Don Giovanni

Né libertà della scuola né libertà nella scuola, ma libertà dalla scuola!

Vecchia questione quella della libertà d’insegnamento. Libertà della scuola o libertà nella scuola? Nel primo senso, ognuno dovrebbe essere libero di istituire le scuole che preferisce e di mandare i propri figli alle scuole di suo gradimento. E’ la posizione autenticamente liberale, che anche un libertino come me non può che far propria, pur considerandola eccessivamente moderata (vedi alla fine dell’articolo la mia proposta). A un patto: niente oneri per lo Stato (che, tra l’altro, in un contesto davvero libero neppur dovrebbe esistere). Anche la costituzione più bella del mondo garantisce la libertà di istituire scuole: senza oneri per lo Stato, aggiunge, giustamente. Attenzione, però. Il significato della clausola non è così pacifico come sembra. Di solito viene interpretato nel senso che lo Stato non può finanziare le scuole cosiddette private; ma basta leggere gli atti dell’Assemblea Costituente per vedere che illustri personaggi come Tristano Codignola ed Epicarmo Corbino – i promotori della clausola – erano di parere opposto: lo Stato non è obbligato a finanziare le scuole private, ma non è neppure impedito a farlo. Saranno i governi, con l’assenso del parlamento, a stabilire se come e quando. Bel pasticcetto, vero? Come tanti altri ingenerati dalla costituzione più bella del mondo, che ha l’unico pregio d’essere scritta in bella lingua – a differenza delle infami leggi odierne-, anche perché fu rivista da insigni letterati come Concetto Marchesi. Inutile dire che santa Romana Chiesa ha sempre finto di ignorare quella clausola, o l’ha interpretata nel senso permissivo. Interpretazione in sé corretta. Anche se qualche bello spirito “laico” arriva ad affermare che il dettato costituzionale va interpretato escludendo appigli extra-testuali, e quindi senza riferimento alcuno alle intenzioni espresse dai costituenti. Bella anche questa, vero? Io ho detto una cosa, ma tu intendila pure a rovescio! Corretta, dunque, anzi, correttissima: sostenuta però dai preti pro domo sua. Probabilmente sosterrebbero a spada tratta l’interpretazione restrittiva se a dominare, in Italia, fossero istituti privati che diffondono ideologie atee o anticlericali . Ma in Italia la scuola cosiddetta privata è quasi totalmente quella dei preti e delle suore. Quindi, difesa accanita della libertà di insegnamento, intesa come libertà della scuola, con tanto di finanziamenti pubblici. Che spesso arrivano, in una forma o nell’altra, a patto che la scuola pretesca, o privata che dir si voglia, adotti i programmi e la normativa delle scuole pubbliche; e in occasione degli esami di fine corso accetti l’intervento di commissioni esterne nominate da organismi ministeriali. In questo modo i diplomi elargiti, e spesso regalati, dalle private pretesche acquistano valore legale. Che pacchia! E l’ignoranza trionfa.

C’è poi la libertà nella scuola, difesa dagli statalisti e, almeno nel bel Paese, anche dalle forze politiche sedicenti liberali, che per la loro storia mantengono qualche conto aperto da regolare con Santa Roma Chiesa, dalla breccia di Porta Pia in poi e a dispetto dei Patti Lateranensi mussoliniani. Magari al tempo della prima repubblica partiti come il PLI o il PRI ( oggi sembrano fossili) approvavano obtorto collo qualche finanziamento per le scuole pretesche; ma poi mettevano l’accento sulla libertà d’insegnamento, che deve esere garantita entro la scuola pubblica, dove tutte le idee hanno diritto di cittadinanza. Discorso ambiguo anche questo. Dentro la scuola della repubblica nata dalla resistenza, sarebbe possibile, nelle discipline storiche in particolare, ma non solo, un insegnamento di marca esplicitamente fascista? E se un insegnante fosse membro d’un collettivo che si batte per l’orgoglio dei culattoni, potrebbe impostare il suo programma informandolo a tale scelta, con intenti esplicitamente apologetici? Difficile ammetterlo, se i genitori non sono d’accordo. In realtà, la libertà d’insegnamento com’è intesa dai costituenti è piuttosto libertà di metodo (non di contenuti o di impostazione ideologica) per le scuole primarie e secondarie, e, in ambito universitario, piena cittadinanza per tutte le scelte teoretiche, anche in senso strettamente politico. Qualche libertario moderato è professore nelle università pubbliche. E’ poco coerente, ma è giusto che possa esercitare senza obiezioni il proprio magistero, insegnando ai discepoli che lo Stato è un furto, la guerra un delitto e il servizio militare una schiavitù (Rothbard lo faceva a Las Vegas, la cui università però è privata). Purtroppo, invece, grazie al Concordato, per il quale Mussolini non potrà mai essere esecrato abbastanza, un galantuomo come Ernesto Buonaiuti, scomunicato per la sua adesione al Modernismo, pur restituito nel 1944 alla sua cattedra, da cui il regime l’aveva vergognosamente allontanato, si vide precluso l’insegnamento fino al momento della morte, il 20 Aprile del 1946. Che ne sarebbe stato di lui, se fosse sopravvissuto, con l’entrata in vigore della costituzione, che contraddittoriamente all’art. 7 prima dichiara la separazione tra Chiesa Cattolica e Stato, indipendenti e sovrani ciascuno nell’ambito suo proprio, e subito dopo recepisce i Patti Lateranensi nel nuovo ordinamento repubblicano? Aveva ragione Ennio Flaiano:”In Italia ci sono due tipi di fascisti, i fascisti e gli antifascisti”. Fascisti anche i costituenti? A giudicare dall’art. 7 si direbbe di sì.

Si dà il caso che a Padova, Schio e San Giovanni Lupatoto un’associazione chiamata “Alleanza parentale” intenda fondare una scuola ispirata al più puro tradizionalisnmo morale e religioso, escludendo in modo netto dall’insegnamento e dall’insieme delle istanze educative l’ideologia cosiddetta “gender”. Io non manderei mio figlio (per fortuna non ne ho, a dispetto di tutte le donne che ho fatto cavaliere) in una scuola di tal fatta: i bigotti non mi piacciono. Lo farei solo se fossi sicuro al cento per cento che, per reazione, diventerebbe un libertino sfegatato peggio di me (capitava spesso nelle scuole gesuitiche; o si usciva modellati secondo i principi di obbedienza “perinde ac cadaver” o si usciva liberi pensatori: è l’eterogenesi dei fini, per fortuna!). Però è sacrosanto che qualcuno possa istituire scuole di impostazione reazionaria e pretenda di farle frequentare ai suoi figli. I preti dovrebbero esserne contentoni. Invece che fa la diocesi di Padova? Nega a chi glieli richiede come sede per la propria iniziativa gli spazi di sua proprietà un tempo riservati a un istituto clericale proprio ad uso scolastico. Perché? Perché la scuola che piace è quella della riforma Renzi, quella che comincerà a entrare in vigore nel prossimo Settembre fra scioperi e proteste, per poi perfezionarsi nel suo impianto demenziale entro l’anno prossimo. Sostenendo la “buona scuola” – dove l’invisa ideologia “gender”, piaccia o non piaccia ai genitori, non faticherà a prender piede – i preti si vedrannoi garantiti in saecula saeculorum l’insegnamento della religione nelle scuole di Stato; e si acquisteranno benemerenze per continuare a spillare denaro pubblico a sostegno dei loro istituti. Così sono salve sia la libertà nella scuola sia a libertà della scuola. Tutto e solo a vantaggio del potere pretesco.

Sapete che vi dico? Né libertà della scuola né libertà nella scuola, ma libertà dalla scuola! Uno deve avere anche il diritto, oggi non più concesso, di rimanere ignorante come una capra. E chi desidera istruirsi lo faccia come, quando, e per tutto il tempo che vuole, con i maestri che preferisce, aborrendo diplomi, lauree e altri attestati abominevoli. Buttiamolo via questo termine, “scuola”, che sa di muffito. Chiamiamola LUDUS, che vuol dire gioco. Quello che ora è scuola cerchi di diventare un gioco, un gioco di alto livello, s’intende, senza obblighi per nessuno e con spese a carico di chi ne usufruisce, ferma la possibilità di ottenere borse di studio finanziate da benefattori volontari. Chi vuole continui pure a giocare a scopone o alle bocce: chiamiamolo IOCUS, passatempo. Chi ha ingegno e buona voglia giochi invece, dopo l’istruzione di base, alla Matematica, alla Fisica nucleare, all’Astrofisica, alla Biologia, alla Medicina, all’Ingegneria. Chi è un po’ pazzo si dedichi alla Letteratura , alla Filosofia, alla Storia, Chi è pazzo furioso come me giochi anche con il Latino e con il Greco antico. A quelli corti d’ingegno rimangono Psicologia, Pedagogia, Sociologia, Scienze politiche, Giurisprudenza, Economia e altre simili malinconie. I preti nei loro istituti potranno giocare con i concettuzzi dei teologi: c’è da ridere a crepapelle, una comica sopraffina. E lo Stato? Sprofondi!

P.s.: “Qualcuno si stupirà che nel mio elenco delle discipline da studiare per puro diletto io non abbia citato la Musica. Ma quella è la Regina, al di fuori e al di sopra di tutto l’altro sapere. Andrebbe assunta già col latte materno, ascoltata quando ancora si nuota nel liquido amniotico. Perché, come diceva Nietsche, la vita senza la musica sarebbe un errore. Il conservatorio? Alla malora! Quello di Milano respinse il più grande genio che si fosse presentato alle sue porte “per scarse attitudini musicali”, e oggi ha la spudoratezza di intitolarsi al suo nome. Che brutta razza i professori…

Giovanni Tenorio

Libertino