coda. Sul più bello arriva sempre lui. Con Gesù Cristo è stato sconfitto (le tentazioni nel deserto sono state un bel fallimento, ma pensate quale disastro ha combinato all’inizio della storia umana, inducendo i nostri progenitori a commettere il peccato originale!).

E’ di queste ultime settimane la notizia che padre Georg è stato licenziato da Papa Fancesco. O, per dirla nell’allusivo linguaggio ecclesiastico, è stato assegnato ad altro incarico: promoveatur ut amoveatur. Così la bella immagine della Trinità in Terra si è rotta. Ma che cos’è mai capitato? Pare che Francesco non abbia perdonato a padre Georg di aver fatto da mediatore per la pubblicazione di quel libro in cui il Papa Emerito Benedetto XVI dà man forte al cardinale Sarah in difesa del celibato dei preti. Il Papa-Figlio non ha gradito l’ingerenza del Papa-Padre su una questione in cui voleva aprire qualche breccia nell’ordinamento disciplinare della Chiesa, consentendo l’ordinazione sacerdotale anche a persone sposate, quando circostanze eccezionali lo richiedano. Come si permette il Papa-Padre di dar lezioni al Papa-Figlio? Si potrebbe obiettare che di solito sono i figli a dover obbedire ai padri (“sia fatta la tua volontà, non la mia”), ma anche in questo Bergoglio è un rivoluzionario. Non solo non obbedisce al Padre, ma addirittura si comporta, lui Figlio, come il Padre vendicativo dell’Antico Testamento, che non fa sconti a nessuno. E per fargliela al Padre, arriva addirittura a licenziare lo Spirito Santo. Il colpo di grazia arriva dal cardinale Parolin, Segretario di Stato, una specie di Arcangelo Gabriele: “Non ci sono due Papi, il Papa è uno solo!” Altro che “papità” e “consustanzialità”! Altro che immagine della Trinità sulla Terra! Qui stiamo ritornando al monoteismo puro, quello di Jahvé e di Allah. Visto l’amore che Bergoglio manifesta per  fratelli Musulmani, non c’è da stupirsene. Non ha forse detto più di una volta che il Dio dei Cristiani e quello dei Musulmani sono lo stesso Dio? Loro sì consustanziali. Omousioi, non omoiousioi. Cari amici, temo proprio che la fine del mondo sia molto vicina. Tanto più che le finanze vaticane sono ridotte al verde. Diminuisce l’8 per mille, diminuisce l’Obolo di San Pietro. Il diavolo deve essersi seccato a sentirsi dire continuamente che il denaro è la sua merda. Se è merda, Santa Romana Chiesa se ne liberi. Poi vedremo come farà a stare in piedi. 

Giovanni Tenorio

Libertino

3 pensieri riguardo “Come in cielo così in terra

  • Che siano gli individui ad essere buoni o cattivi è vero, ma spesso l’istituzione aiuta ad essere peggiori. Basta mettere un cappellino e una fascia sul braccio ad una qualsivoglia nullità e magicamente si trasforma in un ducetto oppressore. E non parlo dei biechi kapò, bastano gli ausiliari del traffico o i nonni-vigili. Il fascino perverso del potere ancorchè miserevole è esiziale e non perdona.

    Ecclesia casta meretrix, splendido ossimoro di S.Ambrogio. Se ci si aspetta una chiesa perfetta si resterà delusi; del resto, se su dodici scelti personalmente da Cristo, uno ha tradito, uno ha rinnegato, uno ha dubitato e tutti (tranne uno, forse più per incoscienza giovanile che per coraggio) erano scappati come conigli, qualcosa vorrà pur dire.

    • Non vorrei dire sciocchezze, parlando di cose che conosco poco o niente, ma credo che l’espressione “Ecclesia sancta meretrix”, usata da sant’Ambrogio nel commento al Vangelo di Luca, non vada intesa come “Chiesa santa, ma formata da peccatori”. Così la intende (mi pare) un teologo “progressista” come Hans Küng, fino a qualche decennio fa molto di moda. Sarebbe una contraddizione improponibile. L’ossimoro può essere bello in poesia, non in un ragionamento dottrinale. Se in una casa si esercita la prostituzione, è un bordello, che per definizione non può essere santo. Forse Sant’Ambrogio si rifà al racconto biblico della prostituta di Gerico, Rahab, che salva i due messi di Giosuè ospitandoli nella sua casa. Allo stesso modo, la Chiesa salva gli uomini che aderiscono al suo messaggio divino. “Meretrix” diventa allora soltanto un termine allusivo e metaforico. L’apparente contraddizione è risolta. Ricordiamoci che Dante pone Rahab in Paradiso, fra gli Spiriti Amanti.

      • Don Juan, pure io mica sono un vaticanista eh…, magari se girassi il quesito al bravo Di Leo che ascolto spesso su RR saprebbe rispondermi bene; purtroppo essendo lui napoletano mi infilerebbe un po’ di “hans chiung” che mi farebbe pentire di averlo interpellato, ah ah ah.

        Comunque, scherzi a parte, non mi farei grossi problemi sul recondito significato della frase: se per le scritture mi lascio guidare dal magistero, per ogni “extra bonus” mi prendo un po’ di libertà luterana e lo interpreto a modo mio. Questa frase ritengo che significhi che la santità della chiesa è presente nei mezzi, perché provengono da Cristo. E’ come se un ristorante avesse una parte del personale malato, ma ciò che mi serve è incontaminato: io cercherò ovviamente di avere a che fare coi camerieri sani, ma se proprio non ci riesco non ne morirò. C’est tout.

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